Tenendo conto del vivace dibattito svoltosi nei convegni provinciali, nelle riunioni interzonali di Milano, Vimercate, Assago, Rho, Gorgonzola e Lodi, e dei contributi di vari amici si è elaborato un "documento preliminare di indirizzo politico" per orientare, sin dall'inizio, la ripresa di iniziativa della SINISTRA DI BASE e la preparazione dei congressi provinciale a regionale. I vari problemi saranno ulteriormente approfonditi per presentare al congresso, in modo distinto, documenti specifici, mozioni, o.d.g., come nostro contributo alla formazione di una qualificata maggioranza capace di operare una svolta politica e di gestione nella DC milanese, lombarda e nazionale. La nostra ripresa di iniziativa tende a riproporre unitariamente e nella chiarezza proposte di una sinistra democratico cristiana che rifiuta lo snaturamento della propria funzione e, sorretta da un concorde ed univoco rilancio organizzativo, formula proposte valide per l'intero partito e coerenti con la sua vocazione popolare e la sua ispirazione cristiana.
LA SINISTRA DI BASE RICOMINCIA UNA BATTAGLIA DI RIFORME E DI SVILUPPO DELLA DEMOCRAZIA
1. La ripresa della distensione e le intese per la riduzione degli armamenti hanno aperto una fase positiva nelle relazioni internazionali. L'affermarsi della pace determina, con nuovi rapporti in tutti i campi, vitali fermenti nei diversi sistemi politici, economici e sociali e offre più spazio allo sviluppo di una democrazia non puramente formale.
La profonda crisi dei regimi comunisti richiede, in contrasto con la cinica e brutale repressione in Cina, concrete aperture verso i diritti civili e le libertà politiche, essenziali all'attuazione di durevoli riforme economiche. Nel contesto mondiale si ripropone in termini sempre più drammatici il problema del sottosviluppo e della negazione dei diritti fondamentali che vede intere popolazioni costrette in una inaccettabile arretratezza e alla prova con la fame, le malattie, la tirannide.
Non può reggere, e costituisce un reale pericolo anche per i Paesi più progrediti, una situazione in cui cinque miliardi di uomini vivono in condizioni di diseguaglianza economica a sociale, senza accesso a forme di sostanziale democrazia, ed un miliardo di uomini difendono egoisticamente un crescente benessere che si accompagna a fattori di emarginazione sociale e politica. Di fronte a tutti questi problemi grande è la responsabilità dell'Europa. Essa deve riprendere, insieme alla integrazione della propria economia, un coraggioso progetto istituzionale a politico in cui i valori della democrazia siano il punto di riferimento ad Est e ad Ovest, come a Nord e a Sud, di atti concreti a sostegno dei diritti civili e di una cooperazione economica finalizzata alla trasformazione sociale di tutti i popoli. Cosi come deciso e qualificato deve essere il contributo europeo alla urgente difesa del patrimonio ecologico del pianeta.
La pace si consolida ponendo fine con il negoziato alle tensioni di guerra ancora in corso, garantendo la sicurezza comune contro il disastro nucleare e i pericoli dei confitti militari ma operando, al tempo stesso, per una solidale giustizia in campo internazionale, a cominciare da un diverso ruolo della Banca Mondiale e del Fondo Monetario, e per un allargamento degli scambi economici che favorisca, ovunque, il diffondersi dei valori della democrazia e del progresso sociale. Il magistero della Chiesa indica da tempo, con lungimiranza profetica, questi obiettivi a tutti gli uomini di buona volontà ed un partito ad ispirazione cristiana, come la DC, deve prendere coscienza del grave ritardo ed assumere in autonomia un maggiore impegno e concrete iniziative a livello europeo ed internazionale perché una politica estera di grande respiro è, come hanno insegnato Sturzo e De Gasperi, premessa e condizione di ulteriori sviluppi della democrazia italiana.
2. La forte crescita delle società industriali, tra le quali si colloca l'Italia, ha portato al costante aumento del prodotto nazionale lordo, ad un accrescimento dei beni disponibili, che tuttavia non sempre corrisponde ad un allargamento dei diritti sociali ai cittadini meno tutelati e alla generalizzazione, secondo giustizia, del benessere e della partecipazione democratica. Significativo, in proposito, è lo sviluppo dei movimenti di emancipazione della donna contro persistenti discriminazioni.
Si restringe anche per un distorta applicazione del progresso tecnologico la base produttiva e la disoccupazione, specie giovanile, resta un dato strutturale inquietante accompagnato dal degrado sociale dell'aumento dei disoccupati, dei cassa-integrati (spesso con doppio lavoro) e dei pre-pensionati. Crescono, accanto a quelle tradizionali, nuove povertà, la solitudine per gli anziani, e si profilano nuove diseguaglianze nella distribuzione del reddito e delle opportunità di integrazione sociale e civile. Si assiste, sempre più frequentemente, ad una allarmante dissipazione delle risorse naturali, dei beni ambientali, che mette in evidenza il contrasto tra l'incremento della ricchezza e il peggioramento, in molti casi,della qualità della vita.
