Il senatore Granelli anticipa i temi dell'importante vertice dei ministri scientifici
Il
«Vecchio continente» si interroga sulla politica spaziale
Roma
– La settimana entrante, per due giorni, mercoledì 30 e giovedì 31, Roma
diventerà sede del più importante vertice europeo di politica spaziale che
si svolge dal 1977 a questa parte. Saranno presenti i ministri scientifici
degli undici Paesi membri dell’ESA, l’Agenzia spaziale europea (Belgio,
Danimarca, Francia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Repubblica
Federale Tedesca, Spagna, Svezia e Svizzera) e tre associati (Austria, Canada
e Norvegia).
L’incontro
dovrà servire a disegnare il nuovo volto dell’esplorazione spaziale europea
nel prossimo decennio, cioè in un intervallo di tempo decisivo che vedrà il
passaggio dalla fase pionieristica all’insediamento permanente dell’uomo
in orbita terrestre.
Promotore
di questo vertice è stato il ministro per la Ricerca Scientifica Luigi
Granelli, nel semestre da poco scaduto, in cui ha ricoperto il ruolo di
presidente di turno del Consiglio dei ministri scientifici dell’ESA.
Al
senatore Granelli abbiamo chiesto di anticiparci i temi fondamentali di questa
conferenza e di illustrarci la posizione italiana sui possibili sviluppi della
collaborazione spaziale europea.
“L’idea
di questo vertice europeo è nata l’anno scorso a Nordwick, in Olanda,
durante le celebrazioni per i 20 anni di collaborazione europea in campo
spaziale – racconta Granelli -. Si era da poco manifestata la proposta di
Reagan ad alcuni Paesi europei di partecipare alla realizzazione della prima
stazione spaziale in orbita attorno alla Terra. D’altra parte gli sviluppi
rapidi della tecnologia ed i successi di alcune imprese comuni facevano
sentire l’urgenza di formulare un nuovo programma di lungo periodo. Così
proposi, con l’adesione di tutti, la convocazione di un vertice dei ministri
con tre obiettivi fondamentali: 1) definire il nuovo programma di politica
spaziale europea; 2) inquadrare nell’ambito di questo programma, la risposta
agli Stati Uniti per la costruzione della stazione spaziale; 3) sottoporre a
un giudizio critico il funzionamento dell’agenzia spaziale europea allo
scopo di migliorarne la gestione”.
Il
vertice romano dovrà in pratica decidere se l’Europa potrà entrare da
protagonista nel grande spazio oppure se dovrà restare al rimorchio degli
Stati Uniti.
“L’Italia
– spiega Granelli – si presenta con una proposta che potrebbe essere
risolutiva in quanto consentirebbe sia di sviluppare una stazione spaziale
europea indipendente da quella americana, che di partecipare alla
realizzazione di un segmento della stazione americana”.
Questa
proposta si chiama Columbus dal nome di un progetto sviluppato insieme
dal nostro Paese e dalla Repubblica Federale Tedesca. Columbus è un
elemento-base di stazione spaziale derivato dal modulo dello Spacelab,
il laboratorio spaziale europeo che ha volato l’anno scorso a bordo della
navetta americana.
“Più
moduli Columbus uniti insieme potrebbero costituire la futura stazione
spaziale europea, come pure potrebbero integrarsi con la Space station
americana, afferma Granelli”.
Il
nostro Paese ha un evidente interesse industriale a sostenere in sede europea
il progetto di stazione spaziale basato su Columbus perché alcune
industrie di punta del settore (Aeritalia, Selenia, Laben) sono fra quelle che
hanno maggiormente contribuito a realizzare il modulo dello Spacelab da
cui il Columbus deriva.
“E’
difficile immaginare una reale autonomia spaziale europea – aggiunge
Granelli – se parallelamente alla stazione spaziale non si sviluppano i
progetti di un lanciatore per i carichi e di una navetta spaziale europea per
il trasporto degli uomini. Per questo noi siamo, in linea di massima,
favorevoli ad una partecipazione più ampia degli altri Paesi europei al
missile Ariane 5”.
Nel contesto europeo c’è chi, d’accordo con l’Italia, spinge il piede sull’acceleratore dell’Europa spaziale e chi è più portato alle realizzazioni nazionali.
“Questi sono i nodi principali che la conferenza di Roma dovrà sciogliere – dice
Granelli -. Ma al di là dei programmi, un dato è certo: nei prossimi 10
anni, secondo i calcoli più recenti, l’ESA vedrà incrementate di una
percentuale variabile tra il 60 e il 70 per cento le risorse destinate alle
imprese spaziali che oggi si aggirano sui 1.200 miliardi di lire all’anno. I
risultati finora ottenuti sono stati incoraggianti. Ritengo quindi che sarà
possibile per il nostro continente giocare un ruolo di protagonista pur
partecipando in maniera equilibrata, alla collaborazione con gli Stati
Uniti”.
Le
grandi strategie non ci devono fare dimenticare, tuttavia, che l’Italia ha
dei problemi da risolvere con gli altri partners dell’ESA. Il nostro Paese
investe oggi 16 miliardi all’anno nei progetti spaziali europei, pari al 14
per cento del budget ESA (occupiamo il quarto posto dopo Germania, Francia e
Inghilterra). Eppure mentre altri Paesi hanno un “ritorno” sotto forma di
commesse alle industrie nazionali superiore alle somme erogate, noi percepiamo
da diversi anni commesse inferiori agli investimenti.
“La
situazione è migliorata – dice Granelli – ma non ancora soddisfacente.
Bisogna percepire una percentuale di ritorni industriali eguale per tutti i
Paesi e studiare meccanismi di compensazione finanziaria.
L’Italia sta anche preparando un totale rinnovamento della sua gestione spaziale.
“Subito dopo la conferenza – annuncia il ministro Granelli – renderò
pubblico un progetto di legge per la costituzione di un ente spaziale italiano
flessibile, non burocratico. La gestione della politica spaziale sarà
affidata a questo ente mentre il CNR, liberato da problemi gestionali, potrà
occuparsi con maggiore efficacia della parte scientifica”.
Corriere
della Sera
25 gennaio 1985
intervista di Franco Foresta Martin