L' ESAME in terza lettura al Senato della nuova legge sulla droga non ha consentito alcuna novità. La Camera, deludendo le attese, ha introdotto alcune modifiche ma esse sono state marginali o hanno addirittura aggravato, per certi aspetti, l' impianto sanzionatorio, amministrativo e penale, che resta il punto debole della legge. Per questo, insieme ad altri nove colleghi senatori della Dc, non ho potuto che confermare il dissenso sostanziale già espresso in prima lettura. La scelta di considerare illecito il consumo di droga era ed è condivisa, a differenza dagli anti-proibizionisti, ma la sanzione doveva per noi essere quella dell' obbligo a sottoporsi, nel rispetto dei diritti della persona, ad un programma personalizzato di cura, di recupero e di reinserimento. Si disse, pur accettando l' emendamento come via subordinata all' intervento repressivo, che il rischio era di tornare alle esperienze fallimentari, inaccettabili, della cura coatta. Molta stampa, ad eccezione di Repubblica, accreditò questa falsa informazione. Ora, invece, molti giornali esaltano il fatto che la variante terapeutica possa essere imposta, quasi sotto forma di cura coatta, a chi vuole evitare il ritiro del passaporto, restrizioni di libertà o il carcere. Il tossicodipendente è ora, in primo luogo, il soggetto di un intervento repressivo prima amministrativo, con misure di scarsa efficacia, e poi automaticamente penale con effetti, quanto al recupero, notoriamente devastanti.
Il drogato, vittima di spacciatori criminali che si trova solo di fronte ad una società prevalentemente egoista, chiusa, con pochi mezzi ispirati alla solidarietà sociale, è così spinto ancora di più o a proseguire sulla strada del proprio annientamento o a sfruttare, opportunisticamente, la scappatoia per evitare momentaneamente le misure repressive. In entrambe le ipotesi l' effetto sembra negativo. Assai difficile si profila, in questo contesto, l' azione di recupero e di cura che richiede, come sostengono quasi tutti gli operatori impegnati in prima linea, un rapporto terapeutico che la legge può favorire, per effetto della dichiarazione di illiceità, con controlli severi ed interventi che non distruggano, in partenza, quei fattori di speranza, di fiducia, che sono essenziali ad esiti sempre esposti al rischio dell' insuccesso. In queste condizioni non potevamo che confermare, a Palazzo Madama, il voto contrario a questa parte della legge sulla droga, fermo restando, ovviamente, l' apprezzamento positivo per molte novità introdotte su altri versanti a cominciare dalla lotta al narcotraffico. Ma la contrarietà è stata motivata anche dal fatto che sui punti più cruciali (gli articoli 14, 15 e 16), non sulla norma riguardante la illiceità che è la scelta qualificante della legge, non si è mai voluto rimettersi al Parlamento, ad una libera e costruttiva discussione, a causa del vincolo di maggioranza usato dal Psi come diritto di veto, a differenza di quanto accadde per il divorzio e l' aborto, per imporre l' intangibilità dell' annuncio fatto da Craxi, sotto la influenza di una lettura non troppo meditata dell' esperienza americana, dopo una sua visita negli Stati Uniti. IN terza lettura era del tutto inutile, nel permanere di una chiusura pregiudiziale di maggioranza, la ripresentazione di emendamenti.
Non si è riusciti a far comprendere che una più ragionevole flessibilità non avrebbe tolto, al Psi, il merito di un contributo determinante al varo di una nuova legislazione. Senza il diktat socialista, tra l' altro, si poteva risparmiare più di un anno, sarebbero stati evitati emendamenti superflui (spesso introdotti per allentare la tensione parlamentare), ed avremmo avuto una legge presumibilmente più efficace, meglio applicabile, sorretta da un più ampio consenso, da una necessaria responsabilizzazione della società, e da una minore ostilità anche da parte di molti che vivono drammaticamente nel mondo della tossicodipendenza. Il problema è ora quello dell' applicazine di una legge che incontrerà, per ragioni obiettive, rilevanti difficoltà. E' sconcertante che molti parlamentari che l' hanno approvata affermino, forse a scarico della propria coscienza, che i guasti prevedibili saranno minori perché la nuova normativa risulterà largamente inapplicabile. Vi è qui la penosa conferma che, per molti, la legge serve più a illudersi di rimuovere il problema della droga che turba la propria tranquillità, a scaricare sullo Stato (che qualcuno, con un ritorno di fiamma della filosofia gentiliana, comincia a definire etico) anche compiti impropri, che non a fronteggiare un fenomeno drammatico e complesso con controlli, efficace prevenzione, servizi pubblici adeguati, nel clima di una solidarietà umana e sociale che è essenziale per raggiungere obiettivi così ambiziosi.
Per questo, nel confermare il loro voto contrario, i dieci senatori della Dc hanno ribadito l' impegno a continuare nella loro azione. Non vanno sottovalutate né le preoccupazioni di don Ciotti, che merita piena solidarietà rispetto a grossolani tentativi di linciaggio, né le difficoltà di molte comunità che cesserebbero di essere credibili se diventassero lo strumento per far scattare norme punitive, né, infine, gli inviti alla vigilanza del gruppo educare, non punire che raccoglie molti cattolici impegnati in una seria lotta contro la droga. E' assurdo che autorevoli parlamentari socialisti, come il sen. Casoli e l' on. Artioli, relatori del provvedimento, minaccino addirittura di revocare aiuti pubblici a quanti non intendano allinearsi ad una interpretazione riduttiva, discutibile, della stessa legge. Sarà, al contrario, utile meditare sulle osservazioni di don Ciotti, su preoccupazioni diffuse tra i terapeuti, al momento di stipulare convenzioni con le comunità d' accoglimento che vanno rispettate nella loro indispensabile funzione.
E' EVIDENTE il dovere di una seria vigilanza anche nell' applicazione della nuova legge. Noi lo faremo, senza pregiudizi. A sei mesi dall' entrata in vigore compiremo, con esperti ed operatori delle comunità terapeutiche, un primo bilancio delle difficoltà incontrate, in sede di applicazione, per trarre dall' esperienza motivi utili a proporre modifiche obiettive che consentano un riesame in Parlamento. Non sappiamo se in risposta alla nostra iniziativa, ma è certamente preoccupante che l'Avanti abbia annunciato un convegno-seminario, con la partecipazione di Vincenzo Muccioli e don Gelmini, contro il sabotaggio della legge anti-droga.
Nel commentare l' iniziativa si giunge ad affermare che bisogna bloccare il tentativo pretestuoso, operato dagli oppositori della legge, di sabotarla nell' applicazione, anche attraverso l' obiezione di coscienza. Si pensa già di attribuire ad immaginari sabotatori le difficoltà di applicazione che sono, a detta di molti, prevedibili? Il calcolo non mancherebbe di meschinità. La lotta, seria e civile, contro il fenomeno della droga richiede, con l' assunzione di trasparente responsabilità dei pubblici poteri, una vigilanza obiettiva, l' assenza di pregiudizi, l' apertura a costruttive riflessioni anche autocritiche.
E' noto che in tempi lontani si pensava che la guerra si
fosse perduta a causa dei sabotatori. Non è il caso di ricadere in quei
vaneggiamenti. Ma sono proprio queste scomposte reazioni che ci convincono
ancora di più a continuare in ogni campo, compreso quello politico e
legislativo, una seria battaglia contro la droga e a sostegno di quanti, se
aiutati adeguatamente, vogliono uscire dal tragico tunnel del loro
annientamento.
la Repubblica, 19 giugno 1990