Ingenti risorse sono sottratte ad un più forte flusso di investimenti produttivi pubblici e privati, per gli oneri di una inefficiente pubblica amministrazione, di servizi di interesse generale scadenti e burocratizzati. Lo Stato è bloccato nei suoi compili essenziali a causa di un grave indebitamento e di un sistema fiscale e parafiscale inadeguato che è severo con i contribuenti a reddito fisso, come con quelli che pagano interamente le tasse, appesantisce il costo del lavoro, ma non incide secondo criteri di giustizia sulla diffusa evasione fiscale, sull'accumulazione di ricchezza e sulle rendite finanziarie.
In Italia, in particolare, i problemi nuovi di tutte le società industriali si aggiungono a quelli del mancato riequilibrio strutturale del Mezzogiorno, al ritardo delle riforme dell'apparato pubblico e del sistema produttivo, ai rischi dell'involuzione corporativa, del conflitto sociale che isola ancora di più i settori emarginati ed indifesi. Per assicurare la continuità di uno sviluppo durevole ed equilibrato, secondo giustizia, si impone anche alla DC una scelta di netta ripresa di un nuovo riformismo rispetto ad ogni ipotesi di modernizzazione conservatrice.
3. Il diffondersi, negli ultimi anni delle dottrine neoliberiste di tipo tatcheriano, ha fatto credere che il taglio della spesa sociale e la privatizzazione, spesso intesa come svendita, di imprese e servizi pubblici bastassero a risanare la finanza statale. I risultati sono stati deludenti. Il fabbisogno primario è sceso in questi ultimi anni a 20 mila miliardi, e nuovi risultati sono possibili per il futuro, ma il debito pubblico è continuamente aumentato e sta avvicinandosi ai 150 mila miliardi a causa degli oneri per interessi che nel 1988 sono stati 91 mila miliardi (rispetto agli 88 previsti) e sono quantificati, nell'ultima versione del Piano Amato in 122 mila per il 1990, 129 mila per il 1991 e 142 mila per il 1992.
La spesa sociale e collettiva è in Italia a livelli bassi, rispetto alla media europea, oltre che indebolita da sprechi a da scarsa produttività, mentre il problema che ormai è centrale per ogni politica di risanamento è quella della gestione del debito o degli oneri dell'indebitamento. Un deciso rientro del debito, per dedicare più risorse agli investimenti, richiede anche una coraggiosa manovra fiscale e la riforma dell'amministrazione, se si vuole rendere effettiva la lotta all'evasione, ed un efficace riordino dell'economia pubblica in un quadro di crescente collaborazione con l'imprenditoria privata.
È errata l'idea che la rinuncia all'intervento pubblico nell'economia sia la condizione del risanamento. Esso, al contrario, va chiaramente finalizzato negli obiettivi e reso trasparente nella gestione contro lottizzazioni e indebite interferenze. Il carattere misto dell'economia italiana è un dato strutturale, garantito dalla Costituzione, da valorizzare nelle sue potenzialità con un rilancio qualificato delle partecipazioni statali, lo sviluppo di collaborazioni tra pubblico e privato in settori strategici, la soluzione dei problemi energetici in regime di sicurezza, la riorganizzazione dei servizi pubblici e una selezionata incentivazione produttiva del settore privato, specie per le piccole e medie industrie e per partigianato.
Solo la graduale ripresa di una incisiva programmazione consente di contenere i rischi dell'inflazione, di rientrare entro il 1992 da un indebitamento inquietante e ingovernabile, operando sull'entrata e sulla gestione del debito oltre che sulla riqualificazione della spesa pubblica, per destinare adeguate risorse al sistema economico al fine di orientare lo sviluppo del prossimo decennio verso l'autonoma ripresa del Mezzogiorno, l'armonizzazione tra crescita produttiva e tutela ambientale, e l'avvio di politiche dell'impiego, che richiedono flessibilità nei rapporti di lavoro e l'auspicabile riduzione - su scala europea - dell'orario attuale, allargando così 1'occupazione nei settori terziario e manufatturiero. Una netta ripresa di riformismo economico, come condizione di un generale processo di cambiamento, deve includere il risanamento e la riorganizzazione, eliminando sprechi ed assistenzialismi, dello Stato sociale, che è una conquista da difendere contro i ripetuti tentativi di smantellamento. La concezione dello Stato sociale va ampliata e può integrarsi con forme private e di volontariato che non aggravino le differenziazioni sociali.
Particolare importanza assume la lotta alla droga che richiede drastici interventi, anche a livello internazionale, contro la produzione e il traffico degli stupefacenti e un ampliamento di tutte le possibilità di prevenzione, recupero e reinserimento nella società dei drogati che non devono essere soggetti di controproducente repressione nel momento in cui si stabilisce, giustamente, l'illegalità del consumo di droghe per superare il regime della modica quantità. La controproducente vicenda dei tickets non può coinvolgere il principio di far partecipare l'utente, nella fruizione di un servizio valido, per eliminare assistenzialismi che si traducono in privilegi. Attenzione particolare va riservata alla famiglia, specie se monoreddito, e alla personalizzazione dei servizi per gli anziani, gli handicappati, gli emarginati sociali. La tendenza ad un maggiore benessere non deve risultare in contrasto con le esigenze della giustizia, della solidarietà sociale e lo Stato democratico deve assolvere in forme nuove, secondo le intuizioni ancora valide di Dossetti a Vanoni, al dovere di orientare lo sviluppo di una economia mista ed internazionalmente competitiva e di assicurare una costante estensione dei diritti sociali c di cittadinanza anche in riferimento alla questione femminile.
