COSTERA' PIU' CARA L' ENERGIA PULITA

La Repubblica, 09 luglio 1988

ROMA.  L' Italia pagherà molto caro il suo ritardo sul fronte dell' energia. Dovrà camminare su un sentiero stretto, tentare di realizzare entro il 2000 almeno una parte di ciò che i nostri partner hanno fatto a partire dal ' 73: ma senza poter contare sul nucleare, azzerato dopo il referendum. Nei prossimi anni, ridurre la vulnerabilità dei nostri approvvigionamenti all' estero e iniziare a difendere un ambiente deteriorato costerà tra gli 80 e i 100 mila miliardi di investimenti. A pagare saranno però anche i singoli cittadini: almeno per una fase, la bolletta della luce sarà più salata e probabilmente a tariffa multioraria, e saranno annullati, a colpi di superbollo e Iva maggiorata, i vantaggi fiscali che hanno giustificato il boom del diesel. E' il prezzo doloroso da pagare - spiegano gli esperti dell' Industria - per costruire il primo argine sulla strada del risparmio di energia. Sono queste le prime certezze che emergono dal Pen, il nuovo Piano energetico nazionale che dopo un faticoso lavoro di limatura Adolfo Battaglia ha consegnato ieri a Ciriaco De Mita. Nei prossimi giorni, assicura il ministro dell' Industria, il voluminoso dossier, fitto di grafici e tabelle, sarà al centro della discussione nel Consiglio di gabinetto, ed entro la fine del mese - esauriti i confronti con il Tesoro sulle sue compatibilità finanziarie - verrà adottato ufficialmente dal Consiglio dei ministri. E' un itinerario dai tempi brevi, fondato sulla sensazione che le divergenti perplessità di democristiani e socialisti non si trasformeranno in veri e propri ostacoli: Mi sembra ci sia stata un' accoglienza positiva, ha detto Battaglia minimizzando la portata delle obiezioni di Martelli. Dov' è che non ci sono luci e ombre?. E ancora: Manca un disegno di politica industriale? Mah, forse questa è una lettura un po' affrettata. Nel documento c' è, anzi, una spinta in varie direzioni al sistema produttivo. Silenzio, invece, dopo la polemica all' Unione petrolifera, sugli attacchi di parte dc. Ieri, l' ex ministro Luigi Granelli ha riproposto le sue obiezioni alla rinuncia al presidio nucleare, affermando di averle espresse con continuità e coerenza. Anche Beppe Facchetti, responsabile economico del Pli, chiede un' approfondita discussione nel governo e nel Parlamento, affermando che il Pen si muove nei limiti angusti, quasi impossibili imposti dalle miopi scelte di rinuncia al nucleare. Positivo, ma con riserva, il giudizio comunista. Per Giulio Quercini, le novità successive al referendum sono di grande portata, ma il nuovo Pen pecca di fragilità sotto il profilo del governo della politica energetica, e sovrastima la necessità di nuove centrali. Tutti, critici e estimatori, sottolineano comunque i propositi ambiziosi del nuovo Pen. La filosofia della bozza è riassunta in due considerazioni: la debolezza strutturale dell' Italia in campo energetico la espone a gravi rischi economici, e la situazione ambientale è di grave rischio. In questo quadro, lasciar progredire le tendenze spontanee sarebbe pericolosissimo. Di qui, l' individuazione di 5 obiettivi, strettamente correlati: il risparmio di energia, la protezione dell' ambiente, la competitività del sistema produttivo (con riflessi specifici di politica industriale e tecnologica), lo sviluppo delle fonti nazionali e la diversificazione delle fonti, con particolare riferimento al ruolo del carbone. Centrare gli obiettivi - ha spiegato Battaglia - non sarà facilissimo, e servirà a ridurre solo in parte il distacco dai nostri partner: ma se l' operazione avrà successo, nel 2000 la dipendenza energetica dall' estero sarà passata dall' attuale 81,5 per cento al 76,5, con una contrazione dell' import di idrocarburi dal 69 al 59,5 per cento e del solo petrolio dal 56 al 40,5. Sul fronte della difesa dell' ambiente, nuovi standard produttivi, interventi tecnologici e controlli a tappeto dovrebbero abbattere del 75 per cento l' emissione nell' atmosfera di anidride solforosa, responsabile delle piogge acide, del 39,5 quella degli ossidi di azoto e di un terzo quella di ossido di carbonio, azzerando la liberazione di piombo. Niente da fare invece per l' anidride carbonica, prima causa dell' effetto serra: è un problema, afferma il Pen, di dimensioni mondiali. Infine il risparmio: l' obiettivo minimo è di 10 megatep (10 milioni di tonnellate equivalenti petrolio), indispensabile per tenere a quota 180 megatep un fabbisogno complessivo in crescita, inseguito con affanno - sul versante della produzione elettrica - dall' Enel. Ma è possibile ottenerne uno ulteriore tra i 7 e i 10 megatep, giocando tra l' altro su standard di consumo, su incentivi alle imprese e sulla politica fiscale e tariffaria: L' elettricità più pulita - ha avvertito Battaglia - costa un po' di più.
STEFANO MARRONI