Per il ministro è impossibile un’alleanza Montedison-Eni nella
chimica. Il responsabile delle Partecipazioni statali non esclude però la
possibilità di joint-venture in alcuni comparti.
Il settore ha raggiunto un deficit di 7 mila miliardi nella bilancia
commerciale. Il problema presto al Cipi.
Roma – Granelli boccia l’alleanza Montedison-Enichem. È impossibile dar vita ad una joint-venture con la partecipazione pubblica subordinata. È impossibile che il gruppo chimico dell’Eni possa essere venduto a Foro Bonaparte. Il ministro delle Partecipazioni statali ha definitivamente chiuso il capitolo polo chimico lasciando, tra le righe, soltanto un piccolo spiraglio. “E’ più corretto parlare di un piano chimico nazionale in cui ricercare sinergie tra Montedison ed Enichem” ha sostenuto intervenendo ieri mattina alla commissione attività produttive della Camera.
L’audizione di Granelli non ha evitato accenni alla maxi fusione Ferruzzi-Montedison. Il ministro non ha nascoste alcune preoccupazioni legate alla vicenda. “La delicatezza della situazione creatasi con l’avvio di un nuovo assetto della Montedison, per quanto attiene agli effetti finanziari e la tutela del risparmio, richiede grande attenzione da parte del governo, ma ciò rende ancora più urgente, in sede Cipi, la definizione di un disegno unitario di politica industriale per il settore che consenta di individuare su basi nuove sinergie, utili intese, accordi specifici nel rapporto tra pubblico e privato eliminando così duplicazioni e dispersione di risorse che rendono assai fragile e scarsamente competitivo questo comparto strategico dell’economia italiana nel contesto internazionale”.
La bocciatura del responsabile del dicastero delle Partecipazioni statali appare perfettamente in linea con la posizione espressa alcune settimane fa, dal presidente dell’Eni, Franco Reviglio. “L’ente petrolifero di Stato – aveva detto davanti ad una platea di giornalisti esteri – non intende uscire dalla chimica e non vuole avere un ruolo subordinato o di semplice partecipazione finanziaria”. D’intesa con il ministro dell’Industria Adolfo Battaglia verrà definito un disegno unitario di politica industriale per la chimica al Cipi. Dopo aver ricordato che il settore ha portato ad un disavanzo nella bilancia commerciale italiana di 7 mila miliardi di lire, Granelli ha elencato i fattori di debolezza del comparto e cioè una insufficiente dimensione delle imprese, una inadeguata spesa per la ricerca e lo sviluppo, alcune diseconomie logistiche ed il frazionamento delle attività.
Il ministro ha annunciato che il governo intende definire in sede Cipi anche le misure di accompagnamento della politica industriale per il settore chimico che saranno incentrate sul coordinamento dei programmi di ricerca e di formazione del personale specializzato, sulla definizione di strumenti di sostegno alla mobilità ed alla riqualificazione della manodopera e sulla messa a punto di normative e interventi capaci di conciliare sviluppo produttivo e tutela ambientale. “Anche perché – ha sottolineato il ministro – lo Stato dovrà comunque far fronte, sulla base di un preciso programma, all’esigenza di completare la ristrutturazione e lo sviluppo della chimica italiana sia sul versante di un diretto sostegno al settore pubblico sia con incentivi al privato, non soltanto ai grandi gruppi ma anche alle piccole e medie imprese”.
Un commento a caldo sull’audizione svolta dal ministro delle
Partecipazioni statali alla commissione attività produttive è stato espresso
dal comunista Salvatore Cerchi, mentre gli altri componenti della commissione
si affrettavano a raggiungere l’aula di Montecitorio per le votazioni sulla
legge finanziaria. “L’Enichem – ha detto Cerchi – è stata costretta
ad una situazione di paralisi in attesa di avere una risposta dalla Montedison
e non ha potuto misurarsi pertanto in una politica di crescita come gli altri
gruppi internazionali. Le attuali vicende di Montedison – ha poi concluso
l’esponente comunista – rischiano di far partecipare in una crisi profonda
il gruppo privato per il quale sono sempre da escludere salvataggi vecchia
maniera da parte del gruppo pubblico”.
la Repubblica
4 febbraio 1988
Giovanni Scipioni