LA LEZIONE DI UN INTRANSIGENTE

Il testamento politico di Luigi Granelli

Sull'ultimo numero della rivista "Enne effe", Virginio Rognoni ricorda l'amico. "Luigi ci manca molto - scrive - manca il suo giudizio, manca il suo gesto". E, in una stagione in cui risuonano rumori di guerra, Rognoni ricorda le riserve e le denunce di Granelli sull'impiego della forza, soprattutto quando l'intervento non fosse sostenuto dall'Onu.

A due anni dal discorso, che possiamo dire "testamento politico", pronunciato al congresso del Partito a Rimini di Luigi Granelli la rivista "enne effe", pubblica nel suo ultimo numero in edicola, un partecipato ed affettuoso ricordo dell'amico scomparso, a firma di Virginio Rognoni. Quella tra Rognoni e Granelli è stata un'amicizia forte, rinvigorita dalla dialettica propria di personalità vivaci ed aperte al nuovo nel solco della tradizione dei cattolici impegnati in politica. E da una reciproca stima culturale ed ideologica. Dalla condivisione di un progetto sociale e democratico al quale Luigi Granelli è stato sempre indeflettibilmente fedele in un arco di tempo della storia italiana che ha registrato la caduta del fascismo, "la Resistenza", l'avvento della Costituzione e della Repubblica, il primato della presenza dei cattolici nella guida del Paese, la "discesa in campo", con quel che ne è conseguito ai giorni d'oggi, di Silvio Berlusconi. Non sembri cinismo eccessivo, pensare che il destino ha risparmiato a Granelli una stagione per lui davvero insopportabile. "Luigi ci manca molto, manca il suo giudizio, manca il suo gesto". Comincia così il ricordo di Rognoni, riferendosi alle tante battaglie combattute in seno alla DC fin dagli anni '50 ed al Governo, Luigi ministro per la Ricerca scientifica e poi delle Partecipazioni statali.

I riferimenti più vivi sono al discorso di Rimini, ultima presenza pubblica di Granelli, intervento forte nella denuncia e dirompente in difesa disperata del Partito che aveva servito con eccezionale costanza, coraggio e coerenza.. Senza mai scendere a compromessi e talvolta ricorrendo alla durezza quando vedeva affievolirsi, anche negli amici più vicini, la combattività e la rigorosa fedeltà agli ideali.

Grande oratore - scrive Rognoni su "enne effe" - Luigi era analista rigoroso, sapeva essere appassionato tribuno quando era necessario esserlo in qualsiasi assemblea. Nessuno voleva perdere i suoi interventi. Era un politico esigente e rigoroso, anche verso se stesso. Informatissimo. A Rimini (il male gli concedeva ormai pochi mesi di vita), esplose ancora una volta innanzitutto la sua forza morale; alza la frusta sul Congresso e lo sferza impetuoso. Lui, e non altri, poteva dare una frustata del genere, la sua dirittura e consistenza morale gli riconoscevano questo diritto". Ostinata la difesa della Costituzione, carta "sacra" per Granelli; metterla in discussione per piegarla ad interessi contingenti, era imperdonabile. In questo, Granelli, condivideva appieno il pensiero dei Dossetti, vecchio combattente di "Cronache sociali": Ed in questa stagione in cui funesti risuonano i corni di guerra, Rognoni ricorda le riserve e la denuncia di Luigi sul contraddittorio impiego della forza per interventi c.d. umanitari: soprattutto quando l'intervento dello strumento militare non abbia la copertura delle Nazioni Unite, purtroppo metafora sbiadita del "governo del mondo". Rognoni ricorda poi le nobilissime battaglie solitarie, ma non inutili di Granelli. Come la fondazione dell'Associazione dei popolari intransigenti. Perché quell'aggettivo, si domanda Rognoni. La risposta è di Castagnetti: intransigente rea proprio lui, intransigente verso se stesso prima ancora che verso gli altri, in un momento in cui ogni cosa sembra essere regolata dalla compromissione e dal relativismo. Intransigenza, quella di Granelli, "intrigante e coinvolgente verso ognuno di noi". (Ricordo come nacque questa iniziativa, accompagnata dalla pubblicazione "fatta in casa" di una agenzia scritta e stampata da Granelli in giornate intere passate davanti al computer. Da Milano me ne portava le copie che recapitavo ai giornali romani o facevo incasellare per gli amici deputati e senatori. A volte, devo confessarlo, accoglievo con scetticismo tali iniziative che sembravano cadere nella distrazione dei più nonostante il sacrificio e la generosità del promotore. "Noi diceva Luigi - generosamente associandomi a così particolare impegno - dobbiamo dirle queste cose; dobbiamo cercare di aprire gli occhi agli amici che non vedono i pericoli che corre il Partito, la democrazia, il Paese. E' un dovere al quale non ci possiamo sottrarre": Alludendo così alla parabola del buon seminatore.

E' l'ultimo contributo offerto da Granelli alla meditazione di tutti noi; quel prezioso volumetto "Messaggi in bottiglia", fatto stampare dalla moglie Adriana e dal figlio Andrea, in memoria ed a ricordo di un uomo che ha lasciato un segno nella storia della DC e del Partito Popolare a cui aderì nel segno di una continuità sofferta, ma decisa e costruttiva. Rognoni ricorda le battaglie di Granelli per la difesa del nome e del simbolo della DC: una battaglia straordinaria. "Io - dice Rognoni - ho condiviso l'opinione prevalente che si dovesse cambiare il nome, che fosse opportuno fare così e non capivo l'ostinazione e la caparbietà di Luigi. Tuttavia, oggi gli darei ragione, e non so come sarebbe andata la storia di questo Paese, se fosse prevalsa la sua opinione". Sintetizzare, per i lettori del "Popolo", l'interessante e per molti aspetti commovente ricordo che di Granelli ha fatto Virginio Rognoni è un atto di gratitudine e di omaggio per il servizio prezioso e da non dimenticare, che Luigi ha reso alle nostre idee ed alla democrazia.

Franco Frulli
Il Popolo, sabato 28 settembre 2002