IL TATTICISMO INFRUTTUOSO DI FAUSTO BERTINOTTI

Caro Manisco,

mi rivolgo a Lei, invece che a qualcuno dei massimi dirigenti di “Rifondazione comunista”, per trasmettere con maggiore ampiezza il mio sconcerto ed il radicale dissenso per la decisione dell’opposizione di sinistra di sostenere in Parlamento la mozione di sfiducia della destra. Cossutta, Bertinotti, e molti altri esponenti del loro partito, al centro ed alla periferia, mi conoscono abbastanza per sapere che non ho mai rifiutato un confronto di idee a tutto campo e che non perseguo obiettivi tattici, né voglio dare lezioni di coerenza o rivolgere appelli in maniera.

L’errore che “Rifondazione” ha deciso di compiere, a maggioranza, è gravissimo non soli perché sarà a mio parere politicamente improduttivo, anche nel caso di un esito favorevole della discutibile iniziativa, ma soprattutto perché esso viene a determinare una impraticabilità di corretti rapporti tra sinistra e centro-sinistra gravida di conseguenze negative per il futuro della democrazia italiana.

Le motivazioni di Bertinotti non mi persuadono. Non regge l’alibi di una procedura parlamentare neutrale. L’intento della destra di Berlusconi e Fini va oltre la sfiducia al Governo e si colloca – a coronamento di una serie di attacchi alle istituzioni, alle regole democratiche – all’interno di una offensiva per portare il Paese ad elezioni anticipate in un clima caotico, torbido, senza varare prima, rapidamente, garanzie di pari opportunità per tutte le forze politiche in competizione.

Non è vero che la destra sta compiendo un atto di stile anglosassone sul quale non deve scandalizzare la confluenza, per motivi non comparabili, di gruppi che perseguono finalità del tutto opposte. I precedenti richiamati, scomodando persino Togliatti, non fanno testo perché quella vecchia spregiudicatezza, che criticai anche allora, si avvaleva tatticamente della destra senza esserne strategicamente subalterna.

La situazione è oggi completamente rovesciata. Le indecorose e infondate polemiche della destra contro il Capo dello Stato, per togliere di mezzo il suo non facile compito di difesa della Costituzione e di arbitro al di sopra delle parti, come le bordate per distruggere l’autonomia della Magistratura impegnata sul fronte della moralizzazione, anche con il concorso di un ministro che rifiuta la censura parlamentare e si considera inamovibile in spregio alle regole democratiche, sono le premesse di una mozione di sfiducia al governo che, per avere successo, sollecita cinicamente l’apporto di una sinistra considerata l’erede diretta dell’impero del male.

Va aggiunto che la destra vuole inoltre portare a compimento i ripetuti tentativi di marginalizzare il Parlamento e di dissolverlo per impedirgli di legiferare, prima di elezioni anticipate che nessuno mette più in discussione, sull’anti-trust, sui conflitti di interesse, e su correzioni in senso pluralistico dell’attuale scandalosa manipolazione dei mass-media a sostegno di un partito-azienda estremamente pericoloso. Come si può pensare di nascondere tutto questo con una mossa tattica che appare più spregiudicata che in linea con le battaglie della sinistra?

Non discuto le ragioni dell’opposizione di sinistra alla legge finanziaria e in generale ad un governo di tecnici che non rappresenta certo la soluzione dei problemi del Paese. Comprendo la critica ad una presenza diretta più incisiva del Presidente Dini  sul caso Mancuso – anche se mi sembra ingeneroso accusarlo di voler inquinare la democrazia italiana – ma non posso tacere che è proprio la destra eversiva che chiede aiuto per rovesciarlo allo scopo di raggiungere i suoi inquietanti obiettivi.

E poi, dopo aver fatto cadere il Governo a ridosso di una iniziativa parlamentare della destra, si apre forse la via ad una situazione più favorevole alla battaglia di “Rifondazione comunista”? non sembra. Il reincarico a Dini, o il varo di un Governo istituzionale per portare il Paese alle elezioni anticipate, non muterebbe di molto la situazione politica e renderebbe solo più difficile sia il varo di garanzie per un voto trasparente, sia un corretto rapporto tra il “Rifondazione” ed il centro-sinistra in una battaglia ancora più diffide contro la destra di Berlusconi e Fini.

Nessuno ha mai pensato, con l’ipotesi della “desistenza”, ad accordi con “Rifondazione” sul programma di governo che il centro-sinistra intende presentare, con Romano Prodi, agli elettori, ma se si registra un dissenso anche sui valori della Costituzione, sui modi per fronteggiare una irresponsabile destabilizzazione istituzionale, diventa onestamente impossibile ogni intesa e si offre così alla destra anche il vantaggio di una insuperabile divisione tra le forze democratiche.

Non aggiungo altro. Sono fuori discussione il ruolo distinto di chi vuole sostenere o combattere l’azione del Governo Dini su temi essenziali e la comune volontà, che emergerà dal confronto parlamentare, di andare al più presto alle elezioni in condizioni di sicurezza democratica. Le ambiguità stanno altrove. Molti cattolici democratici guardano con inquietudine a quanto sta accadendo e si augurano, in ogni caso, una riflessione più ponderata da parte di tutti, possibile sino all’ultimo, in modo che ciascuno assuma precise responsabilità nel contrastare o nel favorire una offensiva della destra che non si limita certo ad una corretta e tradizionale battaglia parlamentare.

Luigi Granelli
Il Popolo
26 ottobre 1995