4. Non è accettabile la tesi che il ruolo dei partiti democratici è esaurito e che le riforme istituzionali devono portare ad un cambiamento di sistema che prescinda da essi. Un rapporto diretto fra il singolo cittadino, politicamente disarmato, e le istituzioni, non solo è illusorio, perché forze economiche ed interessi corporativi sarebbero più forti nell'influenzare i pubblici poteri, ma aprirebbe la via a quelle forme di democrazia diretta e referendaria che trovano il loro compimento nella repubblica presidenziale, in netto contrasto con l'impostazione di fondo della Costituzione del 1947.
Gli stessi movimenti che nascono e si sviluppano su esigenze particolari e spesso monotematiche, come valori di pluralismo sociale e politico, non possono surrogare i partiti, cui spettano compiti di rappresentanza generale, anche se un dialogo più costruttivo tra questi soggetti va svolto con apertura, senza escludere convergenze utili, come è avvenuto nell'interessante e peculiare esperimento amministrativo di Palermo.
La democrazia parlamentare è inseparabile, come ha sostenuto Sturzo, da partiti liberi, organizzati democraticamente, qualificati da idealità specifiche e chiari programmi, che consentono ai cittadini di concorrere attivamente alla determinazione della politica nazionale.
I diritti dei cittadini vanno meglio garantiti anche sotto il profilo della libertà di stampa e di un effettivo pluralismo dei "Mass media" tra loro e al proprio interno, con riforme della legge sull'editoria e del regime attuale del sistema misto radiotelevisivo che, grazie ad un assetto del settore pubblico più trasparente e sottratto alle lottizzazioni, ostacolino concentrazioni pericolose, spartizioni oligopolistiche e invadenze improprie dei grandi gruppi economici e finanziari. La crisi del nostro sistema politico è in gran parte dovuta alla degenerazione del ruolo dei partiti in partitocrazia.
L'occupazione del potere nelle istituzioni, che non ha a che vedere con i compiti di indirizzo e di controllo di una diffusa partecipazione politica, è una patologia da risolvere con drastici interventi. Bisogna riportare i partiti alla funzione prevista dall'Art. 49 della Costituzione e porre fine, anche con efficaci normative, a straripamenti che giungono alla inaccettabile lottizzazione, al centro e alla periferia, di compiti di gestione e di amministrazione che richiedono indipendenza e professionalità e sono la principale fonte della degenerazione clientelare della politica.
La crisi dei partiti, va superata anche con la revisione della legge sul finanziamento pubblico, con possibili normative dei diritti fondamentali dei cittadini nella loro organizzazione, oltre che con urgenti processi di autoriforma, per tornare a legittimare una limpida funzione politica e costituzionale.
Questa legittimazione viene meno se i partiti non superano la tendenza a ridursi ad agglomerati di gruppi, di interessi corporativi, incapaci di assolvere responsabilità politiche complessive e di sviluppare, anche attraverso un fecondo dialogo con movimenti espressivi di un positivo pluralismo, un perdurante radicamento nella società.
Il miglioramento della rappresentanza, modificando le stesse leggi elettorali, rientra nel processo di riforma delle istituzioni. È urgente rafforzare le possibilità di scelta dei cittadini e moralizzare la raccolta del consenso, limitando anche al massimo l'uso scandaloso e mercantile delle preferenze, con la correzione del nostro esasperato proporzionalismo attraverso l'introduzione di alcuni elementi di maggioritario che consentano, come in Germania ed in Spagna, una migliore stabilità democratica, la corretta semplificazione politica e un freno ai pericoli di frantumazione localistica. Un primo banco di prova, anche per verificare una indispensabile e ampia intesa fra i partiti, può essere dato dalle modifiche alla legge elettorale amministrativa in vista delle consultazioni del 1990.
La riforma istituzionale deve coinvolgere l'intero ordinamento della Repubblica, per corrispondere anche in termini di efficienza ad una società profondamente cambiata, mentre la parte relativa ai diritti civili, sociali, economici della Costituzione resta valida e va interamente attuata. Parlamento, Governo, sistema delle autonomie locali, magistratura ed organi di controllo, pubblica amministrazione, richiedono interventi di riforma capaci di favorire rapidità, trasparenza, controllo, ai processi di decisione, e siano riconducibili ad un progetto organico di revisione costituzionale. La scorciatoia della elezione diretta del capo dello Stato, che richiede anch'essa una generale ristrutturazione dell'ordinamento, va fermamente respinta con la disponibilità ad aprire, nelle forme possibili, una fase costituente che coinvolga tutti i partiti che si riconoscono nei valori di fondo della Costituzione repubblicana e non rifiutano l'ipotesi di coraggiose modifiche al nostro sistema istituzionale e politico.
