L'EREDITA' POLITICA DI LUIGI GRANELLI

Rileggendo l'ultimo atto politico di Luigi Granelli, l'intervento tenuto all'Assemblea di Rimini il 2 ottobre 1998, si percepisce come questo suo messaggio sia ancor oggi di grande attualità. Il suo riferimento contingente era alla costruzione del Partito Popolare, in cui, pur avendo militato con grande impegno non ritrova più quegli spazi culturali e quelle esigenze etiche che avevano orientato la sua azione politica. Nello svilupparsi di questo suo discorso individua una sorta di partito ideale, non solo strettamente conformato ai principi Costituzionali, ma, soprattutto uno strumento efficace per attuare e tradurre nella pratica quotidiana la sua visione ideale della politica. Questa sua istanza non era del resto una novità. Ancora vicepresidente del Senato aveva accettato con profondo spirito di servizio di ricostruire il Partito a Monza e ben vivo è ancora oggi il ricordo della sua azione didascalica.
Con ancora maggiore evidenza, quando, lasciata ogni carica politica, assunse il compito di ricostruire il Partito nella provincia di Milano, appare l'esigenza quasi assillante di formare una classe dirigente nuova. Nuova nelle modalità con cui selezionarsi, in una prassi non più determinata dalla suddivisione ideologica, ma dalla proposta politica costruendo una progettualità che scaturiva dall'analisi, attenta, precisa e perfino puntuale delle problematiche nazionali e internazionali.
Anche la sua continuità, più volte ribadita con il Partito Democratico cristiano, era una continuità nei valori ideali, nei momenti più alti che questa formazione aveva costruito.
Sturzo, Dossetti, Vanoni, Moro erano i suoi riferimenti più veri e significativi.
Il suo progetto di partito era quello di un Partito di nuova impostazione, ricco di dibattito interno, dotato di strumenti di studio e capace di elaborare proposte coerenti con i valori del cattolicesimo democratico, di promuovere il massimo di partecipazione e di formazione di una nuova classe dirigente.
La forma partito deve soprattutto realizzare il dettato Costituzionale, deve cioè concorrere con metodo democratico a realizzare la politica Nazionale. "... Non basta aggiornare la struttura organizzativa, adeguarla ad un rapporto diverso dal passato con la società e con le istituzioni. Bisogna recuperare la funzione del partito prevista dalla Costituzione e superare le degenerazioni della partitocrazia".
Le carenze del PPI sono ben evidenti nella visione di Granelli. E non solo quelle, poiché constata con estrema lucidità che "... si diffonde in tutti i partiti un pragmatismo senza principi, si tagliano le radici con il passato, si abbandona la riflessione culturale. I popolari dovrebbero fare il contrario per ridare alla politica speranza e tensione ideale. Poco o nulla si è fatto in questa direzione. manca al PPI una rivista di pensiero, non ci sono centri studi, la formazione dei quadri non è più un obiettivo".
"Un partito si qualifica per le proposte che fa sulla base dei propri valori non per affermazioni di principio che non trovano risconto nei suoi comportamenti".
L'altra assillante esigenza era la costruzione della coalizione di centro sinistra, coalizione per lui priva di una qualsiasi altra alternativa.
"Va rivendicato il diritto dei partiti a definire senza condizionamenti in un rapporto aperto con i democratici di Prodi, la piattaforma programmatica e politica per la prossima legislatura, il tipo di coalizione tra le forze diverse di presentare agli elettori in continuità con le scelte del 1996, l'indicazione collegiale di un Premier rappresentativo dell'intera maggioranza. Non ci sono per i popolari alternative a destra. La scelta di fondo resta quella del centro-sinistra. E' il modo di essere nel centro-sinistra che va definito con chiarezza e che esige il netto rifiuto dell'annessione in uno scontro blocco che la sinistra e la destra vorrebbero imporre a tutti".
Queste sue istanze, espresse con la passione di sempre, rese drammatiche dal sentore che di lì a poco non avrebbe potuto più occuparsi delle cose terrene, sono oggi ancora intensamente attuali.
Ci auguriamo di non dover conoscere ancora la stessa amarezza provata da Luigi Granelli: "Chi mi ha letto ... conosce le mie opinioni che ho divulgato senza risparmio di energia. Ho registrato riscontri confortanti da militanti e iscritti e, al contrario, un assordante silenzio dei dirigenti nazionali ed anche periferici che non hanno raccolto nemmeno le mie provocazioni".
Questa dura requisitoria contro una classe dirigente sensibile più alle esigenze di una palese autoreferenzialità che allo sviluppo di una progettualità riferita alla società in cui vive ha ancor oggi un rilevante segno di attualità ed appare ancora una precisa indicazione profetica.

Arturo Bondini
Il Popolo, 29 novembre 2002