LA LINEA DELLA “BASE”
E' senza dubbio negativo il fatto che le
mozioni presentate al congresso di Firenze da parte delle diverse tendenze
abbiano avuto una scarsa divulgazione; e ciò non perché la conoscenza di tali
documenti servisse a interpretare i risultati pratici del congresso, già di per
sé chiari in rapporto ai voti conseguiti dalle diverse liste, ma per favorire
una migliore valutazione delle posizioni politiche e culturali esistenti all'interno
della democrazia cristiana.
L'osservatore superficiale, infatti, tende a
ridurre la dialettica interna al partito in contrapposizioni generiche (i
conformisti e gli anti-conformisti, i conservatori e gli innovatori, i fautori
del centro-destra e quelli del centro-sinistra) che hanno indubbiamente un loro
valore se riferite alle conseguenze politiche immediate, ma che impediscono di
cogliere le sfumature, i metodi, le motivazioni, che pure tanta importanza
hanno per comprendere con esattezza le caratteristiche e la potenzialità, a
livello del pensiero politico, dei diversi gruppi. Se si pensa poi che al
congresso di Firenze il fatto più clamoroso era la frattura di iniziativa
democratica, si viene a comprendere come la possibilità di valutare in una giusta
luce gli atteggiamenti delle tendenze minori fosse ancor più difficile del
solito.
Oltre ai discorsi fatti al teatro della
Pergola, che sono in parte riusciti a dare una netta caratterizzazione a certe
posizioni ben definite, rappresentano un ausilio indispensabile per chi voglia
esprimere un giudizio attento e approfondito sulla situazione interna della DC
e sui suoi sviluppi futuri.
Perciò abbiamo ritenuto pubblicare
integralmente la mozione presentata dalla base al congresso di Firenze.
In essa, oltre alla ripresa di temi largamente dibattuti alla periferia e più
volte approfonditi su queste stesse colonne, trovano posto non solamente dei
giudizi politici precisi in ordine alla situazione presente, ma anche le
indicazioni di fondo di una prospettiva fondata non tanto sulla protesta o
sull'esasperazione del sentimento riformista quanto sulle scelte che la DC,
tutta la DC, deve compiere per avviare a organica soluzione i problemi del
paese.
Tali indicazioni possono essere raggruppate
in tre ordini.
I primo riguarda il partito, la sua natura,
la sua funzione, la sua struttura democratica. Il rigetto del mito
organizzativistico, l'accenno alle esigenze dello studio e del dibattito, la
difesa della autonomia e della, diretta responsabilità politica della DC,
mostrano una concezione del partito per molti aspetti diversa da quella comune
alla vecchia iniziativa democratica o alla destra incline al
clerico-moderatismo.
Il secondo riguarda i diversi aspetti di una
politica programmaticamente orientata ad un profondo rinnovamento delle
strutture tradizionali della società nazionale. La critica al riformismo
settoriale, la richiesta di una trasformazione in piano dello schema Vanoni e
di un riordinamento degli strumenti della Politica economica, la ripresa dei temi
del potenziamento delle autonomie locali e regionali come strumenti di una
organica trasformazione in senso democratico dell'ordinamento statuale, il
collegamento tra la politica interna e quella estera, mostrano una visione
unitaria e generale della programmazione politica.
Il terzo riguarda i rapporti della DC con gli
altri partiti, ed in particolare col PSI, per un allargamento non
integralistico o strumentalizzato della base democratica dello stato. La
collaborazione tra forze Politiche diverse, il rispetto pieno del metodo
parlamentare, la difesa non chiusa e intollerante delle caratteristiche
ideologiche dei partiti, dimostrano la volontà di individuare gli strumenti
politici dello sviluppo democratico e civile della società italiana.
Sono, questi, punti fermi di una impostazione
legata ad una prospettiva strategica e non solo a formule contingenti o
particolari: si tratta di una linea Politica sostenuta con intransigenza da una
tendenza, ma per indicare a tutto il partito la via di un impegno unitario e
antimoderato per la costruzione della stato democratico in Italia.
COSTRUIRE LO STATO DEMOCRATICO COL METODO
DELLA LIBERTA' E IL CONSENSO DEI PARTITI
Il VII congresso nazionale della democrazia
cristiana, riunito a Firenze nei giorni 23-28 ottobre 1959, presa in esame la
situazione Politica con particolare riguardo agli atteggiamenti ed alle
responsabilità delle forze politiche che operano nel parlamento e nel paese ed
all'impegno del partito a perseguire una Politica coerente con le tradizioni
democratiche ed antifasciste del movimento dei cattolici italiani e aperta alle
esigenze dell'allargamento dei consensi allo stato democratico, secondo il
metodo della libertà e del rispetto della funzione dei partiti democratica, ha
rilevato:
1)
Lo " stato di necessità " invocato in momenti particolarmente
difficili della vita parlamentare e degli enti di autonomia regionale e locale
deve essere considerato un rimedio contingente che non deve impedire anzi, deve
sollecitare nel partito la ripresa dell'iniziativa politica per il
perseguimento di fini di ampliamento dello stato democratico e di una corretta
impostazione dei rapporti con i partiti democratici.
2)
La DC - nell'esercizio della sua autonoma responsabilità politica - ritiene
incompatibile con la sua linea e con la sua tradizione ogni politica ed ogni
schieramento di forze in sede nazionale o locale che contraddisca alla funzione
di mettere contemporaneamente alla opposizione la destra anticostituzionale ed
il frontismo comunista, e pertanto rifiuta ogni posizione politica e respinge
ogni atteggiamento che conduca oggettivamente - anche senza un formale accordo
- all'inserimento della DC in uno schieramento comune con le forze della destra
monarchica e fascista, inserimento che produrrebbe l'inevitabile effetto di
costringere alla opposizione forze sinceramente democratiche o, addirittura, di
spingerle verso lo schieramento frontista.
