LA BASE: "PROSPETTIVE" E "STATO DEMOCRATICO" (Enciclopedia "Il parlamento Italiano", 1990)

La crisi del centrismo di De Gasperi, dopo il 7 giugno 1953, l'avvento del governo Pella, inquietanti segnali di sbandamento a destra, fanno da sfondo allo svilupparsi, tra i cattolici democratici, di un movimento culturale e politico, denominato La Base, che ha avuto una importanza decisiva nel portare la DC all'apertura a sinistra verso il PSI. La sua nascita ha luogo a Belgirate, nel settembre del 1953, in un convegno organizzato da partigiani cattolici, Giovanni Marcora (comandante Albertino, della formazione “Fratelli di Dio”), Aristide Marchetti (Aris), don Federico Mercalli, Bruno Bossi e da intellettuali cattolici e quadri periferici della DC preoccupati dell'involuzione in corso. La relazione introduttiva del novarese Gian Maria Capuani riprende alcuni argomenti della battaglia di Dossetti (il testo era stato rivisto da Giuseppe Lazzati), e propone di dar vita al quindicinale La Base per mobilitare la periferia della DC sui valori della Resistenza e del popolarismo cattolico.

Dopo il convegno, Marcora, il principale animatore del movimento, sviluppa intensi contatti con i più combattivi esponenti della sinistra democratico-cristiana, da Giovanni Galloni a Luigi Granelli, da Gian Aldo Arnaud a Carlo Donat-Cattin, da Giuseppe Chiarante a Lucio Magri (i due ultimi confluiti, poi, nel PCI), da Italo Uggeri a dirigenti del movimento giovanile della DC come Franco Boiardi e Giovanni di Capua. Il quindicinale politico sociale La Base, diretto da Aristide Marchetti, esce a Milano il 1° novembre 1953. Diventa immediatamente un organo di collegamento periferico tra le forze più aperte operanti nella DC e gli ambienti culturali cattolici più sensibili ad un profondo rinnovamento. L'iniziativa suscita largo interesse all’Università Cattolica, raccoglie il consenso attivo di molti giovani, tra cui Ciriaco De Mita, Riccardo Misasi, Gerardo Bianco e si diffonde in tutto il Paese. Sul terreno politico ed organizzativo si sviluppano ulteriori contatti a Firenze, attorno a La Pira, con Nicola Pistelli (“Politica”, 1955), e a Venezia con Wladimiro Dorigo che, insieme ad altri seguaci di Giovanni Gronchi, contribuiscono allo sviluppo del movimento. Più tardi, per influenza di De Mita, confluiscono Fiorentino Sullo ed altri esponenti del Mezzogiorno.

Per circa dieci mesi La Base sviluppò una coraggiosa battaglia di idee, si oppose ad ogni apertura a destra, sollecitò un deciso rinnovamento della DC, si qualificò su posizioni nettamente riformiste in materia economica, sociale, istituzionale e di politica estera, mentre per quanto riguarda le alleanze non andò oltre una certa volontà di dialogo a sinistra, specie verso i socialisti. Significativa la pubblicazione di una ampia inchiesta sul socialismo italiano. Con i Quaderni di studi politici, supplementi del quindicinale a cura di Galloni, furono approfonditi i problemi più importanti. Voci anticonformiste, da Guido Miglioli a don Primo Mazzolari, trovarono ospitalità ed eco su La Base. Nei primi mesi del 1954 si svolsero importanti contatti con Ezio Vanoni ed Enrico Mattei, protagonisti della Resistenza e molto impegnati a favore di una politica economica riformista e dell'indipendenza energetica del Paese.

Al congresso della DC di Napoli del giugno 1954, La Base, ormai tendenza politica affermata in periferia, entra nella lista della maggioranza, rinunciando ad una battaglia intransigente per la proporzionale, e Galloni, Chiarante, Ripamonti vengono eletti nel Consiglio Nazionale. Un mese dopo La Base incontra, nella nuova situazione, alcune difficoltà e sospende le pubblicazioni. In un Quaderno di studi dedicato a De Gasperi qualche mese più tardi, si ribadisce l'impegno a salvaguardare il “patrimonio resistenziale ed antifascista” dei cattolici e si prendono le distanze, con una certa delusione, dal nuovo corso “non privo di suggestioni integraliste e autoritarie” avviato, nella DC, con la segreteria Fanfani.

