I due interventi qui pubblicati (Augusto del Noce e Luigi Granelli) sono senza dubbio i più significativi e illuminanti tra quelli pronunziati rispettivamente, a Lucca, da uomini della “cultura cattolica” e da dirigenti del partito democristiano; tanto che, sulla base di questi due discorsi, è appunto possibile individuare, del Convegno di Lucca, quel più profondo ed effettivo valore di cui sopra si è fatto cenno, e che consiste - come ora diremo - di almeno quattro aspetti principali.
In primo luogo, il valore del Convegno sta nell'aver rivelato il patimento, o se si vuole la denuncia oggettiva - ma, dunque, sostanzialmente inconsapevole - della crisi, ormai aperta e innegabile, della Democrazia cristiana in quanto partito cattolico. Ma per l'imponenza stessa e la determinante portata di tale partito, il valore del Convegno di Lucca sta - in secondo luogo - nell'aver necessariamente rispecchiato (almeno in alcuni degli interventi) la decisività, sul piano teorico e sul corrispondente e sotteso piano storico, dei problemi da cui dipende e che solleva la crisi suddetta; sicché, per la prima volta da quando è sorta la Democrazia cristiana, sono risuonati, al Convegno stesso, accenti di effettiva novità.
In terzo luogo, proprio per quel carattere oggettivo, sostanzialmente inconsapevole, del patimento e della denuncia della crisi, il significato del Convegno sta però anche nel manifestarsi di una insufficienza, sia sul piano della diagnosi critica che delle prospettive di soluzione e di sbocco. E tale insufficienza appare non solo dalla povertà delle relazioni, accademica l’una e intellettualistica l'altra (il che poteva anche essere un fatto ovvio, giacché è scontato che un discorso introduttivo - il quale pretenda di essere una soma di “sintesi” di tutte le posizioni date - possa scadere nel vacuo e nel generico), ma si è rivelata persino negli interventi - non esclusi quelli che pur ci sono parsi i migliori e che appunto qui pubblichiamo - dove invece chi parla ha evidentemente maggiore possibilità di approfondire e libertà di specificare, di intuire e di precorrere, anche se nell'ambito di un discorso ben più conciso e, per così esprimerci, unidimensionale.
Dato infine tutto questo, il significato del Convegno democristiano di Lucca risiede, in quarto luogo, nella conferma della permanenza di uno hiatus tra “filosofi” e “politici”» (fra cultura e partito), o, come sarebbe forse più esatto dire, nel ribadimento di una debolezza e di un limite, gravi e insuperati, soprattutto nei primi, che li porta infatti all'esclusivismo e alla retorica, e che induce poi inevitabilmente i secondi alla genericità e all'empirismo. In realtà, a questo Convegno di Lucca, si è assistito, in ogni caso, alla confusione del linguaggio politico con quelli filosofico, religioso e morale, e dunque, troppo spesso, a una vera e propria “torre di Babele”; di maniera che, in conclusione, tutto ciò è venuto precisamente a sottolineare di nuovo la situazione di crisi del partito cattolico in guanto tale, e l'ha configurata come qualcosa che, allo stato degli atti, è irrimediabile e, ad un tempo, meramente involutivo.
Rispondendo partitamente, in sede critica, ad ambedue gli interventi, avremo ora modo di documentare e di giustificare questi nostri giudizi di massima intorno al significato del Convegno.
"Ragioni e portata della crisi del partito cattolico"
La Rivista Trimestrale diretta da Franco Rodano e Claudio Napoleoni
n.21, primavera 1967