seconda serie Costituzione – DOCUMENTO 9 (settembre 1999)

La Costituzione non va stravolta nel riformarla. Ci possono
essere modificazioni della seconda parte capaci di portare a
riduzione dei diritti dei cittadini garantiti dalla prima parte.
Giuseppe Dossetti

COSTITUZIONE : SCAMBIO SU TUTTO

Da quando D'Alema è a Palazzo Chigi non ha cessato un istante di pensare a riprendere, d'intesa con Berlusconi, il fallimentare inciucio della Bicamerale. Completare la legislatura come Premier e avere all'attivo, in qualche modo, una riforma della Costituzione è il massimo dell'ambizione. Ma il prezzo, dal punto di vista democratico,. è altissimo. In materia costituzionale il ruolo dei Parlamento prevale su quello dei Governo. A Prodi non era consentito di interferire nei lavori della Bicamerale che doveva sancire il trionfo politico dei suo Presidente.

Ora è il Governo, nemmeno la sua maggioranza, che si accorda, grazie a vistose concessioni, con Berlusconi (o anche con Fini) per stravolgere la Costituzione e imporre la ratifica al Parlamento. Il disegno di D'Alema resta quello di riscrivere a pezzi la Costituzione utilizzando il preconfezionato della Bicamerale. Non a caso si è partiti dal "giusto processo" che piace tanto al cavaliere di Arcore. Poi si è aggiunto un po' di "presidenzialismo" con l'elezione diretta dei Presidenti delle Regioni. Un ritorno alla grande della regola: scambio su tutto.

Nella maggioranza tutto tace. I popolari sono super allineati, con i costituzionalisti in prima linea. Altri, perplessi, stanno a vedere. Poi è bastata la decisione dei Governo sulla "par condicio" e qualche accenno al conflitto di interessi per far saltare anche il nuovo tavolo. Prima della pausa estiva erano volati insulti. Senza nuovi scambi niente riforme aveva annunciato Berlusconi. Andremo avanti lo stesso minacciava D'Alema e la maggioranza, specie i Ds, si era rianimata. A settembre la scena è cambiata : per Berlusconi si può riparare di riforme se ci sono altre concessioni; per D'Alema le scelte dei Governo si possono negoziare in Parlamento.

Ai contenuti delle riforme non si guarda. Anche le sollecitazioni del Capo dello Stato, come dei Presidenti delle Camere, a fare comunque le riforme, sono esposte a rischio. Sartori osserva, giustamente, che "se le riforme in cantiere non sono buone, premere, promuovere, spingere, senza precisare per che cosa, non sembra utile". Intanto, per prudenza, Berlusconi vuole incassare, senza modifiche, quanto ha già avuto: giusto processo, elezione diretta dei Presidenti delle Regioni, e - per tener buono Fini - voto degli italiani all'estero. Poi occorre un nuovo do ut des. Veltroni ed il Ppi assicurano una approvazione rapida, senza ripensamenti. E pensare che i Costituenti hanno introdotto la procedura della "doppia lettura" per poter sino all'ultimo modificare punti controversi. D'Alema è pronto per l'inciucio dei capitolo successivo. E' iniziato un conto alla rovescia ad alto rischio. Dossetti insorgerebbe e i "popolari intransigenti" non possono tacere. D'Alema sembra voler praticare un "berlusconismo" per cosi dire colto al fine di neutralizzare le obiezioni interne alla maggioranza grazie ad intese spregiudicate con una parte dell'opposizione. Un gioco a due con i partiti ridotti a comparse. Cosa si aspetta per reagire ? Invece aumenta il numero di chi non sente, non vede, non parla.

MA E' GIUSTO PROCESSO ? la Costituzione non è il codice

Si possono certo ribadire più esplicitamente nella Costituzione i diritti dell'imputato ad una tutela pari alla pubblica accusa e le garanzie riguardanti un giudice terzo, imparziale, soggetto solo alla legge. Si tratta di principi già scritti ma la loro forte riaffermazione può essere utile per il legislatore ordinario. Sarebbe questa una corretta definizione costituzionale dei giusto processo. C'è invece una coda che è la vera ragione della riforma. L'intesa con Berlusconi si è fatta introducendo norme volte ad influenzare i processi più che a riequilibrare il rapporto tra difesa ed accusa.

Entra cosi in Costituzione anche una specie - di "super 513" che, aggirando definitivamente le obiezioni della Corte Costituzionale, potrà essere utilizzato, senza discussioni o leggi ordinarie, con effetti che porteranno a rifare molti processi. E' noto che con questa soluzione le dichiarazioni rese in istruttoria, non confermate nel dibattimento anche a seguito di pressioni sui testimoni, saranno nulle e bisognerà ricominciare da capo. Il giusto processo, anziché accorciare i tempi con uno snellimento di procedure, li allungherà favorendo prescrizioni che sono meglio dell'amnistia.

Alla critica che queste norme sono materia di legge ordinaria, un autorevole parlamentare della maggioranza al Senato ha risposto che si è "dovuto inserirle nella Costituzione per sottrarle al giudizio di merito della Corte Costituzionale". In questa ottica la Costituzione diventa un Codice immodificabile per risolvere i problemi di alcuni imputati, la legge costituzionale una specie di decreto "omnibus" in cui il Governo infila, all'ultimo momento, norme da varare in fretta senza troppe discussioni. Più che una riforma è un grave strappo alla Costituzione, un precedente inquietante.