5. I rapporti tra DC e PCI non sono mai stati, né possono essere, di tipo consociativo. Non a caso si è sempre rifiutata la formula del compromesso storico che esprimeva, nella sua impostazione strategica, tale logica. La stessa solidarietà nazionale, definitivamente superata, non fu per Moro e per quanti l'hanno onestamente sostenuta un espediente di trasformismo parlamentare o il tentativo di preparare, come si realizzò con il centro-sinistra, una nuova aggregazione al centro delle coalizioni di governo. La ricerca di una fase di transizione era l'illuminata e coraggiosa risposta ad una drammatica emergenza da non dimenticare.
La "questione comunista" si colloca in una prospettiva del tutto diversa e va affrontata, rifiutando il consociativismo, sul terreno dello sviluppo di una democrazia a larga partecipazione popolare, del consolidamento di uno Stato costituzionale e pluralista, a non può ridursi alla ricerca o alla negazione di pure formule di governo. È da respingere nettamente, perché contraria alla verità, l'affermazione che il degrado morale della politica e la caduta di fiducia dei cittadini verso le istituzioni è il prodotto del consociativismo tra DC a PCI.
Il confronto con il PCI, soprattutto nelle istituzioni, va finalizzato, da una DC consapevole del suo ruolo, a favorire evoluzioni politiche che consentano, insieme alla difesa dei valori costituzionali e a riforme dello Stato sorrette da largo consenso popolare, un accrescimento delle possibilità di sviluppo della democrazia italiana e una utile competizione per la soluzione dei problemi del Paese in un processo di trasformazione economica e sociale.
L'alternativa è uno dei possibili sbocchi di questo confronto. Essa rafforzerebbe, in modo definitivo, il nostro sistema di democrazia rappresentativa. La DC non deve temere questa eventualità che rientrerà tra i suoi meriti storici se realizzata in condizioni di sicurezza democratica. Anche all'opposizione la DC può restare un partito popolare e riformatore. Nessun alibi va però fornito a facili spostamenti a sinistra dell'elettorato, ma è stato ed è un errore pensare al PCI come sponda antisocialista per indebolire il PSI.
La realizzazione per via politica, non attraverso espedienti elettorali che soffocherebbero un vitale pluralismo politico, di una alternativa contro DC è compito specifico di chi intende realizzarla e non va favorita con compiacenti rinunce ed un ruolo nettamente riformatore o con spregiudicate manovre affiancatrici o di schieramento. Nel periodo, non breve, della transizione a radicali ed antagonistici mutamenti di alleanza, la DC non può lasciare solo ai socialisti e ai laici il compito di un doveroso confronto ideale e politico con il PCI.
Su questo terreno va raccolta la sfida del nuovo gruppo dirigente comunista che sembra preferire l'alternativa alla DC come un pregiudiziale schieramento, non privo di eterogeneità, ad un confronto di pari dignità con un partito popolare di cattolici democratici. L'apertura dei PCI ad una esplicita collocazione europea e occidentale, al pluralismo politico ed economico, al garantismo dello Stato di diritto, ai valori permanenti della democrazia, sono il frutto di scontri e confronti avuti anche con la DC. Sarebbe singolare che, di fronte a evoluzioni ancor più rassicuranti, fosse precluso soltanto ad essa, tra i partiti italiani, ogni ipotesi, sia pure limitata nel tempo, di collaborazioni parlamentari e di governo.
Nel futuro della democrazia italiana devono esserci, come l'esperienza della stessa Repubblica Federale tedesca dimostra, alternative, piccole o grandi coalizioni, che possono e devono risultare praticabili nell'interesse generale e senza involuzioni consociative di nessun genere.
6. L'impostazione astratta e schematica del pentapartito strategico, prima, e dell'alternativa tra puri schieramenti, poi, ha portato la DC a ridurre di fatto in un pericoloso bipolarismo il peculiare pluralismo ideale e politico della democrazia italiana. Su questa strada il pentapartito diventa sempre più uno schieramento in permanente stato di necessità, senza alternative e con scarsa credibilità quanto a reale coesione, mentre in attesa dell'alternativa si tende a considerare superfluo ogni confronto con il PCI, in un momento di grandi cambiamenti, perché per favorirla o contrastarla è preferibile un aprioristico antagonismo.
La DC rischia cosi di rinunciare ad un dialogo di grande respiro con i singoli partiti, siano essi al governo o alla opposizione, sui problemi dell’oggi e del domani della democrazia italiana al di là del susseguirsi delle possibili coalizioni di governo. Il PSI, le forze laiche, la socialdemocrazia non omologata al craxismo, non sono pedine identiche e fungibili di una formula inamovibile che, nel suo immobilismo, vanifica le differenze di programma e rende precaria la stessa azione di governo. Questi partiti sono portatori di interessi e di posizioni ideali e politiche diverse e non vanno escluse scelte differenziate di collaborazione pur nella ricerca, sulla base di contenuti precisi delle intese più ampie e possibili.
