Luigi Granelli è il leader del “fronte del No” di piazza del Gesù? “Mi hanno paragonato a Lombardi, a Ingrao: e non mi dispiace…”. Sorride Granelli. Fondatore di una delle più vivaci e colte correnti DC, la sinistra della “Base”, oggi si oppone ad una “svolta” che gli pare improvvisata e pericolosa. Non ama la Bindi e ancor meno i “centristi” di Casini. E per il futuro vede un’intesa fra una DC del tutto nuova e il PDS.
Roma
– Senatore, ma perché tiene tanto a quel nome?
Perché Democrazia Cristiana indica una tradizione, dei valori, una presenza. Indica una storia. E oggi non è la storia del partito che va cancellata o rifatta: vanno corretti gli errori e le degenerazioni, vanno allontanati i pochi o i molti che hanno sbagliato.
Lei però riconoscerà che la degenerazione è stata grande, grandissima …
Certo
che lo riconosco. Ed è per questo che dico che dobbiamo ripensare
radicalmente noi stessi. Altrimenti sa qual è il pericolo vero?
Qual è il pericolo vero?
Non
scomparirà la DC, ma scompariranno i cattolici democratici. Diventeranno
schegge, merce di scambio, truppe assoldate in questo o quello schieramento. E
io francamente non credo che il futuro della politica debba essere assegnato
ad aggregazioni indistinte, “alleanze democratiche” o “unioni di
centro” di cui la sola cosa che si capisce è la confusione.
Però la logica della legge elettorale è che due schieramenti alternativi si sfidino per il governo del paese. Lei non è d’accordo?
Vede,
è un’illusione pensare che la riforma elettorale risolva i problemi della
politica. Qui si pensa che chi ha la maggioranza vince, e allora ci si mette
tutti insieme per vincere. Ma questa non è politica. Facciamola, la riforma.
E poi votiamo. Che succederà? Che ci saranno tre blocchi: noi, il PDS e la
Lega. E allora PDS e Lega, se lo vorranno, potranno fare insieme la
“rivoluzione democratica”. Auguri.
Lei ci crede davvero all’alleanza fra PDS e Lega? O non è piuttosto una DC a cercare i favori di Bossi?
Guardi,
almeno su questo punto io non ho bisogno di rinnovarmi: da una vita sostengo
che l’esito naturale della vita politica italiana è l’incontro fra e
grandi forze popolari, fra la DC e il Pci. Ma Occhetto da quest’orecchio non
ci sente. E non capisce che il pericolo vero, oggi, viene da destra.
Alla destra, cioè alla Lega, lei contrappone un’alleanza DC-PDS?
A
me le formule interessano relativamente. Però credo che le alleanze debbano
essere fatte sulla base della politica. E mi chiedo: ci sono più punti di
contatto fra la sinistra e il mondo cattolico democratico, oppure fra la
sinistra e le armate di Bossi?
Però non ha risposto alla domanda di prima: e se fosse proprioo la DC ad allearsi con la Lega?
Le
rispondo subito. È strutturalmente impossibile, mi creda. La base popolare
della DC è riformista, educata alla tolleranza, aperta al cambiamento. E il
magistero della Chiesa certo non esorta a destra.
Sa cosa dice di lei Bodrato?
No.
Dice
che lei sta facendo come Sturzo: di fronte ad un mutamento che non condivide,
e che avversa, se ne sta ritto e immobile, perché l’onda passerà e ci
vuole qualcosa da cui ripartire. Si riconosce in questo ritratto?
Io
non penso di essere Sturzo, ci mancherebbe. Però nel ’22 c’erano 100
deputati del Partito popolare: quattro o cinque di loro hanno resistito al
fascismo. Gli altri si sono adeguati. Senza quei cinque popolari in esilio, De
Gasperi non avrebbe potuto fare la DC.
Lei crede che il fascismo sia alle porte?
Per
carità. Però anche Mussolini era “nuovo”.
Senatore Granelli, resta il fatto che la DC di trova in un mare di guai: il Muro di Berlino che non c’è più, Tangentopoli, la legge elettorale maggioritaria…
Ha
fatto bene a parlare del Muro. Perché è bene diradare un equivoco: la DC non
è mai stata la “diga” anticomunista. De Gasperi, contro Gedda e mezza
gerarchia, ha fatto l’alleanza con i laici, e poi con il Psi anziché con i
monarchi e i fascisti. L’unità politica dei cattolici non c’è mai stata:
c’è stata invece un apolitica dei cattolici democratici. Per questo il
crollo del Muro non intacca la nostra identità.
Secondo lei la DC non è da rifare?
Rifare
non vuol dire cancellare. Mi vien da ridere quanto sento dire da Castagnetti
che bisogna cambiar nome in gran fretta, perché altrimenti a novembre
perdiamo le elezioni. Ma la nostra crisi è ben più profonda, diamine! Ci
vorranno anni per superarla. Pensiamo davvero che basti buttar via il nome?
