Documento n. 4 - Giugno 1995

QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE PIAZZA DEL GESU'

Utilizziamo un titolo famoso di Carlo Emilio Gadda per dare un’idea subito recepibile del groviglio politico, giuridico e persino psicologico in cui, a causa dello squallido colpo di mano dell’on. Buttiglione, è stato cacciato il PPI. La natura straordinaria di questa crisi, resa più profonda dalla fragilità di un partito nato a tavolino sull’onda di un troppo affrettato scioglimento della DC, richiede una più profonda autocritica. Il segretario Bianco, ed il gruppo dirigente che lo sostiene, hanno grandi meriti ma non sono mancati , nella loro azione, pericolosi errori nell’affrontare il contenzioso che ha lacerato il partito.
Lo scontro, provocato da arroganza e abusi statutari, è stato drammatico. Di fronte ad un Segretario che annuncia di dimettersi e non lo fa, come ogni galantuomo avrebbe fatto, e messo in minoranza espelle la maggioranza, si appropria di nome, simbolo e beni del partito, abusa di facoltà che la legge gli assicura, si doveva fatalmente ricorrere anche al Magistrato. Sin dall’inizio, però, si è sottovalutato che i Giudici, in carenza di norme applicative dell’art. 49 della Costituzione, non potevano che affrontare il problema in termini civilistici e, dopo discutibili tentavi di conciliazione, hanno rigettato la palla in sede politica.
A ciò va aggiunto che gli ostacoli di uno Statuto assai lacunoso erano difficilmente superabili. I Giudici Macioce e Gentile, con ordinanze interessanti anche se evasive, hanno dato torto a Bianco nel dispositivo, che è ciò che vale, ma oltre a censurare Buttiglione non sono riuscite a sciogliere il nodo del contenzioso. Il PPI in base al proprio Statuto non può rimuovere il Segretario se non con il Congresso. Tutte le decisioni del Consiglio Nazionale sono pienamente legittime, comprese quelle politiche che, disattese dal Segretario, possono portare persino all’espulsione se fossero stati eletti regolarmente gli organi di garanzia interna.
La lite si è trascinata e non può avere soluzione in sede giudiziaria. Il paradosso perdura, ma non deve trarre in inganno. L’ultimo clamoroso errore per l’unico PPI che esiste storicamente e politicamente, quello di Bianco, sarebbe quello di rassegnarsi ad avere torto, per una lettura emotiva di due ordinanze che risentono di una certa fragilità di impostazione dei ricorsi, e di riconoscere a Buttiglione una ragione che non ha.
Buttiglione è considerato Segretario, solo formalmente, sia perché non è stato revocato dal congresso, sia perché la legge attribuisce ai segretari dei partiti la rappresentanza legale e la disponibilità del simbolo. Niente di più. Tanto è vero che il Magistrato, in più occasioni, ha considerato nulli i suoi atti per l’ inesistenza degli organi che li hanno emanati. Dalla parte di Buttiglione c’è un Segretario senza partito, che continua a compiere abusi e non può nemmeno convocare regolarmente il congresso. Dalla parte di Bianco c’è il partito, con il massimo organo deliberante legittimato, che ha un segretario politico da investire formalmente di elezione congressuale. Un pasticciaccio. Un inestricabile groviglio dal quale si può uscire solo per via politica. E’ fondata la spinta a porre fine ad una umiliante lite in Tribunale e a impostare su basi nuove, prima politiche e poi giudiziarie, la ragionevole chiusura del contenzioso.
Per questo è stata positiva la convocazione di un Congresso straordinario sulla base degli ineccepibili poteri del Consiglio Nazionale. Ed è stato politicamente giusto stabilire formalmente, come lo statuto consente, che i delegati fossero gli stessi che avevano eletto Buttiglione a conferma che anche il congresso era stato esautorato. E’ comprensibile che gli azzeccagarbugli obiettino su un congresso che interrompe, con le trattative, una scandalosa lottizzazione in stato avanzato. Ora, però, il congresso c’è e tocca al congresso decidere.
Nessun accordo può essere fatto prima. Tanto meno la spartizione del nome a me e del simbolo a te, di un giornale a ciascuno, di un saccheggio di beni che non sono di pochi vertici ma appartengono a tutto il partito. Un tale accordo sarebbe scandaloso e – di fatto – consegnerebbe a Buttiglione anche il successo politico di aver determinato la fine del PPI. Non serve radicalizzare le posizioni. Bianco si è trovato in una stato di necessità a Cannes, anche per manovre di partiti non italiani, ma la sua è solo una proposta che il Congresso, senza sconfessare il Segretario, deve rinviare con un mandato circoscritto al Consiglio nazionale per una ragionevole intesa tra le parti.
Una volta che il segretario del PPI, il Consiglio Nazionale, la Direzione, gli organi di garanzia, sono messi, dal congresso, nella pienezza dei loro poteri il negoziato, che tutti vogliono per superare il conflitto e dedicarsi finalmente alla politica, può essere messo su basi nuove e persino corrispondenti alle indicazioni delle ordinanze dei Magistrati. Aggiungere al pasticciaccio il pateracchio prima di mettersi nelle condizioni di poter avere ragione equivarrebbe ad un fallimento non meritato per chi ha resistito al colpo di mano di Buttiglione.
Il Congresso straordinario non deve limitarsi a mettere il PPI nelle condizioni di chiudere, anche con intese riguardanti beni materiali, un insopportabile contenzioso, ma un errore su questo punto toglierebbe significato anche alle decisioni politiche che occorre prendere. A questo proposito indicazioni utili, per la chiarezza dell’analisi e delle proposte, sono contenute in un documento di lavoro messo a punto dal PPI lombardo che riprendiamo quasi integralmente come contributo alla discussione congressuale.

