MANIPOLATI QUEI CONFRONTI TV

Accantono, per il momento, la mia appartenenza politica e chiedo un po' di spazio, come cittadino ed utente del servizio pubblico radiotelevisivo, per sollevare un problema che dovrebbe stare a cuore a tutti i democratici.

Ricordo, solo per evidenziare una certa competenza in argomento, di aver fatto parte, in passato, della Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai-Tv e di aver contrastato in Parlamento la legge Mammì. La ragione che giustifica il servizio radiotelevisivo pubblico è quella, confermata da sentenze della Corte Costituzionale che attendono puntuale applicazione, di assicurare il diritto dei cittadini ad essere informati con obiettività, imparzialità, completezza. Non è certo questo il compito delle televisioni commerciali. C'è da aggiungere che alcune regole minime, in applicazione di questi principi di interesse regionale, dovrebbero essere garantite al momento della concessione da parte dello Stato a tutela della verità e del diritto di rettifica anche nelle emittenti private.

A questo duplice obiettivo dovrebbe tendere una riforma del sistema informativo italiano ispirata al pluralismo, alla reale pluralità di condizioni, alla difesa delle regole democratiche contro i rischi della telecrazia. Nel frattempo le cose vanno malissimo. La situazione è allarmante alla vigilia di uno scontro elettorale. Lo sfruttamento partigiano delle emittenti private, sottoposte ai controlli effimeri di un Garante con mezzi inefficaci, si accompagna ad una caduta di funzione del servizio pubblico di fatto lottizzato da un duopolio condizionato dai poteri e dagli interessi politici dei gruppi più forti.

Si sta però passando ogni limite con l'uso disinvolto che si fa, ad esempio, di trasmissioni come "Porta a Porta" che violano a discrezione dei conduttori ogni regola di obiettività, imparzialità, completezza. Nessuno vuole ridurre i giornalisti a burocrati dell'informazione. Le loro rispettabili opinioni possono rendere vivace il confronto politico, se mantenute in limiti di correttezza, ma diventano una prevaricazione se travalicano dai doveri di moderatori di una Rai-Tv per natura diversa dalle emittenti private. Dovrebbe esistere una deontologia professionale anche per i giornalisti del servizio pubblico.

In un confronto per mettere i cittadini nelle condizioni di votare consapevolmente gli esponenti politici sono naturali protagonisti del dibattito. Devono poter illustrare con completezza, nei tempi previsti, i loro programmi, darsi risposte reciproche, polemizzare se e come ritengono, di fronte all'opinione pubblica, senza mediazioni o interpolazioni che spingono il confronto verso gli esiti voluti dai conduttori. Questa impostazione è nettamente rovesciata negli spettacolini di "Porta a Porta", ed anche in trasmissioni analoghe forse più sottili e contenute quanto a strumentalizzazione politica. Il protagonista è il conduttore che imposta il confronto come vuole, assume ruoli da inquisitore se l'ospite va incastrato o messo in difficoltà o da servizievole esperto di comunicazioni se l'ospite va favorito. I politici passano così, di fatto, da protagonisti a comparse necessarie per un dialogo diretto tra conduttore e telespettatori.

Come se non bastasse si sono anche inventati sorprendenti interlocutori dei politici, scelti non si sa con quali criteri e in grado di esibire la loro produzione di coltellini di moda, pi trasformati in testimoni delle parti che devono però evitare commenti e limitarsi a fare domande. Né può essere considerato rassicurante il ricorso al gioco delle telefonate che sono selezionate in partenza come ha potuto constatare, nell'impossibile tentativo di porre una domanda a Berlusconi, il giornalista Massimo Riva. Alla fine l'ascoltatore è sconcertato, sa tutto delle opinioni del conduttore e poco dei politici che dovrebbe votare, non ha potuto approfondire nulla perché l'ingresso di un nuovo ospite o di un altro testimone consente di interrompere il discorso e di passare ad altro, specie se l'argomento è in contrasto con la regia di chi conduce la trasmissione. Siamo di fronte a manipolazioni del dibattito politico veramente scandalose e incompatibili con i doveri del servizio pubblico. Stupisce che la Commissione parlamentare di Vigilanza non intervenga. Nelle democrazie più moderne è il "faccia a faccia" tra i protagonisti politici, non lo spettacolino manovrato a fini di parte, il mezzo per mettere gli ascoltatori nelle migliori condizioni di conoscere e di decidere.

E' augurabile che intervenga qualche correzione. L'onestà intellettuale, il rispetto delle altrui idee, il senso dei doveri del servizio pubblico, l'orgoglio di una riconosciuta professionalità, di conduttori come Jacobelli ed altri sono lontani anni luce dal degrado attuale, ma tocca anche ai cittadini, agli utenti, insorgere prima che sia troppo tardi in difesa del diritto ad essere informati sancito dalla Costituzione.

"Il Giorno"
21 marzo 1996
Luigi Granelli