Caro Mino,

mi dispiace di non essere con voi per ragioni di salute. Consideratemi presente come un militante che esprime la sua opinione. Il PPI ha subito una sconfitta storica, non un incidente di percorso. Può essere l'inizio della fine o l'occasione di una ripresa. Bisogna dare subito un forte segnale di cambiamento per ricostruire, in un congresso libero, una nuova strategia e scegliere, sulla base di essa, un nuovo e credibile gruppo dirigente. Non servono capri espiatori perché l'attuale gruppo dirigente ha condiviso e non ha ostacolato gli errori di Marini. Né servono rinvii a favore di manovre suicide, candidati imposti da chi ammette la sconfitta, precarie soluzioni ponte per preparare un congresso prefabbricato. Occorre una inversione di tendenza. Con i cedimenti nella Bicamerale, l'irresponsabile crisi del Governo Prodi, il centrosinistra di D'Alema diverso da quello del 1996, la rivendicazione di parte del Quirinale, la rottura con Prodi per le europee, ci siamo allontanati dalle ambizioni dell'Assemblea Costituente del PPI, ne abbiamo ridotto il ruolo in una pratica di subordinazione ai DS. Per riprendere il camino, in modo credibile, non é da escludere a priori una uscita dal Governo, non dalla maggioranza, in assenza di una seria verifica che includa il modo di dirigere l'esecutivo del Presidente del Consiglio. Il PPI deve riprendere maggiore autonomia, pensare al suo futuro, senza diluirsi in equivoche federazioni, per affrontare le politiche con un disegno di coalizione, fortemente riformatore, analogo a quello del 1996. Su questa piattaforma va scelto il miglio gruppo dirigente possibile. Nessuno va discriminato a cominciare da chi a creduto sin dall'inizio al PPI delle origini. E' augurabile che Mino Martinazzoli, uscendo dal disimpegno, assuma un ruolo adeguato. A condizione che non si tratti di una nobile copertura in attesa che ristrette oligarchie preparino logori organigrammi in cui pesino le biografie delle persone invece del futuro di un PPI che ridia ruolo e capacità decisionale alle  grandi risorse inutilizzate della periferia.

Luigi Granelli
Milano, 3 luglio 1999