Lettera aperta di Luigi Granelli a Ermanno Corrieri
Caro Gorrieri
Non so perché Rosy Bindi non ha risposto alla tua lettera aperta su “Repubblica”, ma mi inserisco in questo dialogo dal momento che con la tua proposta politica ti rivolgi anche ai “vecchi amici di tante battaglie”. Riconosco, con te, che non bisogna “rassegnarsi al definitivo declini della presenza di ispirazione cristiana nella politica italiana”, ma non mi convince la scelta che hai compiuto e ci proponi. Non ho preoccupazioni moderate e considero anch’io pernicioso ogni rinvio in una situazione drammatica che da tempo richiede a tutti chiarimenti di fondo.
Il puro e semplice cambiamento del nome del partito non è sufficiente. L’intento di continuare in “quella posizione di centro che ha portato alla disfatta del 21 novembre” è politicamente fuorviante. Si è perso molto tempo, dopo l’Assemblea Costituente, in discussioni futili invece di dimostrare, nei fatti, qual era il nuovo soggetto politico di cui si parla da tempo con troppa ambiguità e indeterminatezza. Già il dibattito di luglio si concluse con evidenti equivoci, con il tuo voto contrario, e con molti sì (troppi) che esprimevano fiducia a Martinazzoli insieme ad un vasto consenso strumentale.
Può darsi che ora, come tu dici, sia tardi. La “Convention” del 18 gennaio, alla quale spero tu possa intervenire, rischia, anche per i tempi ristretti a disposizione, di non poter essere un congresso vero e proprio che ponga fine, con autorevolezza e legittimità alle controversie interne sulla base di un forte programma riformista, di una strategia di confronto e di possibili intese politiche a sinistra, e dell’investitura di un qualificato e credibile gruppo dirigente. Se c’è volontà politica si può ancora trovare una seria via d’uscita con un congresso straordinario che si può fare in poche settimane per legittimare il progetto completato dall’Assemblea Costituente.
Non vedo però quali prospettive possono essere aperte con la tua proposta di un chiarimento finalizzato alla divisione della DC. La tendenza scambiare la scelta di alleati come prova dell’identità del partito può portare ad una drammatica ed imponente spaccatura della DC tra un gruppo addirittura in connubio con Bossi o Berlusconi, e persino con la destra neo fascista, con una involuzione lontana anche da un modello di partito conservatore all’europea, ed un altro gruppo espressivo di una onesta e moderata tradizione di cattolicesimo sociale ma alla ricerca di un centro perduto ed inesistente. E poi la rottura sarebbe, inizialmente, in due tronconi, ma si trasformerebbe poi fatalmente in molte schegge destinate a non avere, come nel Risorgimento, alcuna reale influenza politica. Non si vede come per questa via si possa condurre ad una più efficace presenza “d’ispirazione cristiana nella politica italiana”.
È astratta l’idea che la divisione della DC, con una opposizione al centro e l’altra a sinistra, possa favorire “il rientro dei voti fuggiti e dispersi” e rendere “più consistente, visibile ed influente il peso dell’ispirazione cristiana nell’uno e nell’altro schieramento”. Chi corre a destra per costruire un blocco conservatore, con dentro Lega-Nord, Berlusconi e MSI, compie una scelta reazionaria, rinnega i nostri valori, fa riapparire sulla scena il fantasma clerico-fascista in contrasto con la stessa Chiesa del concilio che va in tutt’altre direzioni. Ma la nebbia non è meno fitta a sinistra.
La stessa Rosy Bindi, nonostante la sua buona volontà, lascia la frontiera della sinistra quando propone di riaccorpare i cristiano-sociali al centro, con Segni e Amato (che non pare disponibile), in una polemica col PDS che ha toni da 1948. Puoi ancora, caro Gorrieri, sostenere che Segni, dopo opportunistico giri di valzer a sinistra e ritorni trasformisti al centro, può rappresentare il nuovo con un blocco di moderati ex democratici cristiani, no facilmente individuabili, e di laici non meglio definiti. Quali laici: Amato, Zanone o Berlusconi? La Malfa, Ferri, ed altri epigoni di un centrismo chiuso a sinistra? Con l’Avvocato Agnelli o con i disoccupati in lotta per avere un posto di lavoro e arrestare la deindustrializzazione?
