Intervento del ministro delle Partecipazioni statali alla festa dell’Unità
Bologna – Il grande schermo rimanda le immagini del contadino emiliano-ecologista, il quale racconta “Prima usavo i veleni per i miei campi. Poi mi hanno insegnato questa lotta ecologica. Adesso, non ci sono più puzze nelle colture. E poi, anche per noi stessi, per la salute, via… La produzione è buona la stesso”. Il tendone centrale della Festa dell’Unità si riempie in fretta. Il richiamo “ambientale” esercita il suo fascino sui militanti comunisti e sui curiosi reduci dalle trattorie della kermesse. Il tema è, in effetti, di quelli che più “tirano” di questi tempi. E sul palco sono allineati Elisabeth Alteköster, verde tedesca; Gianni Mattioli, verde italiano; Luigi Granelli, ministro delle Partecipazioni statali; Giovanni Berlinguer, responsabile del PCI per la politica ambientale; Francesco Corleo, presidente del Movimento deferativo democratico, gruppo di verdi cattolici. Ce n’è abbastanza per processare “la cultura del saccheggio del territorio”, e per essere tutti d’accordo.
Al di là delle parole d’ordine, ci sono questioni urgenti e concrete che dividono i contendenti. Due per tutte: individuare il nemico inquinatore, decidere quali strategie adottare e con quali alleati. Giovanni Berlinguer, richiamando disastri come quello della Valtellina, dice: “A mio parere si tratta di calamità naturali”. A chi pensa che progresso e protezione dell’ambiente siano inconciliabili, Berlinguer ricorda che è esattamente il contrario, come dimostra ancora la Valtellina, dove una dissennata politica del territorio ha portato alla distruzione del sistema economico. Come l’inquinamento dei mari e dei fiumi ha cancellato attività redditizie come la pesca, ad esempio.
Luigi Granelli, ministro democristiano e politico accorto, non si lascia cogliere impreparato. Parla come un uomo dell’opposizione non come il rappresentante del partito al governo da 40 anni. “Lo sviluppo – ammette – è stato forte, ma il prezzo che rischiamo di pagare è troppo alto”. E va più in là, il leader della sinistra DC. “Sono contento del successo dei movimenti che esprimono inquietudini della società”, dice rivolto ai Verdi. Poi tende la mano ai comunisti: “Quella dell’ambiente dev’essere una grande questione nazionale, da affrontare senza steccati ideologici. Bisogna cercare possibili convergenze fra il governo e le forze di opposizione”. Da uomo di governo, Granelli fa alcune proposte: già la prossima legge finanziaria dovrà stanziare risorse massicce per il ministero dell’A,ambiente; questo dovrà dare parere di impatto ambientale per tutte le opere pubbliche; snellimento della burocrazia deputata a far rispettare le leggi vincolistiche (innanzitutto la “Galasso”, che il ministro però non cita). Dulcis in fundo, Luigi Granelli propone al suo partito di non schierarsi sul referendum di novembre contro il nucleare, suggerendo ai propri elettori di “votare secondo coscienza”.
La platea sa che quel signore pacato non è un compagno di strada. Ma coglie nelle sue parole preoccupazioni che vanno al di là della furberia politica. Applaude con cortesia, ma ovviamente parteggia per Berlinguer. Finchè non ci pensa Gianni Mattioli a solleticarne i sentimenti più caldi. Esordisce così, il deputato verde: “Sono un comunista in libera uscita, che aspetta da tempo di rientrare”. Certo rimane il rebus se i Verdi sono di destra o di sinistra, ma l’auditorio comunista lo risolve, almeno per Mattioli, il quale dice: “L’austerità di Enrico Berlinguer fu un episodio poco capito e poco praticato nella sinistra. Quella era un terreno sul quale costruire l’identità della sinistra”. Enrico Beringuer è un nome magico, e lì sul palco c’è suo fratello. Il battimani impedisce al leader antinucleare di andare avanti per qualche minuto. Poi, a parte le trovate, Mattioli rammenta a chi accusa la cultura operaia di essere anti-ecologica che già nel ’79 la Federazione di metalmeccanici si pronunciò contro l’uso dell’atomo nella produzione energetica. Infine, il “colpo” al governo Goria. “Quando proponemmo al presidente del Consiglio – racconta – cinque punti di programma per appoggiare il governo, Goria ci rispose di sì. Ma credo che non li avesse capiti. E infatti, il giorno dopo, ci disse di no, e non se ne fece nulla”. “Uno dei cinque punti – rivela infine Mattioli – era il blocco assoluto di esportazioni di armi”.
Ai partiti italiani che discutono, Elisabeth Alteköster porta l’esperienza dei Grüne. Per una politica ambientale, dice la rappresentante dei Verdi tedeschi, esistono due strade: limitare i danni dell’industrialismo o trasformare la produzione con interventi di “prevenzione”. La prima non serve a nulla, secondo l’Alteköster, la seconda pone seri problemi di gestione. Allora? Allora bisogna fare i conti con le risorse, e smetterla con la politica degli sprechi. I mille ascoltatori applaudono. Un gruppo di ragazzini salta sul podio per distribuire un volantino che accusa di “saccheggio” il sindaco comunista di Forlì. Il servizio d’ordine è sorpreso e imbarazzato. La gente si divide fra chi sta col “compagno sindaco” e chi, in nome dell’ambiente, non guarda in faccia nessuno.
la Repubblica
12 settembre 1987
Antonio Del Giudice