La seconda parte andrebbe stralciata e approvata con legge ordinaria immediatamente applicabile. Perché il Ppi non lo propone ? Se nessuno reagisce non si può poi attaccare Di Pietro anche quando difende la trasparenza dei processi. Anche nel merito ci sarebbero soluzioni più corrette. Carlo Federico Grosso, ex vice presidente di Consiglio Superiore della Magistratura, riconosce che nessuno va condannato se le dichiarazioni rese in istruttoria non sono oggetto dei dibattimento, ma si domanda perché non rendere obbligatorio il contradditorio in aula per chi ha liberamente deciso di parlare ? E' semplice: perché se non c'è la possibilità di rifare i processi la riforma non interessa né a Berlusconi, né ad altri.

IL FALSO SCOPO

Il Ppi aveva posizioni molto importanti in materia di riforma della Costituzione. Le sue proposte, approvate dai congressi, affondavano le radici nel determinante contributo dei "professorini" della Dc all'Assemblea Costituente, nella grande tradizione dei giuristi cattolici - da Capograssi a Dossetti - e potevano essere, come sono, un punto di riferimento prestigioso anche per una riforma senza stravolgimento della Costituzione. Il Governo dei Premier collegato ad una chiara maggioranza, I'istituto della sfiducia costruttiva, un vero ordinamento per le autonomie regionali - rafforzato da una Camera delle Regioni - una limpida visione dei problemi del diritto e di una giustizia uguale per tutti sono punti qualificanti. Dalla Biacamerale in poi tutto questo patrimonio è stato azzerato. Si è inseguito e si insegue D'Alema nel suo spregiudicato inciucio con Berlusconi. E così anche l'identità dei Ppi si dissolve.

STRAPPO PRESIDENZIALISTA PER LE REGIONE

Nel pacchetto promesso a Berlusconi, prima dell'estate, c'era anche la legge costituzionale sulla elezione diretta dei Presidenti delle Regioni. Nonostante le perplessità e le riserve nella maggioranza si è proceduto senza troppe discussioni. Qualcuno dice che si vedrà poi alla Camera. Anche qui criteri di elezione, norma transitoria "presidenzialistica", in attesa degli Statuti delle Regioni che apriranno la via a leggi elettorali a piacimento, vengono "blindate" in Costituzione per poterle applicare, insieme a disposizioni antiribaltone che sono il contrario della "sfiducia costruttiva", nelle prossime elezioni regionali. Nel Ppi si è levata solo la protesta dei presidente Bianco. Il cedimento continua con la legge elettorale. Il progetto Amato-Vilione, che aveva provocato le dimissioni dal Popolo di Bodrato, e una marcia indietro della direzione, è considerato un buon punto di partenza da Marini. Basta dare qualche punto in più di diritto di tribuna a Bertinotti e Bossi. Per il Ppi sembra importante assecondare le richieste dei Ds e l'intesa con Berlusconi. Così si spera di ottenere più posti. Non si pensa nemmeno che potrebbe capitare, anche al Ppi, di doversi presentare da solo e ridursi al diritto dì tribuna. E pensare che, ora, non c'è più nemmeno l'alibi di salvare la Bicamerale. Intanto altri rilanciano il modello della legge elettorale tedesca con sbarramento, premio di coalizione e sfiducia costruttiva: una proposta originale della Dc e del Ppi ancora valida.

OPINIONI A CONFRONTO

Da un articolo del prof. Vittorio Grevi, noto esperto dei problemi della giustizia, apparso sul "Corriere delle Sera" dell'8 luglio 1999 : "Nel progetto costituzionale dedicato al giusto processo si prevede che la legge ordinaria regoli la ricaduta delle nuove disposizioni sui procedimenti in corso, sebbene possa sembrare strano che i grandi principi costituzionali debbano soggiacere ad una normativa transitoria. Ma forse proprio per questo affiora la consapevolezza che in realtà, nella disciplina costituzionale che si vorrebbe introdurre, accanto ai principi fondamentali, vi sono anche numerose disposizioni aventi natura di semplici regole, come tali assai più adatte a trovare un posto in un codice anziché nella Costituzione. Lascia fortemente perplessi il proposito di inserire nel tessuto costituzionale una serie di disposizioni particolari di innegabile sapore codicistico (addirittura una regola di inutilizzabilità delle dichiarazioni acquisite senza contradditorio, per libera scelta dei dichiarante) che finiscono per irrigidire al massimo il sistema, configurando altrettanti vincoli per il legislatore ordinario."

Dalla lettera aperta del Presidente dei Ppi, on. Gerardo Bianco, al Ministro Maccanico apparsa su il Popolo dei 31 1999 : "Leggo la tua entusiastica dichiarazione sul voto per la elezione diretta dei Presidenti delle Regioni. Ti confesso che non riesco ad unirmi ai coro degli esultanti. Come non vedere in questa scelta un ulteriore scivolamento verso quel presidenzialismo che trasformerà la natura stessa della nostra democrazia? Neppure il mio partito, ormai troppo spesso arreso a ciò che gli eventi impongono, ha saputo resistere. Di recente, Dahrendorf, ha lanciato l'allarme sul progressivo tramonto della tradizione liberal-democratica sotto la duplice e coincidente pressione dei vari gollismi europei e delle sinistre ambiziosamente efficientiste. Se poi il presidenzialismo si combinerà, come già sta accadendo in Italia, con l'ossessione referendaria il successo populistico sarà assicurato".