I – Obiettivi del Congresso straordinario.

Il Congresso straordinario, convocato a Roma tra il 29 giugno ed il 1¡ luglio, ha il primario compito di chiudere politicamente e giuridicamente il defatigante contenzioso causato dalla scelta, contrastante con i valori ed i programmi del PPI, per l’alleanza a destra fatta da Buttiglione contro la maggioranza del partito e le vincolanti decisioni dei suoi organi statutari.
L’occasione congressuale va considerata un momento del processo di rinascita, in Italia, di un autentico “popolarismo” di matrice sturziana che vuole essere coerente sia con l’appello di Martinazzoli e la Costituente del luglio I993, sia con la difesa del patrimonio storico del partito, fatta dal segretario Bianco e dal gruppo dirigente rimasto fedele al progetto originario del PPI contro le deviazioni di gruppi estranei e ostili a quelle scelte. Per realizzare questi obiettivi è necessario :

  • ripristinare la legalità interna con la elezione congressuale del Segretario politico, l’integrazione del Consiglio nazionale, la nomina della Commissione nazionale di garanzia e – successivamente – con il rinnovo della Direzione nazionale, come ha suggerito anche la Magistratura. Tornato nella pienezza dei suoi organi statutari il PPI potrà così procedere, su circoscritto mandato del congresso, alle intese che si rendessero necessarie per chiudere definitivamente , senza gravi pregiudizi, il contenzioso aperto per il nome, il simbolo, le testate giornalistiche ed il patrimonio del partito;
  • fissare la data del secondo Congresso del PPI, non oltre la primavera del 1996, per consentire un approfondito dibattito interno, con la partecipazione attiva della periferia, e il rinnovo del gruppo dirigente del partito ai vari livelli. L’ampia mobilitazione di iscritti, militanti, permetterà di sviluppare e di riproporre anche ad un utile confronto con ambienti esterni, il progetto di società e di Stato, il programma e la strategia politica, la concezione “popolare ” del partito.
  • realizzare, prima del congresso, una Assemblea nazionale tematica, preparata da convegni di studio a livello regionale, per una più approfondita analisi dei problemi della società italiana contemporanea e la definizione degli impegni del PPI in campo economico-sociale, istituzionale, ed internazionale, al fine di contribuire, sulla base della propria identità, al programma di legislatura della coalizione di centro-sinistra.

Il PPI ha compiuto, all’atto della sua fondazione, le scelte di fondo del nuovo “popolarismo”, ma solo con un costante sforzo di elaborazione, cui faccia seguito una coerente azione politica, è possibile farsi portatori di un progetto di società democratica ad effettiva partecipazione popolare e capace di affrontare i problemi :

  • a) di un moderno sviluppo industriale, dell’innovazione scientifica e tecnologica, dell’occupazione, di una razionale gestione delle risorse umane e ambientali, del superamento di squilibri sociali e geografici, nell’ unità nazionale;
  • b) di una riforma dello Stato in senso “sussidiario” che rivaluti il ruolo delle autonomie locali, un nuovo regionalismo, il federalismo fiscale, un efficace sistema scolastico, l’allargamento dei diritti di cittadinanza, un articolato pluralismo sociale e informativo;
  • c) di una costruzione politica dell’Europa federale, non solo di un ampio mercato, per concorrere alla costruzione di un nuovo ordine mondiale fondato sulla giustizia, la cooperazione e la pace.

