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By noviia agency5 Marzo 2024In Luigi

Luigi Granelli: IL CONSIGLIO NAZIONALE DI VALLOMBROSA (Politica, 1 agosto 1957)

Il proposito iniziale è spiegare, probabilmente soprattutto agli amici della stessa corrente dei basisti, le motivazioni che li hanno portati ad accettare l’invito del Segretario politico della DC Fanfani a entrare nella Direzione centrale del partito, nella quale non entrarono dopo l’ultimo Congresso nazionale (Trento, 1956). Il primo motivo addotto da Granelli è il mutamento della situazione politica in Italia rispetto al 1956: esaurimento progressivo della formula quadripartita (DC, PSDI, PRI, PLI), e distinzione posta da Fanfani a Vallombrosa tra la questione socialista e la questione comunista. Il secondo motivo portato da Granelli è il “franamento” delle posizioni tradizionali all’interno della DC. Granelli scrive che “non tutti quelli che a Trento erano con l’on. Fanfani sono rimasti con lui a Vallombrosa”. La copia dell’articolo proviene dalla Biblioteca “Butini”

Di fronte al permanere di una situazione politica e governativa incerta e contraddittoria è naturale che sorgano in periferia dubbi e interrogativi circa la nostra decisione di entrare a far parte della Direzione nazionale.
Perché, ci si chiede, si è accettato oggi l’invito che l’on. Fanfani aveva già fatto in precedenza e che era stato rifiutato in base a motivi seri e ritenuti “apprezzabili” persino dallo stesso proponente?

E’ assolutamente necessario rispondere a siffatta domanda anzitutto per svuotare le interessate manovre di quanti mirano a presentare il nostro ingresso nel massimo organo esecutivo del partito come un mero calcolo di difesa sindacale di certi interessi di gruppo, in vista delle elezioni generali, o come un rassegnato assorbimento nella linea politica della maggioranza. E’ bene si sappia che, oltre al dovere di non sottrarci all’apprezzabile tentativo di rafforzare l’unità della DC alla vigilia di una difficile prova, due sono i motivi di fondo che ci hanno suggerito d accogliere, senza riserve mentali e senza illusioni, l’invito rivoltoci dall’on. Fanfani. Il primo scaturisce da certi indubitati mutamenti della situazione politica del paese, il secondo è invece frutto di un largo ed evidente franamento delle posizioni tradizionali all’interno del partito. Per ciò che riguarda il primo motivo i mutamenti non stanno solo nella situazione, il che potrebbe essere anche secondario per la nostra decisione, ma nei giudizi e nella espressa volontà del segretario nazionale.

A Trento la relazione dell’on. Fanfani costituiva una rigida difesa della formula “quadripartita”, mentre i suoi oppositori si erano qualificati politicamente chiedendo elasticità per ragioni note che non vale la pena di tornare a ripetere in questa sede. A Vallombrosa il segretario del partito ha invece autorevolmente ed esplicitamente riconosciuto l’impossibilità di rifare un governo “quadripartito”, mentre l’unico indirizzo politico che gli si contrapponeva era quello impersonato dall’on. Scelba, il quale sosteneva appunto la necessità di un ritorno alla coalizione tra i partiti di centro prima delle elezioni. A Trento l’on. Fanfani aveva affrontato il problema del socialismo italiano ed europeo in termini di “socialcomunismo” (facendo proprio in questo caso anche il giudizio di molti gruppi di destra), mentre a Vallombrosa egli ha distinto il problema del socialismo da quello del comunismo e, senza ridurlo alla mera e schematica questione della opportunistica partecipazione al governo o della comoda accusa di massimalismo oppositorio, ha riconosciuto la possibilità per la DC di porsi di fronte al socialismo con un atteggiamento bivalente, vale a dire di lotta o di alleanza, a seconda delle garanzie di ordine politico.

A Trento la maggioranza aveva difeso il programma del partito limitatamente alle possibilità fornite dalla formula quadripartita, mentre a Vallombrosa l’on. Fanfani ha rivendicato una genuinità programmatica destinata, sia pure lentamente, a far riprendere alla DC la linea degasperiana di “partito di centro che si muove verso sinistra”. (A tale riguardo vale la pena di ricordare per inciso che, in sede di Cn, sia l’on. Fanfani che il presidente Zoli hanno ripetutamente e pubblicamente dato assicurazione alla nostra richiesta di approvazione dei patti agrari prima delle vacanze estive). Per questo motivo nessun dubbio è quindi possibile circa l’oggettivo mutamento della situazione generale e circa l’interpretazione nuova, suscettibile di fecondi sviluppi anche se non garantita ancora da possibili involuzioni, che di essa ha dato il segretario del partito con la sua relazione.