Il 5 dicembre 1954, sempre a Milano, superando pressioni politiche e difficoltà economiche, esce una nuova pubblicazione, Prospettive, come supplemento de La Base che, nel frattempo, si è trasformata in società editrice. Direttore è ancora Aristide Marchetti. Tra i redattori, Galloni, Granelli, Chiarante, Di Capua e molti altri che avevano partecipato all'esperienza precedente. Particolare attenzione viene dedicata alle lotte sindacali, al condizionamento dei monopoli, all'intervento pubblico in economia, alle battaglie per i patti agrari. Il Piano Vanoni viene indicato come lo strumento essenziale per avviare a soluzione non solo i problemi economico-sociali, ma anche quelli di una evoluzione a sinistra dei rapporti politici per lo sviluppo democratico del Paese. L'attenzione al PSI si sviluppa ulteriormente, in occasione del congresso socialista di Torino. Si cerca, in particolare, un dialogo con Rodolfo Morandi sia per le sue differenziazioni dai comunisti che per i contenuti fortemente riformisti della sinistra socialista.

La battaglia di Prospettive, arricchita da convegni (specie quello di Mestre sui patti agrari), da una più estesa presenza nel partito, da un apprezzato dialogo con altre forze laiche e di sinistra, dura solo nove mesi e finisce, traumaticamente, con la espulsione dalla DC, senza alcuna istruttoria, del direttore Marchetti. Per altra causa - la partecipazione a un convegno di Partigiani per la pace - sono espulsi anche Chiarante e Boiardi. Divampano le proteste. Pur contestando l'illegittimità del provvedimento, la rivista prende commiato dai lettori, con un numero di denuncia, per evitare “dolorosi solchi” nella DC. Vanoni, con un intervento per lui inconsueto, difende in Consiglio Nazionale Marchetti, che sarà poi riammesso anni dopo ed eletto senatore. La battaglia viene interrotta, non abbandonata, in una fase in cui riprende fiato, nonostante l'elezione di Gronchi al Quirinale, l'involuzione politica.

Dopo poco più di due anni, nell'ottobre del 1957, esce a Milano, per le edizioni La Base, il numero zero di Stato democratico. Riprende per parecchi anni, sino al 1964, una battaglia che contribuisce all'apertura a sinistra verso il PSI ed è accompagnata da critiche verso gestioni di partito e di governo che portavano a preoccupanti arretramenti. La direzione del quindicinale di politica e cultura, affidata nel periodo iniziale a Felice Calcaterra, è in seguito assunta da Luigi Granelli. Si arricchiscono le collaborazioni. Oltre al gruppo storico, che al congresso della DC di Trento del 1956 era entrato nel Consiglio Nazionale con otto rappresentanti, si registrano quelle di Sergio Mariani, Enrico De Mita, Mario Mauri, Lidia Menapace, Vittorio Caruso, Mario Bassani, Maria Antonietta Guerzoni, Adriana Guerini, Pierino Graziani, Adriano Paglietti, Raffaele Crovi, Sandro Fontana ed altri. Una moderna impostazione grafica viene assicurata da Pio Cortesi.

Stato democratico si apre, con vivaci dibattiti, anche a contributi esterni di esponenti di tendenze culturali e politiche laiche e marxiste, agli ex dossettiani Glisenti e Malfatti. Favorisce un utile e a volte polemico confronto tra i cattolici valorizzando, in particolare, le tesi teologiche di mons. Colombo e di altri sulla possibilità, in certe condizioni, della collaborazione con i socialisti. Ripropone, con metodicità, il pensiero di Sturzo e della sinistra del Partito popolare per ribadire il legame ideale della Base con il movimento politico dei cattolici democratici. Granelli, che entra nella direzione nazionale della DC nel luglio del 1957, caratterizza il quindicinale sui temi del dialogo anche ideologico e culturale con la sinistra italiana, del rinnovamento del partito, di una linea riformista in campo economico, istituzionale e di politica estera, ponendo in modo sempre più esplicito il problema dell'apertura al PSI, con la formazione di un governo, per avviare un corso politico nuovo.

