LETTERA APERTA ALL'ON. NENNI (Stato Democratico, anno III, n.22, 5 gennaio 1959)

Se ci rivolgiamo direttamente a lei, on. Nenni, non è per unirci al coro di quanti cercano di influenzare il PSI alla vigilia del suo congresso con consigli interessati e indebiti. Il nostro scopo vuol essere più serio. Siamo esponenti responsabili di un partito che contrasta col socialismo sul terreno dei principi e che, fatta salva la collaborazione col Psdi, lo combatte attualmente sul piano politico e parlamentare, ma apparteniamo a quella schiera di democratici che seguono con attenzione la politica del PSI e le attribuiscono un peso importante per l'avvenire della democrazia italiana. Non da oggi lottiamo per l'allargamento a sinistra delle alleanze di governo e per l'inserimento attivo delle masse popolari e lavoratrici nella vita dello stato. Nel sostenere la nostra battaglia non siamo animati da vaghe e fumose aspirazioni sociali, né siamo eccitati da simpatia acritica per il socialismo (come sostiene chi altera le nostre tesi agli occhi del mondo cattolico per meglio combatterle), ma siamo convinti che i problemi lasciatici in eredità dalla classe liberale e dal fascismo non tollerano immobilismi o ritorni a destra, comunque camuffati, ed esigono invece uno sforzo serio di tutte le parti politiche che operano nel rispetto della democrazia parlamentare e hanno in comune una decisa volontà rinnovatrice. Ciò spiega il nostro interesse per il congresso del PSI. Polemiche clamorose si sono sviluppate a proposito di questo vostro Congresso. I comunisti hanno attaccato con particolare violenza.

Pur includendo tra gli amici fedeli un personaggio stravagante come l'on. Milazzo, col suo seguito di monarchici e di missini, essi non hanno esitato a dipingere il segretario del PSI come il vecchio socialdemocratico di destra che tradisce la classe lavoratrice: a tanto sono giunti per difendere quel " frontismo " che lei ritiene superato e per respingere ogni riserva sulla politica di potenza dell'unione sovietica. E questo è solo l'inizio della battaglia autonomista. All'opposto, certi ambienti conservatori, che da anni sognano governi stabiliti ma senza la forza di intaccare i loro privilegi, hanno soffiato sull'autonomia del PSI nella speranza di nuove scissioni che rafforzassero (ma non troppo) l'esausta socialdemocrazia col proposito di ricreare il vecchio immobilismo conservatore paludato di superficiale riformismo. Ora però che l'affermazione degli " autonomisti " sembra assicurata, i comunisti abbandonano i ricatti in nome dell'unità di classe e gli ambienti conservatori mettono da parte le lusinghe ministeriali.

I problemi, tuttavia, rimangono e la riaffermazione di autonomia del PSI introduce un elemento nuovo nella situazione italiana. Non vi è partito politico che possa ignorare i riflessi dell'equidistanza che i socialisti tendono ad assumere tra governo e comunisti.

A questo punto sorge però una domanda: può il PSI, con la conquista di una piena autonomia, dare una spinta evolutiva all'intera società italiana, per farle superare la stasi provocata in questi anni dalla contrapposizione tra " frontismo " e " centrismo "? La cosa non riguarda solo i socialisti, ma riguarda anche loro. Il PSI sa benissimo, anche perché lo ricorda spesso alla DC, che per portare avanti la linea politica in un regime democratico-parlamentare non bastano le intenzioni e occorrono precise scelte di alleanza.

Di solito i socialisti risolvono questo quesito con la tesi dell'alternativa socialista, ma - ce lo consenta l'on. Nenni - la risposta è astratta storicamente. In Italia un'alternativa di potere alla DC non può prescindere dai comunisti e ciò rende difficili i rapporti del PSI con le forze minori di tradizione laica. Inoltre, su di un piano più generale, la linea dell'alternativa rischia di spingere i cattolici a destra facendo risorgere un " blocco nazionale " di marca clerico-fascista. Giungeremmo al peggio e, col peggio, al " fronte popolare ". Si ricreerebbe così, a breve distanza, quella contrapposizione che il PSI voleva superare con l'accentuazione della propria autonomia.