Perché allora Martinazzoli vuol cambiarlo?
La
situazione è estremamente difficile, me ne rendo conto. Ma io credo che non
si sia riusciti a tracciare con nettezza la linea che deve separare che è
nella DC da chi invece se ne deve andare per sempre. E dunque ora pensano ad
una scorciatoia: pensano a cambiare l’etichetta, l’immagine, perché è più
facile. Ma questa è una tragica illusione.
Il nome è un’illusione?
Guardi, il nome si può anche cambiare… Però mi ascolti: se si fanno davvero i cambiamenti necessari il nome diventa irrilevante. Se invece non si fa nulla, anche cambiare il nome non serve a nulla.
Granelli, lei non si sente il nostalgico di un mondo che è finito per sempre?
Mai
nulla finisce per sempre. Non basta essere nuovi per dominare la storia, mi
creda. Quando la politica è venuta meno, sono entrate in campo le oligarchie
finanziarie, le lobbies, i poteri occulti …
Senatore, quando è venuta meno la politica?
Quando
Moro è stato assassinato. Se lo ricorda il “preambolo”? era il 1979. lì
è cominciata la subordinazione della DC al Psi, la lottizzazione,
Tangentopoli. Prima di allora avevamo commesso tanti errori: ma la nostra
esperienza fino a Moro è tutt’altro che disprezzabile. Per questo
non parlerei di “vecchia DC”: la vecchia DC è come una vecchia
locanda, ha un sapore di cose buone… E’ la DC recente
che è da buttare.
Lei che cosa rimprovera a Martinazzoli?
Lui
dice: “Rinnovare senza rinnegare”, e a me va bene. Ma è circondato da
collaboratori che lo incitano a commettere errori. Se dovesse far decidere lo
scioglimento della DC dall’assemblea di luglio, si assumerebbe la
responsabilità di una rottura grave.
Com’è la nuova DC per lei?
È
un partito che magari non va al governo, ma che per costume, per programma,
per credibilità lascia aperta la strada della collaborazione a sinistra.
Lei continua a negare la possibilità dell’alternativa…
Alternativa
a che cosa? Alla DC? A me pare un’idea vecchia. Comunque, se Occhetto vuol
farla, la faccia. Mi sembra che lo stiamo aiutando in tutti i modi. Secondo me
il problema però è un altro.
Qual è il problema?
Se
finisce la questione democratica, si apre la questione cattolica. I cattolici
non sono il blocco moderato, ma non sono neanche la sinistra. Questo è un
fatto. L’esistenza di un partito cattolico si giustifica così, non può
esser cancellata.
Che cosa la divide da Rosy Bindi?
Io,
la Bindi l’ho anche appoggiata, a suo tempo. Ma non può disporre di un
partito come di una proprietà
privata. Non può imporre norme liberticide che calpestano il diritto. Non può
eleggersi un’assemblea a patto che chi vi partecipa sia d’accordo con lei.
Come si fa ad essere simultaneamente il segretario della DC e il leader di un
altro partito? Se non è trasformismo questo…
La Bindi è vista da molti come l’apri-pista di Martinazzoli. Non è così?
Mi
auguro che non sia così. Ad Abano è emersa in modo clamoroso l’assenza di
una cultura democratica. Guardi, io non discuto nel merito: i contributi di
programma mi sembrano molto modesti, ma comunque possono essere utili. Certo,
l’equidistanza dalla Lega e dal PDS mi pare sia un passo indietro
addirittura rispetto a segni… Ma il punto è un altro: non si può
precostituire in Veneto ciò che accadrà a Roma. È inaccettabile sciogliere
un partito per decreto. E a Martinazzoli chiedo di prendere la guida della DC veneta fino alla costituente, a garanzia dei
DC di quella regione.
E se Martinazzoli rispondesse picche?
Il
segretario di un partito nazionale deve assumersi le sue responsabilità. Sa
che cosa potrebbe succedere, altrimenti?
Che cosa?
La
diaspora, ecco che cosa potrebbe succedere. Ognuno per conto suo. Dopo quello
che è successo in Veneto, perché Mastella non potrebbe farsi la sua
“unione centrista” in Emilia? E allora addio DC. Ma l’addio alla DC può
darlo soltanto un congresso.
Il congresso ci sarà, in autunno, non è così?
E
chi lo sa? Ho sentito la Russo Jervolino dire che il congresso sarà il primo
del nuovo partito. Eh no, io non ci sto. Il prossimo sarà il congresso della DC. Milito da quarant’anni nella
DC, e voglio concludere la mia esperienza
politica nella DC.
Lei
nel nuovo partito non ci sarà?
E
chi lo sa che cosa sarà il nuovo
partito. Certo io non mi faccio ingaggiare senza neppure esser consultato.
L’Unità
13
luglio 1993
intervista di Fabrizio
Rondolino