Ci siamo conosciuti nel ’54, io finivo il secondo anno di Università e portavo ancora i calzini corti, Luigi si era trasferito politicamente a Milano, perché a Bergamo l’aria per la sinistra era diventata irrespirabile. Abbiamo legato subito:Gianna e Albertino si sono sposati nel ’56 (e Luigi era testimone per Albertino ), noi nel ’57 (e Albertino era testimone per Luigi).
Incominciarono presto le straordinarie riunioni quindicinali della Base, con le più belle intelligenze del momento. Giovanni Galloni, anche in pieno inverno, arrivava a Milano senza cappotto, ed era sempre un po’ soprappensiero. Al Congresso di Trento(1956) a chi gli diceva: “Ci troviamo alle quattro” rispondeva convinto:”Alle Quattro Nazioni”, il ristorante bettola in cui andavamo a mangiare a Milano. E poi Ciriaco De Mita, sempre intelligente, ma con passaggi logici che forse solo lui comprendeva. Mettere per iscritto un suo discorso – lavoro al quale si è sempre rifiutato – non era un compito agevole; Nicola Pistelli, raffinato fiorentino; Riccardo Misasi, con il più ricco vocabolario di aggettivi: “il centrismo gibbuto contorto deforme”; Capuani , il fondatore della Base;Arnaud, cinico e sarcastico; Gerardo Bianco e gli altri del gruppo di Avellino, che ho in parte ritrovato tre anni fa quando Nicola Mancino mi ha invitato all’inaugurazione di una sezione della Margherita intestata a Luigi. Vittorio Sora, Piero Padula, Wladimiro Dorigo, un po’ “rompiballe” quando pretendeva votazioni interne su discussioni “in progress”, Adriano Paglietti, il mitico PIC (Piervico Cortesi) il nostro vignettista scomparso prematuramente, Vittorio Caruso, anche lui scomparso presto, che aveva coniato: “scherza coi fauni e lascia stare i Dauni” , riferito ad un articolo sulla Daunia (regione della Puglia) di lunghezza eccessiva e che l’autore si rifiutava di tagliare; Beppe Chiarante e Lucio Magri che poi avranno un’altra storia come ben scrive Beppe nel suo “Tra De Gasperi e Togliatti. Memorie degli anni ’50. Carocci Editore”.
A proposito di tagli, anche per un articolo di Lucio si dovettero tagliare alcune righe in tipografia. Era spesso il mio compito. Lui ne fece una tragedia e il simpaticissimo tipografo gli assicurò di aver tagliato una volta due righe alla Divina Commedia e non se ne era accorto nessuno.
E Bruno Bossi, il nostro irreprensibile amministratore, presidente onorario dell’UCAS (Ufficio Complicazioni Affari Semplici). E poi naturalmente Felice Calcaterra e Mario Mauri, che dopo la morte di Luigi sono per me come fratelli affettuosissimi.
Era bello stare insieme e intellettualmente assai stimolante. Io, che studiavo Scienze Politiche all’Università, mi arricchivo di più con loro che preparando certi esami,leggevo libri di cui all’Università non di parlava.
Albertino grandissimo organizzatore aveva però i suoi difetti caratteriali. E io non sono da meno.Ci siamo beccati diverse volte perché io non sopportavo taluni suoi giudizi troppo rigidi, senza sfumature, senza dubbi, e lui non sopportava certe mie correzioni, certe precisazioni forse da saputella che aveva certamente più di cinquanta parole di vocabolario ma che lui liquidava come manifestazioni da “inibita della Cattolica”. Di lui ho però un ricordo dolcissimo. Quando Luigi nel dicembre del ’60 (era appena nato Andrea) fu nominato Presidente dell’INAPLI (Istituto Nazionale per l’Addestramento e il Perfezionamento del Lavoratori dell’Industria) , Albertino lo accompagnò a Roma e mentre Luigi presiedeva il suo primo Consiglio di Amministrazione – composto da alti funzionari di diversi ministeri e da rappresentanti delle Confederazioni degli Imprenditori e delle Associazioni dei Lavoratori – Albertino rimase in strada in macchina ad aspettarlo, agitato come certo non era Luigi, mai presuntuoso ma sempre sicuro di sé.
Ci fu la splendida campagna elettorale del ’58 e il contrasto con l’Arcivescovo Montini e poi la vittoria del ’68 e l’inizio per tutti e due della vita romana. Albertino aveva preso in affitto una bella casa in Piazza Navona e invitò Luigi a stare con lui. La camera da letto era una sola e Albertino aveva ovviamente vicino al letto il telefono da cui riceveva ogni mattina da Bedonia notizie sulle mucche. A volte Albertino voleva cenare in casa e siccome Luigi era un patito della pastina in brodo Albertino sosteneva che il brodo doveva essere di carne (non di dado come usava a casa nostra). Per fare il brodo allora Albertino faceva bollire una bistecca di roast beef…. Lascio a voi immaginare il brodo che ne veniva fuori.