Lo si voglia o no, nasce a questo punto, anche per i socialisti, il problema, dei rapporti con la DC e con le altre forze democratiche. Può darsi che molti nel PSI recalcitrino di fronte a questo problema, come del resto: capita anche nella DC quando si affronta quello dei rapporti con i socialisti, ma esso rimane comunque un problema centrale e decisivo.

Non basta la polemica con i comunisti per superare il " frontismo " se poi la tesi settaria e dogmatica dell'alternativa condanna il PSI all'isolamento. Le particolari condizioni storiche del nostro paese impongono anche ai socialisti delle scelte precise. Per superare in Italia le tendenze all'immobilismo, alla reazione di destra e all'alternativa " frontista ", occorre favorire l'incontro tra le forze che sono storicamente interessate al superamento di tali tendenze. Quali sono queste forze? La polemica politica mette in risalto ogni giorno che il PRI ed il PSDI non possono sopravvivere nell'immobilismo conservatore, che la DC si sfascerebbe, snaturandosi, nell'avventura di destra, che il PSI verrebbe riassorbito dall'iniziativa comunista con l'alternativa del " fronte popolare ".

Ma come e quando saranno possibili reali convergenze tra queste forze?

Se si vuole risolvere siffatto problema in modo statico, precostituito, l'impresa di dar vita a questo nuovo schieramento di forze appare certo, disperata, ma se la questione viene posta in una prospettiva dinamica, come punto di arrivo auspicabile e ricercato con reciproca buona volontà, allora le cose cambiano. Del resto se non si mette ordine nei rapporti tra queste forze al più presto si rischia di operare una disgregazione senza prospettive nella situazione italiana. L'esempio della Francia dovrebbe pur insegnare qualcosa.

Questo non significa che il PSI debba appoggiare governi che, pur avendo spinto i liberali all'opposizione, perpetuino i difetti del riformismo settoriale già proprio delle passate coalizioni. Né significa che la DC debba rinunciare ai valori di libertà e di civiltà, che sono frutto della sua ispirazione cristiana e di cui è ricca la sua tradizione, per incontrare i socialisti tradendo se stessa, né che i laici di terza forza debbano trasformarsi in valletti al servizio dell'alleanza tra cattolici e socialisti.

Significa che per risolvere i grandi problemi del nostro paese occorre ricercare l'incontro tra queste forze, senza fretta e senza apriorismi, nel pieno rispetto delle regole della democrazia parlamentare, delle reciproche tradizioni e del ruolo particolare che ogni parte politica è chiamata a svolgere.

Apriamolo qui il discorso. Abbandoniamo i dialoghi insidiosi e le crociate ideologiche. Affrontiamo con franchezza i problemi della struttura economica e del pieno impiego, dell'autonomia dello stato e dell'attuazione della costituzione, di una politica estera di distensione, di pace e di sicurezza per tutti. Discutiamo a fondo, con realismo e senza doppiezze, questi che sono i temi delle riforme di struttura per costruire in Italia uno stato effettivamente democratico: se ogni forza avrà il coraggio di qualificarsi in modo aperto su questo terreno, e saprà compiere scelte conseguenti, gli incontri matureranno in modo serio e consapevole anche per la coscienza del paese.

Solo allora i partiti di centro-sinistra saranno in grado di apprezzare il contributo delle masse lavoratrici socialiste, ed anche il PSI non potrà fare a meno di scoprire in modo reale la DC, le sue tradizioni autonome e antifasciste, le forze popolari e democratiche che all'interno del movimento cattolico lottano contro la tentazione "clerico-fascista " non meno di quanto i socialisti lottino contro il "frontismo".

Ma tutto questo non può nascere per incanto.

A Napoli, per il PSI, onorevole Nenni, come a Firenze per la DC, guardano molti italiani che credono nella democrazia e sperano che i partiti in cui militiamo abbandonino lealmente ogni apparente socialità, ogni settarismo dogmatico, e sappiamo promuovere, nel parlamento e nel paese, uno schieramento di forze capaci di sconfiggere l'immobilismo, il ritorno a destra e l'avventura " frontista ".

Occorre non deludere tali speranze e cominciare oggi a preparare il domani.

Luigi Granelli