La ferma difesa dell'autonomia dei cattolici in politica, nella coerenza con i valori cristiani, e la libertà di scelta dei credenti, contro indebite ingerenze della gerarchia ecclesiastica, provocano dissensi con il vescovo di Milano card. Montini, chiariti poi alla vigilia della sua elezione al pontificato, che influiscono, nel 1958, sul non ingresso di Granelli nel Parlamento. In una lettera aperta a Nenni apparsa su Stato democratico, alla vigilia del congresso del PSI del gennaio 1959, viene ribadita l'esigenza di una intesa di governo di centro-sinistra, con laici e socialisti, per superare il periodo di incertezze e di sbandamenti avviato col governo Tambroni. Gli sviluppi successivi, soprattutto per merito di Moro, porteranno nei primi anni Sessanta alla piena affermazione delle tesi sostenute dal quindicinale della Base.

Il nuovo corso di un forte riformismo, che proponeva la trasformazione in Piano dello schema Vanoni, l'istituzione delle Regioni e l'attuazione della Costituzione, una più dinamica politica estera per superare la contrapposizione tra i blocchi, trova in Stato democratico seri approfondimenti di contenuto anche attraverso supplementi per argomento, trimestrali, e la pubblicazione di una collana di opuscoli, Idee e battaglie, a larga divulgazione. I sintomi di uno svuotamento riformatore del centro-sinistra portano ad abbandonare, nel dicembre del 1962, la formula del quindicinale: Stato democratico si trasforma in rivista bimestrale di studi politici. Per quindici mesi, dall'aprile del 1963 al giugno del 1964, la nuova pubblicazione ripropone gli obiettivi originari della svolta riformatrice verso il PSI, si oppone ai pericoli involutivi incombenti sulla nuova formula, sollecita un confronto di tipo nuovo con il PCI, invitato ad una revisione ideologica e al mutamento delle sue posizioni internazionali, e si impegna in un bilancio critico ed amaro di una lunga battaglia di idee risoltasi, per molti aspetti, in una ripresa di trasformismo politico-parlamentare.

Nel giugno del 1964, con una significativa polemica sulla mancanza di coraggio nel fare luce sullo scandalo del SIFAR, anche l'ultima serie di Stato democratico cessa le pubblicazioni. Preferisce cadere in piedi, senza particolari comunicati, nella convinzione che la lunga battaglia di idee restava nella coscienza di un personale politico che non andava disperso e che, successivamente, diventerà parte considerevole del gruppo dirigente della DC nel partito, nelle istituzioni, nel governo. Più tardi, a partire dal marzo 1972, Granelli, eletto parlamentare nel 1968, dirige in continuità con l'esperienza de La Base un nuovo mensile di politica e di cultura, Il Domani d'Italia, edito dalla cooperativa di giornalisti Donati, che riprende una combattiva testata dalla sinistra del Partito popolare diretta, negli anni Venti, da Francesco Luigi Ferrari.

Si cerca di avvicinare, nella collaborazione, esponenti di generazioni diverse. Si affrontano, in dialogo con Moro, problemi nuovi. Nascono le prime intuizioni per una politica di solidarietà nazionale che includa il PCI, continuano le sollecitazioni ad un più profondo rinnovamento della DC sollecitato dal risveglio che si manifesta tra i cattolici con il Concilio Ecumenico Vaticano II. L'esperienza dura pochi anni ed è resa difficile anche dalle crescenti responsabilità assunte da molti dei suoi protagonisti. Resta, tuttavia, una fase importante, anche se non l'ultima, di un processo di formazione di militanti, di quadri, di gruppi dirigenti, realizzatosi nella DC, in un vivace contrasto di idee e di lotte politiche, a partire dal 1953 con la nascita di un movimento come La Base.

Luigi Granelli