Se non si supera una concezione statica di un pentapartito in evidente crisi e non si riapre un processo di flessibilità e di mobilità nel rapporto, tra i partiti, anche al di fuori delle maggioranze esistenti, il rischio per la DC è di subire permanentemente il potere di interdizione di questo o quel partner. Il rapporto con il PSI, come con altri partiti, deve superare sia la subordinazione che la preconcetta ostilità. Va aperto un discorso nuovo sull'intesa, essenziale per la democrazia italiana, tra il riformismo socialista ed il riformismo cattolico democratico che la DC ha il dovere di esprimere.
Il dialogo a tutto campo, distinguendo i problemi del governare da quelli dell'evoluzione a medio e lungo periodo della democrazia italiana, consente di superare la conflittualità concorrenziale tra la DC ed il PSI. Si rafforzerebbe cosi, nell'essenziale, una utile collaborazione di governo, diversa dalla pura spartizione di potere tra chi vuole occupare la scena e che sarebbe destinato ad abbandonarla, e la DC ed il PSI potrebbero al tempo stesso, in pari dignità, pensare legittimamente ai loro ruoli anche in scenari futuri. Tra le ipotesi future, oltre all'alternativa, a grandi o piccole coalizioni, a incontri con i verdi o altri movimenti, non si può nemmeno escludere a priori, se c'è chiarezza, quella di un bipartito DC-PSI aperto a chi intenda concorrere ad una marcata evoluzione politica generale.
Per fare tutto questo la DC deve tornare ad essere un grande partito popolare di ispirazione cristiana, capace di elaborare programmi, formulare proposte, declinare sul terreno laico della politica i valori della persona e del solidarismo sociale, la generalizzazione di diritti della democrazia, per dare voce di dignità e rappresentanza agli interessi diffusi e semplici espressi dalla gente comune. È questa la nuova fase del rinnovamento della DC che, dopo gli sforzi di Zaccagnini e di De Mita, occorre coraggiosamente intraprendere.
7. I dati elettorali della consultazione europea sono allarmanti. La DC è tornata al minimo storico e il livello delle astensioni, dei voti di protesta che - al di là di aberranti inclinazioni razzistiche - interpretano esigenze di maggiore funzionamento della pubblica amministrazione, di valorizzazione delle autonomie locali, come l'affermazione di movimenti verdi per la tutela ambientale sono la denuncia evidente di un vuoto di presenza e un richiamo alle responsabilità del partito. Più articolato e complesso appare per i deboli progressi del PSI, la tenuta del PCI e l'insuccesso del polo laico, il quadro politico generale. Per entrambe queste ragioni occorre riprendere al centro e alla periferia un processo di vero rinnovamento del partito.
Il caso della DC milanese è sintomatico. Anni di gestione unanimistica hanno portato, nonostante gli sforzi dei dirigenti uscenti, ad una caduta di immagine e di presenza, alla paralisi del rapporto con la periferia, ad un preoccupante indebitamento, alla emarginazione nelle amministrazioni del capoluogo e della provincia. Anche l'opposizione viene svolta con scarsa incisività, mentre una maggiore tenuta dei dirigenti periferici è servila a contenere la crisi anche se essi sono esposti al rischio di una crescente demotivazione.
I congressi regionali e provinciali dovrebbero essere l'occasione per realizzare con il determinante concorso della periferia una svolta politica, programmatica e gestionale del partito. Essi devono puntare ad una vera e propria ricostruzione a livello locale. Di fronte alla complessità dei problemi, alla difficoltà dei rapporti politici, alla frammentazione sociale, allo scarso e poco persuasivo dialogo con la composita realtà del mondo cattolico, occorre riorganizzarsi seriamente riportando al centro del dibattito la politica ed i contenuti programmatici. È questa la condizione perché il partito:
Il programma deve diventare, anche con riferimento ai problemi locali, 1'obiettivo preminente del lavoro di partito sia nelle fasi di elaborazione e di decisione politica, sia nell'attuazione in sede centrale, periferica e nelle istituzioni.
Sarà questo il terreno concreto di incontro di quanti, dentro e fuori la DC, vogliono impegnarsi a dare, in coerenza con la ispirazione democratica e cristiana, risposte convincenti ai problemi emergenti nel segno di una solidarietà che consenta la ricomposizione politica all'infinità di interessi espressi dalla società.
8. La priorità va riservata, anche in presenza di non insuperabili diversità di valutazione politica, e solide intese per la riorganizzazione funzionale del partito, alla ripresa del dibattito interno, al rispetto delle norme statutarie al fine di una costante legittimazione democratica dei gruppi dirigenti.
Piena e durevole deve essere la valorizzazione dei comitati provinciali, come massimi organi di decisione politica, accompagnata, con criteri di decentramento, da strumenti operativi (dipartimenti, uffici, gruppi di lavoro per materie) e di elaborazione ed approfondimento dei problemi a sostegno delle strutture centrali del partito. La nuova organizzazione, da introdurre se occorre anche con proposte di modifica statutaria, dovrà essere ricondotta a criteri di essenzialità, rispetto al proliferare degli organigrammi in funzione spartitoria tra gruppi e sottogruppi, mentre una serie di compiti anche organizzativi, di servizio e di controllo, potranno essere collocati in periferia a livello di "Comitati istituzionali di zona" posti nelle condizioni operativo-finanziarie di poterli assolvere.
