© 2024 Andrea Granelli
Privacy Policy
| Cookie Policy
Realizzazione siti web
“La sinistra a rimorchio di Piccoli e il segretario a rimorchio del PSI. Perché partecipo alle marce della pace” Perché Luigi Granelli,
Ad un mese di distanza dall’assemblea nazionale, chiamata a ridefinire “il ruolo e l’identità della DC negli anni 80” aumentano i segnali
Granelli si dimette , Area Zac in fermento Roma – C’è tensione nella sinistra DC. Alcuni esponenti dell’area Zaccagnini contestano l’appiattimento della
Riceviamo e pubblichiamo volentieri Nel dibattito sulle degenerazioni della partitocrazia ci si sofferma, di solito, sul problema dell’indebita appropriazione da parte dei
Anche le ultime nostre considerazioni sul “dialogo” – che lo stesso Del Noce ammette essere utile e necessario per abbattere il nuovo
I due interventi qui pubblicati (Augusto del Noce e Luigi Granelli) sono senza dubbio i più significativi e illuminanti tra quelli pronunziati
Intervento al Convegno di Lucca 1 – Valore a limiti del convegno.2 – Gli orizzonti aperti dal Concilio.3 – Il problema dell’unità
Pubblichiamo uno stralcio della lettera inedita inviata il 18 settembre 1959 da Montini, allora arcivescovo di Milano, ad Angelo Dell’Acqua, della Segreteria
“La sinistra a rimorchio di Piccoli e il segretario a rimorchio del PSI. Perché partecipo alle marce della pace”
Perché Luigi Granelli, senatore della sinistra democristiana, ha lasciato la direzione del “Confronto”,entrando in conflitto con i suoi compagni di cordata? “Perché – risponde – non potevo dirigere un giornale sul quale la periferia scriveva alcune cose mentre noi, all’interno del partito, facevamo l’opposto. E allora ho chiesto anche una riunione dei consiglieri nazionali e dei parlamentari dell’area Zaccagnini perché sono disponibile a tutti i chiarimenti,ma non a coprire l’immobilismo della sinistra democristiana”.
Salvi e Brodato hanno parlato del gesto isolato, e quindi improduttivo.
“Non mi sento affatto isolato. Ho dato voce politica a un disagio largamente diffuso tra i consiglieri nazionali e i parlamentari. Ma anche nei convegni periferici la sollecitazione ad operare per un chiarimento era molto diffuso. Il problema non è di essere isolati o no, ma di essere chiari nell’assunzione delle posizioni politiche. Su questo terreno, non temo affatto l’isolamento”.
Su quale base vuole che si faccia il chiarimento?
“Prima di tutto su quello puramente politico. L’appiattimento della sinistra sulla segreteria Piccoli è un errore anche per il partito, che deve avere più iniziativa nei confronti delle forze politiche e dello stesso governo. In secondo luogo, non è possibile andare all’Assemblea nazionale senza che la sinistra precisi una sua posizione sulla strategia politica e sulla sua collocazione nel partito, e non solo su formule organizzative che sarebbero assai riduttive”.
Quali sono stati, a suo avviso, gli errori della sinistra?
“Per esempio, quando si fece l’accordo unitario, il documento del consiglio nazionale parlava di flessibilità del partito sulle giunte locali. Nella scorsa settimana a Gaeta è maturata una intesa tra la DC e gli altri partiti democratici, compresi i comunisti. La segreteria ha intimato le dimissioni ai democristiani, senza che la sinistra né il vice-segretario De Mita abbiano sollevato obiezioni e rivendicato quella maggiore flessibilità che il consiglio nazionale aveva raccomandato”.
Altri esempi?
“L’ultimo documento approvato dal comitato centrale comunista per i congressi regionali conteneva delle posizioni di un certo interesse per aprire un confronto diretto tra DC e PCI, senza chiedere autorizzazioni ad altri partiti, come sta accadendo coi contatti per le riforme istituzionali. Bene: arriva Longo e pretende di sapere prima quello che Piccoli scriverà a Berlinguer. E noi che cosa diciamo? Nell’insieme l’impressione è che la sinistra DC ha accantonato troppo in fretta la strategia di Moro ed ha finito per sostenere la linea del preambolo nel momento in cui è andata in crisi. Quindi, è necessario un chiarimento di fondo nella sinistra del partito. altrimenti, ne trarrò le conseguenze”.
E quali possono essere?
“Preferisco l’isolamento politico all’incoerenza nei miei comportamenti. Ma penso che molti altri si trovino nelle mie condizioni, e dovremo quindi valutare insieme il da farsi”.
Fare che cosa? Una nuova corrente?
“Di correnti ce n’è già troppe. Certo, una battaglia politica, non un’evasione aventiniana”.
Lei ha partecipato alle marce della pace. È anche questo un motivo della polemica interna?
“Su questo, la sinistra è stata possibilista, a parole non è stata contraria. Ma non c’è stata quella mobilitazione che sarebbe stata indispensabile, anche in rapporto ai grandi fermenti che esistono su questo tema tra i cattolici italiani. Anche qui c’è un esempio di quanto faccia difetto l’iniziativa del partito. da mesi, inascoltato, ho sostenuto la necessità di una posizione ferma sulla bomba al neutrone. Le mie richieste non hanno avuto seguito. L’altro ieri, alla Commissione difesa del Senato, è bastato che presentassero un documento in questo senso i socialisti, e i democristiani hanno votato all’unanimità. Qui, c’è l’esempio di una DC che va a rimorchio delle cose anziché determinarle”.
E anche per questo se ne va dall’area Zaccagnini e rompe un legame storico con la sinistra della Base?
“Non compio nessun atto scissionistico. Richiamo la sinistra politica alla sua funzione essenziale nella vita della DC. Se vi sono amici che si sono stancati di combattere le battaglie della sinistra e preferiscono ricercare una collocazione trasformista al centro del partito, non sono io ma loro che abbandonano le posizioni tradizionali”.
Ce l’ha con De Mita?
“Non solo con lui, ma con tutti quelli che continuano a dare sostegno a una gestione interna che, sul piano dell’iniziativa politica, della moralizzazione, della preparazione di un’Assemblea che sia di effettivo cambiamento, è largamente insufficiente”.
Ne ha parlato con Zaccagnini?
“Non solo gli ho parlato di questa situazione di disagio, ma gli ho scritto una lettera che, per quanto mi riguarda, rimane riservata. Dicevo tante altre cose…”.
E lui, che cosa ne pensa?
“Che da tempo aveva lasciato all’area Zaccagnini il compito di autogestirsi e che si sente anziano rispetto alle battaglie che devono fare i giovani. Ritengo però che la sua autorevole presenza in un momento così difficile, sia essenziale”.
Se fosse stato in buone condizioni di salute, Zaccagnini l’avrebbe fatta la marcia della pace?
“Tra tante amarezze di questo periodo, hop avuto il conforto del suo apprezzamento positivo per quanto ho fatto e sto facendo per la pace, che è un valore sostanziale per i cattolici democratici”.
Paese Sera
24 ottobre 1981
intervista di Renato Venditti