3)
Compito della DC è quello di promuovere l'allargamento dell'area democratica
dello stato, non solo, com'è suo preciso impegno e diritto, attraverso il
conseguimento - nei modi e nei tempi fissati dalla costituzione - del maggiore
suffragio elettorale possibile, ma anche promuovendo le alleanze tra le forze
democratiche o creando le condizioni perché si allarghi, nell'ambito dello
stato il numero di queste forze politiche.
4)
La politica di collaborazione con le forze democratiche, che si sviluppa con le
formule centriste di questo dopoguerra, fu utile finché poté essere uno
strumento difensivo di conservazione dell'area dello stato democratico dalla
pressione dei due blocchi eversivi di estrema destra e di estrema sinistra; ed
in tale funzione la politica centrista svolge una efficace azione per la messa
in crisi della saldezza frontista dello schieramento di sinistra.
Ma dal 7 giugno 1953 in poi, l'ulteriore messa in crisi dello schieramento
frontista - ed il conseguente isolamento politico del PCI ed inserimento del PSI
nell'area democratica - non può essere perseguita da una politica centrista, di
per se incapace ad affrontare le riforme di struttura necessarie a raggiungere
gli obbiettivi della politica di sviluppo indicati dallo schema Vanoni e
richiesti dall'inserimento del nostro paese nella collaborazione economica
internazionale.
5)
Sul terreno concreto delle collaborazioni delle forze politiche, la DC è
impegnata a creare le condizioni di un'area di partiti democratici più ampia di
quella necessaria per conseguire una maggioranza parlamentare. Infatti, secondo
l'insegnamento lasciato al partito da De Gasperi (relazione al congresso di
Napoli), nell'ambito della più vasta unità nazionale - costituita dalle forze
che accettano la democrazia costituzionale - deve esistere una più stretta
unità operativa tra forze che possono collaborare nel parlamento e nel governo
e negli enti locali. In questa concezione, il PLI - pur essendo una forza
Politica collocata nell'area di fedeltà alla democrazia costituzionale - si è
rivelato inadeguato a perseguire i fini di una politica di sviluppo nell'ambito
di una unità operativa di governo e ad allargare ulteriormente i consensi allo
stato democratico.
Secondo questa visione, il problema del PSI e
della sua disponibilità per una politica nell'ambito delle forze che accettano
la democrazia costituzionale non può essere posto sul mero piano di accrescimento
della socialità, ma sulle prospettive di costruzione dello stato, e cioè come
problema di libertà e di ampliamento dello stato di diritto, anche a favore dei
ceti e delle forze che ne sono state finora escluse. E' infatti sui temi concreti
della libertà che va posto ogni problema di collaborazione nello stato
democratico tra forze politiche.
La richiesta ai socialisti dello scioglimento
dei vincoli di solidarietà con i comunisti nelle fabbriche, nelle
amministrazioni locali, nelle cooperative va accompagnato da una politica che
sappia assicurare: la libertà nelle fabbriche - portando sul piano del diritto
i rapporti di forza di pressione economica -; l'autonomia delle amministrazioni
locali; l'attuazione dell'ente regione; lo sviluppo della cooperazione nello
stato democratico.
La richiesta ai socialisti di superare il
mito di classe potrà essere efficace solo se la DC saprà sostituire a quel mito
l'ideale di una politica di solidarietà nazionale per l'attuazione dei fini
dello sviluppo e del progresso della società e offrire gli strumenti per una
collaborazione di tutti i cittadini, singoli e associati, negli organismi di
decentramento e di autonomia in cui si articola la vita sociale.
6)
Lo strumento concreto della collaborazione dei partiti e delle forze
democratiche nello stato per l'ampliamento delle libertà e nella politica di
sviluppo storicamente indicata dallo schema Vanoni. Questo schema, per
diventare realmente il punto di incontro delle forze democratiche nello stato
per l'ampliamento delle libertà e le precise scelte di p olitica economica
necessarie per la sua attuazione. A tale fine, è più che mai urgente:
7)
Oltre alle scelte di politica interna, anche quelle di politica estera sono
strumenti essenziali per la collaborazione dei partiti democratici. I recenti
avvenimenti internazionali, capaci a dare l'avvio ad un nuovo metodo di
rapporti internazionali nel clima della distensione e di promuovere relazioni
economiche sul terreno della concorrenza tra i due blocchi contrapposti,
richiedono da parte del nostro paese un contributo dinamico per favorire,
nell'ambito delle alleanze tradizionali, lo sviluppo di pacifiche relazioni tra
i popoli. In particolare, risulta necessario:
Il VII congresso della DC impegna il partito
e gli uomini che lo rappresentano nel governo all'attuazione intransigente di
una politica secondo le linee sopra enunciate promuovendo senza indugi un
incontro con le forze politiche e parlamentari capaci di offrire una
maggioranza e di collaborare alla realizzazione di questa politica. A tale
scopo, il partito deve:
Seguendo questa politica e compiendo queste
scelte la DC sarà così all'altezza del suo compito storico di costruzione dello
stato democratico in Italia e di allargamento della sua base democratica nel
paese.
Stato Democratico n.33, 20 dicembre 1959
LUIGI GRANELLI