Particolare attenzione è indispensabile per l'estensione e la trasparenza delle operazioni di tesseramento. Devono essere studiate con rigore le manipolazioni in questo campo. La raccolta del consenso, della militanza, implica adesioni convinte, reali, non da arruolamenti clientelari o in blocco e richiede un partito aperto, in costante rapporto con la società, e in grado di difendere contro ogni inadempienza o sopruso i diritti dei propri iscritti.
Oltre alla formazione garantistica degli organi di controllo, nettamente distinti da quelli operativi, potrebbe risultare utile la creazione, con la nomina di una persona autorevole e dotata della necessaria esperienza, di una specie di "difensore civico" cui possano ricorrere iscritti, simpatizzanti, cittadini che desiderano iscriversi senza riuscirci, per tutelare i diritti sanciti dallo statuto.
La riforma del partito, sulla base di un modello organizzativo che favorisca al massimo la partecipazione periferica, l'elaborazione programmatica, l'iniziativa politica, la formazione e la selezione della classe dirigente, deve proporsi anche in efficace raccordo con la società civile che sia coerente e credibile rispetto ai valori cristiani cui si richiama.
Molte energie, formate in ambito ecclesiale alla politica, non trovano occasioni di sperimentazione e di impegno nel partito. È urgente mettere a punto iniziative specifiche per colmare questa lacuna. Anche un miglioramento nel costume interno che rivaluti, nei comportamenti, uno stile cristiano, moralmente impegnato, nel fare politica per spirito di servizio e rimuovere clientele, favoritismi e corse ingiustificate al potere, è indispensabile per raccogliere nel vasto mondo cattolico energie disponibili e qualificate.
L'obiettivo del rinnovamento è quello di creare le condizioni per il rilancio di una DC popolare, cristianamente ispirata, capace di dare voce con un senso laico della politica a quel messaggio di giustizia, di libertà, di solidarietà, cui invita la Chiesa italiana, ed in particolare quella ambrosiana, con il suo "ripartire dagli ultimi".
9. Il degrado anche morale della politica e l'allargarsi della corruzione esigono che la "questione morale", nei partiti come nelle istituzioni, sia affrontata concretamente con decisione e rigore. Le denuncie non accompagnale, se non da prove da indizi circoscritti, si esauriscono in facili polveroni utili solo a diffondere generiche denigrazioni che fanno di ogni erba un fascio. Non è produttivo uno scadente moralismo sensazionalistico che non apre la via, necessaria ed urgente, ad una effettiva moralizzazione della vita pubblica.
Accanto ai problemi di costume che richiedono a tutti coerenza di comportamenti, specie quando si hanno ricoperti o si coprono posti di responsabilità, bisogna affrontare la modifica di procedure, prassi e legislazioni, per ridurre gli spazi degli intrecci tra politica e affari, degli abusi di potere, della corruzione. Non si può sostenere che la "questione morale" è risolvibile solo con le alternative al potere.
L'alternarsi al governo e all'opposizione introduce, se mai, una più alta moralità nelle scelte elettorali e politiche, ma non elimina come si verifica anche nei paesi in cui vigono queste regole, la corruzione e l'uso improprio delle funzioni pubbliche per restare al potere o conquistarlo.
È necessario distinguere tra il dovere di adire alla magistratura contro gravi anomalie e violazioni di legge, per consentire alla giustizia di compiere accertamenti ed individuare responsabilità, e l'obbligo di un impegno intransigente a cambiare le leggi, regole, abitudini, per moralizzare in concreto la vita dei partiti e rendere limpido il loro rapporto con le istituzioni con la volontà di isolare gruppi di pressione che agiscono in modo illecito.
La DC deve dimostrare ad ogni livello che la moralità dei mezzi, la loro legittimità, si difende e si consolida con la raccolta e l'uso ineccepibile delle risorse finanziarie private e pubbliche, si tutela con regole rigide e trasparenti nelle designazioni di chi è chiamato a svolgere compiti, sempre revocabili, di amministrazione e di gestione. Vanno fissati criteri rigidi in materia di professionalità, onestà, competenza ed esperienza, per la scelta delle persone che il partito indica per l'esercizio di responsabilità pubbliche. In particolare occorre stabilire:
Per quanto riguarda le rappresentanze istituzionali, è necessario all'atto della presentazione delle candidature, che gli interessati si impegnino, preventivamente a non superare un tetto definito del proprio "budget" elettorale e rendere pubblico, a posteriori, il dettaglio dei finanziamenti avuti, con le fonti e delle spese sostenute. In generale occorre compiere ogni sforzo per la correttezza delle competizioni elettorali e per porre fine a tutte le invadenze improprie dei partiti intese come pura occupazione di potere, nella vita delle istituzioni e delle varie amministrazioni.
10. La legge sul finanziamento pubblico dei partiti, fatta per garantirli dai condizionamenti dei grandi gruppi economici, va corretta ma non eliminata. Il referendum abrogativo proposto da Democrazia Proletaria non può essere condiviso. Bisogna introdurre norme che consentano incentivi fiscali e maggiori contributi volontari privati, da registrare nominativamente in bilancio, la fissazione di criteri di distribuzione agli organi periferici, sulla base di parametri oggettivi, di quote di finanziamento pubblico da rendicontare, l'introduzione di vincoli che prevedano responsabilità personali nei casi di consistenti ricorsi all'indebitamento, la predisposizione, dentro e fuori i partiti, di più penetranti organi di controllo.
