© 2025 Andrea Granelli
Privacy Policy
| Cookie Policy
Realizzazione siti web
(Il Domani d’Italia, n.1, marzo 1972) Una nuova rivista che esce nella situazione, quale è quella dell’Italia d’oggi, chiede la sua legittimazione
Rintracciare nel pensiero e nell’azione di Luigi Sturzo la concezione che egli ebbe del partito non significa riproporre meccanicamente, in tempi profondamente
Il compito della mia relazione è quello di premettere una impostazione problematica ad un dibattito che abbiamo voluto per mettere a fuoco
Le ragioni che ci hanno portato ad affrontare un tema così arduo risiedono nella natura stessa dei problema in discussione e non
Introduzione La coscienza della importanza della riforma regionale, come occasione di ristrutturazione generale dello Stato, in Italia, deve tradursi per la Democrazia
(n.1, aprile 1963) Non è stata facile la battaglia condotta negli ultimi anni da parte di élites intellettuali e di combattivi gruppi
Il tema che mi è stato affidato costituisce una grossa sfida alle capacità di sintesi che ognuno pensa di avere in maggiore
E’ senza dubbio negativo il fatto che le mozioni presentate al congresso di Firenze da parte delle diverse tendenze abbiano avuto una
I PRECEDENTI DEL CONGRESSO 1) Gli equivoci del Congresso di Venezia. Il Congresso socialista di Napoli ha sanzionato, in modo indiscutibile, la
Il Popolo Lombardo, 23 gennaio 1959 (originale) Con la vittoria dell’onorevole Nenni e lo sviluppo di una polemica contro il “frontismo” del
Una nuova rivista che esce nella situazione, quale è quella dell’Italia d’oggi, chiede la sua legittimazione non certo alla pretesa da parte dell’editore e del gruppo redazionale di possedere formule risolutive, bensì allo sforzo di portare un contributo al dibattito culturale e politico. Perché, da noi, di carta stampata se ne produce molta, spesso troppa, ma si legge poco e male, soprattutto in ordine ai temi di fondo che caratterizzano i rapporti della vita civile. E, se a un italiano sostanzialmente “disinformato”, corrisponde un momento di disaffezione nei confronti delle scelte culturali, della cosa pubblica, del recupero in genere del ruolo attivo del cittadino – oggi che questo avrebbe anche il tempo e le possibilità per essere quel protagonista dello sviluppo che la stessa Costituzione vorrebbe – non si può affermare che la “domanda politica”, pur dove esiste realmente, trovi occasioni di riflessione critica.
E’ vero: sono sostanzialmente mutati tempi e circostanze: oggi la cultura – a seguito anche di un utile recupero di “spontaneità” – rischia di esaurirsi nella prassi, più che non costituire un’opera di mediazione costante, e la politica è presentata spesso come una prospettazione di soluzioni e modelli definitori più che come difficile e quotidiano lavoro di composizione. E l’insofferenza verso certi strumenti di lavoro, culturale e politico può considerarsi, in tale quadro, comprensibile.
Non ci nascondiamo queste e altre difficoltà. D’altra parte ci risulta estremamente difficile credere all’impossibilità che il mondo possa venire cambiato anche da un intervento continuo e puntuale sulla realtà, attraverso l’uso di strumenti, il cui logorio – anche dove è marcato – non può certo revocare in dubbio le ragioni e i fini per cui furono previsti e predisposti.
Ecco perché, quando un gruppo di amici, impegnati più direttamente nella “politica” di quanto non siamo noi, ci hanno chiesto di vivere insieme a loro l’avventura di fare una rivista mensile di politica e di cultura, abbiamo accettato di buon grado l’invito. Si trattava di mettere a disposizione quella strumentazione tecnica e quel bagaglio professionale che permettesse di dare un veicolo alle idee e al dibattito, oltreché, più in generale, di verificare, in un lavoro in parallelo, una tensione morale e civile che non può oggi non essere comune a chi considera attentamente la realtà odierna del paese.
E facendoci “editori” del Domani d’Italia intendiamo inoltre riaffermare, sul piano che più squisitamente attiene al nostro lavoro quotidiano di comunicatori, un impegno deciso per la salvaguardia e la riaffermazione della libertà di stampa. Questa, perché possa effettivamente realizzarsi, non può più essere contenuta semplicemente negli appelli e negli auspici generali. Ha bisogno di occasioni e di strumenti concreti, ha bisogno di esperienze alternative rispetto all’attuale sistema editoriale, inteso a garantire e a proteggere le imprese editoriali e non invece chi ritiene di avere qualcosa da dire e, per questo, vuole mettersi insieme ad altri, per fare del comunicare e dell’informazione un momento di crescita politica oltreché umana.
Da queste premesse e da questo incontro di preoccupazioni, di sensibilità e, soprattutto, di persone, nasce l’avventura di Il Domani d’Italia. Il cui successo – e se ci sarà, sempre relativo, ovviamente, per i margini ristretti che consente la situazione e per la consapevolezza che abbiamo di come vanno certe cose – non varrà tanto ascriverlo all’efficienza degli editori e agli interventi della redazione, ma alla risposta del pubblico.
Noi, per nostro conto, fra il possibile rimorso per essere stati zitti al momento opportuno e il rischio di uscire e di parlare, abbiamo compiuto la nostra scelta.
L’Editore