GRANELLI DIFFIDA DEL GRANDE ACCORDO ENI-MONTEDISON

L’ex ministro delle partecipazioni statali ha presentato sulla questione un’interrogazione al Governo.

Milano – L’ex ministro delle partecipazioni statali Luigi Granelli non si fida dei patti alla base dell’accordo Enimont siglato tra l’Eni e il gruppo Montedison, soprattutto per quanto riguarda l’evoluzione futura dell’alleanza e la possibilità, o il rischio, che le mosse future del colosso chimico nazionale possano scardinare gli assetti di proprietà e gestione stabiliti in partenza. Vuole vederci più chiaro e per questo ha presentato, ieri, al Senato un’interrogazione rivolta ai ministri del Bilancio, delle partecipazioni statali e delle finanze.

Granelli chiede innanzitutto di sapere quali clausole garantiscono la correttezza dei conferimenti patrimoniali nella costituzione di Enimont e, a livello di politica industriale, la parità strategica e gestionale tra pubblico e privato. Granelli teme, appunto, che queste parità, non reggano sul fronte dei “diritti di opzione in caso di cessione di attività ad alto contenuto innovativo da parte della Montedison” (leggi Himont, Ausimont ed Erbamont) e dei rapporti di forza iniziali nel caso di successivi ingressi di altri “assets” nella società (Snla, Sir). L’altro elemento che preoccupa Granelli è la tutela del diritto dei due partner nell’allargare “il proprio processo di internazionalizzazione attraverso acquisizione o joint-ventures con stranieri anche in campi altamente specializzati”.

L’ultima domanda riguarda invece la spinosa questione degli sgravi fiscali sulle forti plusvalenze che i conferimenti a Enimont frutteranno al gruppo Ferruzzi a causa dei bassi valori di carico delle società sul piede di partenza. Granelli vuol sapere “quali normative si pensa di predisporre in materia fiscale per incentivare le fusioni tra società anche attraverso un’equa tassazione delle plusvalenze che escluda privilegi ad hoc o un discutibile commercio di bare fiscali”.

Nella premessa alla sua interrogazione, inoltre, Granelli sottolinea che il protocollo d’intesa con i sindacati – firmato paradossalmente per conto di una Enimont che non esiste ancora – prevede l’abbassamento a 50 anni del prepensionamento “con inevitabili ripercussioni in altri settori”.

La Repubblica
21 ottobre 1988