Per favorire il massimo di trasparenza economica e finanziaria sarà utile prevedere l'obbligo di redigere l'inventario annuale del patrimonio dei partiti, con le variazioni intervenute, di precisare le partecipazioni in società commerciali o di altra natura, di migliorare la struttura della contabilità interna, sia centrale che periferica, al fine di una più documentata certificazione dei bilanci.
I parlamentari della DC dovrebbero prendere l'iniziativa, sorretta da un adeguato approfondimento, di presentare un insieme organico di modifiche del tipo suggerito alla legge sul finanziamento pubblico dei partiti. In rapporto ai problemi locali occorre, invece, certificare con esattezza la condizione finanziaria della sede provinciale, da anni deficitaria, per mettere a punto un piano di consolidamento dei debito e di ritorno alla normalità di gestione. Va ripristinato l'obbligo di presentare al congresso anche una relazione finanziaria in cui, assieme alle entrate a alle loro origini, figurino le spese assunte e la loro motivazione
È necessario rivedere il rapporto con gli organi nazionali del partito per quanto attiene 1'assegnazione della quota di finanziamento pubblico e il ristorno, in forme più soddisfacenti, dei proventi del tesseramento annuale. Per rendere più adeguata, efficiente e controllabile la gestione amministrativa del partito ci si deve attivare per l'aumento dei mezzi di autofinanziamento, con l'ausilio di una specifica commissione di garanzia, e per unificare o quanto meno coordinare, nelle forme più utili ed opportune, i livelli comunali, provinciali e regionali in questo campo.
11. Le elezioni amministrative del 1990 sono di rilevante importanza anche per il loro significato politico generale. Il confronto deve comunque avvenire su temi del buongoverno locale, sui programmi amministrativi, sugli impegni a garantire rinnovamento e stabilità.
È di grande importanza la modifica, prima delle elezioni, della legge elettorale per estendere il maggioritario sino a 25/30 mila abitanti, assegnando tre quinti dei seggi alla lista che ottiene la maggioranza dei consensi e ripartendo, proporzionalmente, tra le altre liste i seggi della quota riservata alla minoranza. Si potrebbe anche prevedere uno sbarramento del 5%, ridotto al 3% nei comuni capoluogo, per concorrere alla ripartizione della rappresentanza forte consiliare.
Il sistema delle autonomie locali ha bisogno, nell'ambito delle riforme istituzionali, di modifiche più incisive. Bisogna attribuire un'ampia autonomia statutaria e regolamentare agli Enti locali, aumentare la capacità impositiva diretta, definire meglio le competenze del Sindaco, le modalità di formazione della Giunta, i rapporti con il Consiglio e l'Assemblea. Anche la legislazione sull'ordinamento regionale merita aggiornamenti con particolare riferimento al funzionamento dei vari organi, ai rapporti con le amministrazioni statali con gli Enti locali, alla proliferazione di società regionali dotate di finanziamento pubblico e spesso poco controllabili, alle competenze e alle forme di coordinamento in materia urbanistica, ambientale e dei servizi (trasporti, sanità, assistenza, formazione professionale).
È indispensabile definire, con il varo dei disegni di legge sui poteri locali in discussione al Parlamento, strutture differenziate di governo per le aree metropolitane, tenendo conto anche di esperienze in atto in altri Paesi europei e nordamericani, affinché i problemi particolari dei grandi centri urbani possano essere affrontati, senza dispersioni o sovrapposizioni, con strumenti adeguati ed in ogni caso sottoposti a controllo politico democratico.
Nel contesto di questi impegni istituzionali la DC deve rivolgersi agli elettori con programmi precisi, da elaborare con ampia mobilitazione, ispirati alla generalizzazione dei diritti ed alla solidarietà sociale ed in grado di farsi carico anche del degrado della periferia, dei problemi degli emarginati sociali (handicappati, anziani, drogati, stranieri), per allargare a tutti gli effetti positivi della vita urbana. Occorrono indicazioni concrete a tutti i livelli sui temi dell'assetto territoriale, da sottrarre alla logica dello scambio affaristico, della lotta all'inquinamento e alla dissipazione ambientale, dell'attuazione di un sistema di mobilità e di comunicazioni a respiro regionale, della riorganizzazione decentrata dei servizi sociali, per realizzare un sistema di autonomie locali e di governi metropolitani capaci di favorire uno sviluppo in cui la qualità della vita ed il livello della partecipazione democratica diventino le principali finalità dell'azione amministrativa.
Per dare forza ai programmi, è indispensabile la presentazione, da parte della DC, di liste qualificate, con una larga ed articolata partecipazione, che consentano agli elettori di scegliere rappresentanze autorevoli, coerenti, credibili in rapporto agli impegni presi.