Si potranno avere delle riserve sul modo con il quale questi problemi nuovi sono stati posti, si potrà interpretare questo mutato atteggiamento dell’on. Fanfani come un espediente tattico dettato dalla necessità di comporre una situazione che minacciava di disgregarsi, ma la realtà è che tali problemi sono stati posti e che in politica sarebbe pericoloso ignorare gli atteggiamenti concreti per sostituirli con dei processi alle intenzioni perché, come giustamente osserva Enzo Forcella su La Stampa, quando le “idee nascono camminano poi anche da sole”, e non è la prima volta che ciò avviene anche indipendentemente dalla volontà recondita di chi le esprime.
Del resto, la revoca dei provvedimenti disciplinari – adottati ingiustamente e in violazione dello statuto dalla segreteria provinciale fiorentina contro la minoranza – è un sintomo dell’atteggiamento dell’onorevole Fanfani.
La segreteria fiorentina è stata poi sciolta e sostituita da un commissario direzionale che ha il compito di cancellare il disagio degli iscritti dopo i predetti provvedimenti antistatutari.

Ma il secondo motivo, scrivevamo in principio, è maturato sulla base del franamento delle posizioni tradizionali esistenti entro la DC.
Tale franamento va ricondotto al fatto che non tutti quelli che a Trento  erano con l’on. Fanfani sono rimasti con lui a Vallombrosa. Anzi. Una notevole parte di Iniziativa Democratica (rivelatasi poi con le schede bianche della votazione finale), anche se non ha pubblicamente manifestato il proprio dissenso nel corso del dibattito, non condivideva praticamente le nuove posizioni politiche del segretario nazionale e confluiva, volente o nolente, sulla linea politica “quadripartitista” che nel partito, se non nelle sue reali possibilità parlamentari, rappresentava l’unica alternativa posta.

Si viene perciò a comprendere come fosse profondamente mutato anche il carattere dei rapporti politici interni e come fosse sostanzialmente diverso l’invito rivoltoci in ben altre condizioni esterne ed interne all’indomani del congresso di Trento. Sin qui le ragioni politiche che hanno suggerito di accettare l’ingresso in Direzione, non solo per contribuire a rendere possibile una maggiore unità del partito, ma anche per difendere e tentare di portare innanzi le prospettive politiche che si sono messe in moto.

Non c’è tuttavia da farsi eccessive illusioni. Esiste anche il rovescia della medaglia. La debolezza della presente situazione sta nel fatto che non ci troviamo di fronte ad una nuova linea politica consolidata, ma – puramente e semplicemente – ad una fase politica di movimento che può evolvere verso il meglio come verso il peggio. Molti, nella discussione in Consiglio nazionale, hanno sottolineato questo dato di fatto. Ardigò, dopo aver constatato che il “quadripartito” è morto, non ha esitato ad affermare che esso era però una politica e che noi ci troviamo oggi di fronte ad una situazione nuova ma non ancora ad una politica nuova e che essa, anzi, ha da essere con urgenza ricercata ed elaborata.
Anzi per qualcuno tale ingresso potrebbe anche aver esaurito la sua funzione nella sostituzione trasformistica di una maggioranza vecchia e andata in frantumi con una maggioranza nuova e abilmente formata.

Sarebbe grave se ci si prestasse a coprire una operazione di questo tipo. Oltre a tradire noi stessi, le nostre aspirazioni politiche e le istanze che da anni interpretiamo alla periferia, renderemmo un cattivo servizio al partito e al suo dovere inderogabile di elaborare una costruttiva politica per poter indicare al paese non il falso miraggio delle maggioranze assolute, ma una linea concreta, democratica e progressiva in coerenza con le nostre tradizioni antifasciste e popolari.

Per noi quanto è accaduto a Vallombrosa è solo l’inizio di un capitolo e non la fine. Governo Zoli e Direzione unitaria non possono essere delle realtà da conservare staticamente, ma occasioni e punti di partenza per muoverci verso il meglio. Se ciò non si verificherà non esiteremo a rivedere il nostro atteggiamento. Perciò possiamo in perfetta coscienza garantire agli amici che ci hanno sempre confortato colla loro adesione che non rinunceremo in nessun caso alle nostre tesi politiche, che eviteremo di cadere nell’opportunismo e che offriremo la nostra leale e aperta collaborazione, senza preconcetti di nessuna specie, a quanti sono disposti a fare i conti non tanto con le nostre persone o coi nostri interessi di gruppo, quanto con le nostre idee che rimangono immutate e, anzi, avvalorate dal lento evolversi della situazione.

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