Naturalmente il gruppo si arricchì soprattutto a Milano e in Lombardia. Finirò ovviamente per dimenticare qualcuno, ma non posso fare a meno di ricordare Aristide Marchetti, che nonostante l’avventura dell’espulsione dovuta ad un articolo critico nei confronti della polizia, pubblicato su Prospettive di cui era direttore responsabile, rimase sempre nel gruppo sereno e sorridente e la sua dirittura politica e morale fu premiata anni dopo con un seggio al Senato. E certamente Virginio Rognoni, il primo col “phisique du role” istituzionale, quando divenne vicepresidente della Camera. Condivise per diversi anni l’appartamento con Luigi a Roma e anche con lui e Giancarla è rimasto un bellissimo rapporto di amicizia.
E poi Golfari e Guzzetti, amici e avversari in un sottile gioco delle parti, Bassetti non proprio basista perché sempre e soprattutto bassettiano ma indubbiamente vicino a noi, Ripamonti, Venegoni e Vittorio Rivolta, solidi equilibrati e sempre responsabili, Camillo Ferrari sempre presente e sempre candidato.
E poi le donne, dalla Maria Luisa Cassanmagnago che pianse quando - ad una Messa per i deputati lombardi a San Carlo al Corso a Roma - Papa Paolo VI abbracciò Luigi, alla Patrizia Toia alla Maria Pia Garavaglia, tutte di grande spessore e vivace carriera.
Nel ’61 Luigi fu invitato negli Stati Uniti dal Dipartimento di Stato USA per un viaggio di studio di due mesi. Rimanemmo via solo quaranta giorni ( tra l’altro lasciavamo in Italia Andrea di sei mesi ). In quel periodo la Base perse il congresso provinciale di Milano, e Albertino accusò Luigi di aver preferito il viaggio al lavoro di preparazione congressuale. Ma chi nel ’61 avrebbe rinunciati ad una tale occasione formativa? Ancora anni dopo Gianna mi diceva quanto ci aveva invidiato quel viaggio che per Luigi fu forse uno degli elementi che sviluppò in lui l’interesse per la politica estera.
Un’esperienza fallimentare fu invece la vacanza studio in Inghilterra nell’agosto del 1967 programmata da noi .Albertino e Gianna si vollero unire e con grande comprensione per le nostre scarse finanze accettarono di condividere il modestissimo albergo che io avevo prenotato su consiglio di amici dell’università che andavano a Londra a studiare. Ma, fatto questo sacrificio, Albertino voleva decidere su tutto il resto, comprese le stucchevoli cene sempre nello stesso ristorante italiano. I due principianti, Albertino e Luigi, erano proprio refrattari all’apprendimento dell’inglese col metodo moderno della ripetizione del suono anche se non capisci il significato. Soprattutto Luigi non accettava questa violenza alla sua intelligenza e mi costringeva a ripetergli la lezione e ad assistere ai suoi compiti. Io, che ero stata ammessa ad un corso forse superiore alle mie capacità, non avevo tempo sufficiente per studiare e fare figure a scuola il giorno dopo era cosa che il mio orgoglio non sopportava. Perciò ero abbastanza nervosa e reattiva. All’ennesimo scontro con Albertino dissi: “Perché non torniamo a casa?”. Due giorni dopo eravamo sul traghetto per rientrare in Italia.
Per dieci dodici anni - grosso modo dal ’56 al ’68 pur vivendo in città diverse eravamo una vera comunità intellettuale. Ricordo che Luigi diceva che potevano passare mesi senza incontrarsi - lui Galloni e De Mita - ma quando si incontravano avevano lo stesso giudizio, le stesse valutazioni sulla situazione politica: la politica di programmazione economica - il piano Vanoni - i programmi, le riforme e le alleanze. Le alleanze idonee a sostenere e portare avanti le riforme stesse: questo era il motivo principale di critica al centrismo, l’incapacità di innovare e quindi la necessità dell’apertura a sinistra (ai socialisti, si badi bene) per avviare le riforme e allargare la base democratica dello Stato. Fu quello, a mio avviso, il periodo creativo della Base.
In seguito le diversità di carattere, le ambizioni politiche, il desiderio di successo, emersero con prepotenza e il gruppo non fu più così omogeneo.
Milano, ottobre 2007