12. Luigi Sturzo ha sempre contrapposto, al centralismo statale, l'esaltazione e lo sviluppo delle autonomie locali in funzione di un buongoverno corrispondente ai reali interessi delle popolazioni amministrate. A questa concezione bisogna ritornare per superare la tendenza, sempre più in crisi, a trasferire meccanicamente in sede locale formule di governo nazionale e, all'opposto, a considerare tutto possibile pur di collocarsi nell'area della gestione del potere. È stato un grave errore considerare "anomale" amministrazioni realizzate anche con il PCI, come reazione all'indisponibilità socialista o al perdurare di metodi discutibili, perché quelle esperienze - data la loro obiettiva difficoltà - dovevano essere difese e spiegate correttamente agli elettori come sperimentazioni necessarie per corrispondere, in casi eccezionali, agli interessi generati delle popolazioni.
Le alleanze locali non devono discendere da pregiudiziali di schieramento, da disinvolti trasformismi, cosi come non possono nascere, in modo esclusivo, solo sulle cose da fare. La DC deve favorire una graduale liberalizzazione delle alleanze in sede locale per saldare, nella piena valorizzazione delle autonomie, gli impegni del programma e le indicazioni degli elettori evitando che il gioco spregiudicato delle combinazioni ricercate da lutti gli altri partiti, senza limitazione alcuna, finiscano con emarginare soprattutto il ruolo di governo del partito di maggioranza relativa.
Non si tratta di imboccare la via opportunistica di un pragmatismo senza regole. La DC deve restare fedele al valore di una coerente collaborazione democratica tra partiti diversi, dotati di pari dignità. Sbaglia chi confonde la permanente vocazione alle alleanze democratiche, sempre reversibili, con non spiegati residui della cultura della mediazione a tutti i costi e del velleitarismo compromissorio. Né si può invocare la transizione verso una schematica alternativa come alibi per ripiegare su contingenti e disinvolte operazioni di potere.
La tendenza resta quella di ricercare prioritariamente, sulla base dei programmi e della correttezza amministrativa più che di formule astratte, l'intesa con il PSI e con altre forze democratiche disponibili senza precludersi, come fanno anche gli altri partiti, possibilità di intese più ampie e diverse da realizzare, senza cedimenti, nell'interesse generale e con la coscienza di doverne responsabilmente rispondere di fronte agli elettori.
La DC deve proporsi, in coerenza con le sue migliori tradizioni autonomistiche, di sviluppare al massimo, anche politicamente, il sistema dei poteri locali assumendo l'indirizzo di aprire seri confronti con tutte le forze politiche disponibili a realizzare leali, verificabili intese sul programma, soprattutto nelle situazioni in cui l'elettorato avrà confermato il ruolo di partito di maggioranza relativa.
13. Per fronteggiare situazioni di grande difficoltà, che includono i rischi di un preoccupante declino del partito, la DC ha il dovere di aprire una fase nuova nella sua vita interna e sul terreno dell'iniziativa ideale e politica. La diversità delle idee, la franchezza del dibattito, non devono ostacolare, al centro e alla periferia, la possibilità di costruire liberamente, senza intese sottobanco ed accordi a tavolino, chiare maggioranze che abbiano attitudine a radicarsi nelle società, siano aperte al contributo di tutti e rispettose della pluralità delle voci interne, pronte ad associare tutte le energie disponibili, ma intenzionate ad esercitare il diritto-dovere di dare una linea al partito e di tradurla in atti conseguenti.
Questa maggioranza più che da schieramenti precostituiti, trasferiti magari da altri livelli, deve nascere da un giudizio comune sullo stato attuale della DC provinciale e circa le vie da percorrere per determinare un suo deciso miglioramento. Il riscatto della DC milanese si misurerà sulla capacità di rovesciare tanto il processo di emarginazione subito a Palazzo Marino come a Palazzo Isimbardi, quanto la scarsa incidenza nella vita della istituzione regionale, non in nome di una mediocre rivincita di potere ma con proposte politiche e programmatiche di ampio respiro animate dalla volontà di tornare ad essere, come nei tempi migliori, un partito di primo piano per la qualità persuasiva della sua iniziativa.
In un momento in cui sembra mancare ai partiti una progettualità strategica la DC può riprendere, al centro e in periferia, il ruolo propulsore di una politica coraggiosamente riformista e capace di valorizzare al massimo le potenzialità ed i valori di una grande forza popolare. Rilevanti sono le responsabilità di tutti per determinare nel partito la necessaria svolta ideale, politica, organizzativa.
La ricca tradizione del cattolicesimo democratico, geloso custode di una concezione laica dell'impegno politico saldamente legato ad una insopprimibile ispirazione cristiana - sulla scorta della grande lezione di Lazzati e lo stimolante magistero della Chiesa - esigono un forte impegno per non disperdere un patrimonio prezioso accumulato nell'antifascismo, nell'Assemblea Costituente, nelle battaglie per l'apertura a sinistra e in lunghi anni di significativa partecipazione alle vicende politiche locali e nazionali.
Dovrebbe essere di aiuto, nel ricominciare, l'esempio indimenticabile dato da Marcora, insieme a molti altri, che ha dimostrato, con generosità e coerenza, che più grandi sono le difficoltà maggiore deve essere l'impegno.
Quaderni
della base
Documento di
Assago
9 settembre
1989