A sinistra si collocano senza dubbio i tuoi cristiano-sociali. Ma anche qui, con quale rilievo? Condivido le preoccupazioni di contenuto economico e sociale, oltre che di sostanza democratica, che animano la tua proposta. Ma non mi convince l’ipotesi politica che la sorregge. I cattolici democratici, se sono consapevoli dei loro valori e capaci di proporre un programma riformista, devono potersi confrontare con la sinistra, ricercando collaborazioni utili al Paese, da posizioni di dignità, di autonomia, di forte consenso popolare, che solo un partito democratico e autonomo può garantire. È già dimostrato che le scorciatoie non pagano.
La sinistra indipendente dei Melloni, prima, e dei Pretesi e La Valle, poi, non ha influito molto, nonostante le sue buone intenzioni e l’alta qualità dei protagonisti, sulle politiche del PCI né al tempo del Togliatti del discorso di Bergamo con la significativa apertura ai cattolici, né in quello del Berlinguer dell’austerità e del confronto su basi nuove con la stessa DC . è difficile che i cristiano-sociali, abbiano oggi un successo maggiore quando Occhetto, preso dall’urgenza di arruolare chiunque sia disponibile in un fronte elettorale più alternativo che progressista, rischia di dissolvere lo stesso solidarismo popolare del PDS in uno schieramento eterogeneo condizionato da forze laiciste, elitarie, non certo aperte a proposte animate da una coerente ispirazione cristiana.
Non difendo, contro la tua proposta di divisione, un continuiamo senza qualità.
Condivido l’opinione che la DC, per sopravvivere a se stessa come forza democratica e riformatrice anche in una coerente ripresa del “popolarismo” sturziano, deve fare un taglio netto, visibile, con uomini e comportamenti che, specie negli ultimi quindici anni, hanno deturpato un patrimonio ideale e politico che ha validamente concorso alla storia ed allo sviluppo della democrazia italiana nel dopoguerra. Un partito di cattolici democratici radicalmente rinnovato, caratterizzato da un programma nettamente riformista, con una classe dirigente nuova e fortemente qualificata, non può che pagare in questo momento il prezzo di un consenso più limitato, ma esso resta in ogni caso lo strumento essenziale per garantire una presenza dell’ispirazione cristiana nella politica italiana.
Un partito popolare erede della migliore DC deve essere chiuso ad intese a destra, aperto a convergenze e collaborazioni a sinistra, in particolare con il PDS, ma pronto anche a collocarsi all’opposizione in difesa di valori che non possono dissolversi a priori in ambigui schieramenti contrapposti. Sono d’accordo che è un’illusione pensare di salvare, come sempre, il potere al centro. L’unica prospettiva, in una difficilissima transizione verso la democrazia dell’alternanza, è quella di un centro-sinistra autentico in cui il ruolo dei cattolici democratici si affermi, come sosteneva Moro, come partito popolare riconosciuto, autonomo, dotato di un proprio programma e non come una debole comparsa in un generico fronte della sinistra.
Vogliamo discutere di questo? Condivido l’appello che ti ha rivolto Adriano Ossicini. La disponibilità dei cristiano-sociali è interessante e non va lasciata cadere, a cominciare dagli appuntamenti di gennaio. È difficile sapere se la diaspora tra i cattolici potrà essere bloccata dal rinascere, nel solco della DC, di un credibile partito popolare e riformista, ma prima di dare per scontato il disastro sarà opportuno riflettere perché anche la subordinazione a sinistra di un gruppo di cristiani in buona fede non può sostituire idealmente e storicamente, la conquista di una identità politica che è costata quasi un secolo di battaglie democratiche.
Il Popolo
23 dicembre 1993
Luigi Granelli