LUIGI GRANELLI - INTELLIGENZA E PASSIONE

Luigi Granelli era un uomo della prima repubblica: quella nata dalla Resistenza, dalla lotta al nazifascismo. Quella fondata sulla Costituzione. E Resistenza e Costituzione sono stati i punti di riferimento fermissimi della sua vicenda politica.

Dalla generazione che lo aveva preceduto, quella di Albertino Marcora che aveva combattuto la dittatura, Luigi aveva imparato la lezione del coraggio.

Di quel coraggio civile necessario ad opporsi alle ingiustizie e alla violenza. Di quella passione per la libertà che spinge a sopportare - se necessario - anche il peso della solitudine, dell'incomprensione. La difficoltà di essere scomoda minoranza. E a Luigi, nella sua lunga militanza politica, toccò spesso di essere in minoranza. Ma siccome faceva politica per la passione delle idee non barattò mai un ideal per una posizione di potere. Non confuse mai convinzioni e convenienze.  Ma neanche trasformò quelle che sentiva come ragioni in un fortino deserto perché sapeva e sentiva il dovere di una politica da vivere come avventura comune. Come esperienza inscindibile dagli altri, come necessità di condividere un percorso. QUesto era per lui "militare" in un partito: e non si accontentò mai, neanche nei momenti più difficili, di avere ragione da solo.

Della Costituzione è stato difensore strenuo e appassionato. Non perché la ritenesse un "mito". Cioè qualcosa di glorioso ma lontano, di cui restano echi e ricordi. No, per Luigi la Costituzione è stata sempre un'idea viva. Sapeva il sacrificio che era costata e quanto alto fosse stato il prezzo. Ed era orgoglioso di riconoscersi in uno dei grandi filoni culturali del Paese che avevano contribuito a scrivere quella Carta: il cattolicesimo democratico.

Nella Costituzione Luigi Granelli ha visto fino alla fine il presidio della nostra democrazia in un momento in cui l'infinita transizione italiana ne metteva in discussione alcuni elementi di fondo. Si è battuto per difendere la centralità del Parlamento rispetto alle ricorrenti tentazioni plebiscitarie e presidenzialiste; si è opposto alla personalizzazione della politica contrapponendo ad essa il valore della partecipazione e l'idea, direttamente derivata dal personalismo cristiano, del valore e dalla centralità di ogni persona. E quindi di una democrazia dove il protagonista non può essere solo un capo. Non si è arreso, poi, all'idea di una Repubblica dei furbi, dei prepotenti, degli arroganti: e non ha smesso mai di credere in una convivenza  impostata sui grandi valori di giustizia, libertà, solidarietà.

Un ingenuo ? Un illuso ? Un nostalgico ? Un uomo del passato ? A Luigi lo hanno detto. Spesso quando non riuscivano a trovare ragioni più convincenti da contrapporre alle sue. Ma la verità è che - con il suo carattere qualche volta anche spigoloso - non si è mai sottratto alla sfida del cambiamento, alle domande di un presente che richiedeva il coraggio di mettersi in discussione.

Un uomo anticonformista. Ma non un uomo contro. Un uomo per. Un uomo che difendeva la memoria ma che non si crogiolava nella memoria.

Un uomo per il quale la politica era intelligenza e passione.

Ricordo bene quando Martinazzoli gli chiese di fare il commissario del nuovo PPI a Monza. E poi alla provincia di Milano dove costruì le condizione per svolgere un regolare congresso e ripartire da capo. Mi disse Adriana, la inseparabile compagna di fede e di lotta delle sua vita, che anche negli ultimi tempi, quando già aveva ingaggiato l'ultima battaglia contro il male che poi lo sconfisse, si faceva accompagnare in auto nella nebbia della periferia milanese a fare incontri. Lui che era stato un leader, ed era stato Ministro e dirigente di primo piano, con gruppi di 3-4 persone per "riavviare" la macchina del partito.

E non dimentico quel mio primo incontro da segretario del PPI, a casa sua a Milano, prima di "scendere a Roma a Piazza del Gesù", quando gli ho chiesto la generosità di ripensare il proposito annunciato al congresso di Rimini di finire lì la sua esperienza politica. Gli fece piacere il mio invito. Purtroppo non ci fu tempo per risentirci.

Eppure quel suo annuncio a Rimini continua ad accompagnarmi e a inquietarmi e sento la vigilanza di quella sua severa amicizia.

Pierluigi Castagnetti
Il Popolo, 1 dicembre 2001