II – La ricostruzione organizzativa del PPI

Le due tappe congressuali, per ripristinare la legalità e riprendere il cammino del rinnovamento, non devono diventare un alibi per rinviare nel tempo l’urgente ricostruzione del PPI, al centro ed alla periferia, per porre rimedio ai guasti provocati da due scissioni e da una gestione inflenzata da pressioni esterne miranti a dissolvere il partito.
Preliminare all’opera di riorganizzazione del partito radicata sul territorio è il ripristino, in periferia, di organi statutari efficienti che favoriscano, con adesioni trasparenti e veritiere, la visibilità del PPI, la legittimità dei suoi organi, e la ripresa della democrazia interna come strumento di formazione della classe dirigente del partito.
Supplenze e spartizione di incarichi sulla base di cooptazioni dall’alto, imposte dalla fase di emergenza, devono lasciare il posto, con il ricorso a procedure e interventi previsti dallo Statuto, ad una legittimazione dal basso fondata sulla piena partecipazione degli aderenti. La struttura operativa, impostata sulla riorganizzazione degli uffici e sul volontariato, va rimessa in movimento con programmi precisi per superare lacune e provvisorietà delle precedenti gestioni.
Questa ricostruzione del PPI al centro ed alla periferia va concepita, sulla base di una nuova forma partito, in un contesto di effettivo regionalismo già indicato, dal 1¡ congresso del PPI, con riferimento ad un parallelo e forte decentramento istituzionale e politico.

III – Il ripristino della legalità statutaria

La crisi del partito ha dimostrato la fragilità del nuovo Statuto che, anche per il ritardo nell’adozione dei Regolamenti applicativi, non ha garantito i diritti degli iscritti, le procedure per la giustizia interna, la tutela del patrimonio, il corretto funzionamento degli organi statutari, la messa al riparo delle regole comuni e dell’orientamento della maggioranza da atti illegittimi di potere. Ne consegue che il Congresso, senza rischiosi rinvii, deve integrare lo Statuto colmando le lacune più evidenti nominando, contestualmente alla delega al Consiglio Nazionale per le revisioni statutarie, una Commissione con il compito di predisporre e coordinare, in tempi rapidi e con scadenze precise, le modifiche necessarie ed i Regolamenti di attuazione. E’ perciò urgente definire :

  • i poteri di revoca e di elezione transitoria del Segretario politico in Consiglio Nazionale, in attesa del Congresso, con riferimento a casi specificatamente definiti;
  • la eliminazione della facoltà di nomina, da parte del Segretario, di Consiglieri Nazionali che altera la composizione del massimo organo del partito decisa dal Congresso;
  • le potestà normative attribuite agli organi regionali in riferimento agli schemi organizzativi applicabili al proprio ambito territoriale, con l’osservanza di disposizioni-quadro, e i compiti di indirizzo politico locale, in ambiti da precisare, che erano stati approvati dal precedente Congresso e non rispettati dal Consiglio Nazionale.

Lo Statuto prefigura, sul piano normativo, la nuova forma partito e richiede una riflessione approfondita in vista di revisioni ed integrazioni introdotte con procedure ineccepibili. Non si possono considerare sperimentali norme statutarie che hanno una funzione ordinatoria e di garanzia e vanno ancorate a procedure certe. L’adozione di Carte regionali, per la concreta valorizzazione delle autonomie, è una scelta di grande importanza da definire entro termini precisi tenendo conto del ruolo nazionale del partito. Anche per questo è utile la nomina in Congresso di una Commissione ad hoc con il compito di proporre con tempestività, in una visione d’insieme, le necessarie modifiche statutarie.

IV – L’apporto del PPI al centro-sinistra

Il Congresso straordinario , nel confermare il suo ruolo di partito di centro, deve rafforzare, in rapporto ai più recenti avvenimenti, la scelta di netta chiusura a destra del PPI e la piena disponibilità a concorrere, nel rispetto dei valori e dei programmi che intende rappresentare, alla realizzazione della coalizione di centro-sinistra per aprire, dopo una lunga emergenza, una fase nuova della democrazia italiana. A questo fine sono necessarie le seguenti decisioni congressuali :

  • la conferma della scelta di Romano Prodi quale “leader” della coalizione di centro-sinistra, rispettosa della diversità della forze che la compongono, e l’ appoggio del partito in quanto tale all’alleanza anche al fine di ottenere le necessarie garanzie sul programma di legislatura e sul quadro politico democratico;
  • Il sostegno ad un adeguato Governo di transizione per far fronte responsabilmente ai problemi del risanamento economico, della lotta alla criminalità organizzata, del corretto funzionamento della vita istituzionale, mentre il Parlamento assolve al dovere di varare prima delle elezioni provvedimenti che garantiscano una effettiva parità di condizioni politiche ;
  • l’impegno a realizzare, con il più ampio consenso possibile :
    • una riforma del sistema radiotelevisivo che tenga conto della sentenza della Corte Costituzionale e dei risultati del referendum e superi, quanto a proprietà delle reti e a raccolta pubblicitaria, l’attuale duopolio;
    • la normativa e gli accordi politici per garantire, con adeguati “quorum”, le scelte degli organi costituzionali e i diritti delle opposizioni;
    • una nuova legge elettorale che favorisca, tramite il doppio turno, una effettiva rappresentatività e la stabilità di governo;
    • efficaci misure a tutela del diritto di essere informati correttamente e della pari opportunità per tutte le forze politiche sui mass – media durante la campagna elettorale.

Elezioni affrettate per calcoli di parte, senza creare le condizioni di un civile e paritario confronto democratico, potrebbero perpetuare, con grave danno per il Paese, una situazione di scontro radicale e di ingovernabilità. L’Italia ha invece bisogno di un Parlamento rappresentativo e autorevole, anche per realizzare riforme costituzionali che non possono essere affidate in contrasto con l’art. 138 della Costituzione e ad una ambigua Assemblea Costituente , di una stabilità di governo ancorata a programmi di legislatura, di una riconciliazione tra società ed istituzioni che ponga fine ai rischi di destabilizzazione. Il congresso del PPI deve deve perciò compiere scelte inequivocabili per contribuire a raggiungere questi obiettivi con il proprio impegno programmatico e politico.

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E’ del tutto evidente, in conclusione, che il pasticciaccio di Piazza del Gesù può essere superato da un congresso capace di aprire nel PPI una nuova fase politica, programmatica, statutaria ed organizzativa. Per effetto di questa svolta il contenzioso ancora aperto può essere chiuso, senza dissipazione dei beni fondamentali del partito, evitando di dare ragione a chi ha torto nel favorire intese praticabili.
Scelte sbagliate potrebbero invece avere effetti disastrosi. Il dopocongresso non sarà comunque più facile. Quanto è accaduto nel PPI solleva, in ogni caso, una questione di carattere generale : la mancata attuazione, si pure parziale, dell’art. 49 della Costituzione in difesa del diritto dei cittadini di associarsi per determinare, con metodo democratico, la politica nazionale. E’ un vuoto preoccupante. Lo dimostrano gli abusi, i guasti, l’impossibilità di superare secondo giustizia i gravi conflitti che hanno lacerato il PPI. Con una legislazione più precisa anche l’intervento del Magistrato, nel caso di violazioni, sarebbe facilitato.
Non si tratta di pubblicizzare i partiti, con una disciplina invasiva della loro necessaria indipendenza, ma almeno di regolamentare il “deposito” dei loro statuti, tenuti a prevedere alcune norme essenziali a tutela dei diritti degli aderenti, per poter prevenire e dirimere conflitti nel rispetto dei diritti dei cittadini. Mortati, dopo il 1945, Sturzo nel 1958, e Galloni nella X¡ legislatura, hanno presentato senza purtroppo avere corso progetti che, opportunamente aggiornati, potrebbero essere ripresi. A questo argomento verrà dedicato il nostro prossimo Documento al fine di promuovere un’adeguata iniziativa.

Il documento è stato redatto da un gruppo coordinato da Luigi Granelli, presidente dell’Associazione Popolari Intransigenti, e può essere riprodotto.