I PRECEDENTI DEL CONGRESSO
1) Gli equivoci del Congresso di Venezia.
Il Congresso socialista di Napoli ha sanzionato, in modo indiscutibile, la vittoria personale di Nenni e della sua corrente. Per comprendere la portata, le cause e le conseguenze di questa vittoria riteniamo necessario rifarci al precedente Congresso di Venezia, tenuto nel febbraio 1957, di cui riassumiamo per sommi capi le vicende:
[Nota: Il popolo lombardo, 23 gennaio 1969 p.1. L'intervento di Granelli, mentre da una parte ha certamente contribuito a portare il PSI a un chiarimento dei suoi rapporti con i cattolici e la DC, ha dall'altra, in campo cattolico, provocato non pochi allarmi ed esplicite riprovazioni. In un corsivo apparso nell'edizione del 16 gennaio u.s. (p.1) il Quotidiano dava questo netto giudizio: "Un membro della direzione DC ha rivolto un pubblico invito all'on. Nenni a impostare apertamente al Congresso di Napoli, il problema di una convergenza su una medesima linea organica e programmatica con i cattolici. A questa linea siamo fermamente contrari (...) Argomento principale al riguardo è l'invito della Chiesa a respingere l'apertura a sinistra (...) Ed è certo vero che l'obbedienza che si deve alla Chiesa a da cui nasce l'unità dei cattolici trascende tutte quelle discipline di dubbio fondamento morale e giuridico, che il partito moderno vuole imporre a quelli che nomina suoi gregari". D'altra parte ci risulta che, proprio in connessione con la presa di posizione di Granelli e le reazioni ad essa suscitate, membri qualificati della DC sono stati sollecitati a non presenziare al Congresso di Napoli. Proprio nel momento in cui il governo Fanfani veniva artificiosamente presentato dalla destra come virtualmente aperto al PSI allo scopo preciso di favorirne la caduta, il passo del rappresentante della "Base" nella direzione DC parve esigere questo atteggiamento prudenziale.
Riguardo al contenuto della lettera, è da dire che la Gerarchia ha spesso manifestato, anche se non direttamente, la sua contrarietà all'apertura a sinistra. Non essendo mai stata tuttavia sviscerata, nelle sue precise varie modalità, la complessa questione, ci sembra senz'altro azzardato accusare, per questo solo, il Granelli di disobbedienza alla Chiesa. E' vero invece che lo scritto contiene espressioni per lo meno non chiare, come ad esempio l'esortazione ad abbandonare "le crociate ideologiche": si poteva infatti vedere in questo una sottovalutazione dell'elemento dottrinale di fronte alle esigenze dell'azione politica, anche se in altri passi della lettera erano contenute esplicite dichiarazioni circa la necessità per la DC di restare fedele al suo patrimonio cristiano. Una ulteriore chiarificazione del proprio pensiero a questo riguardo è stata fatta dal Granelli in un articolo su il Popolo lombardo, 23 gennaio 1959, p.1.]
L'on. Nenni, che a Venezia aveva preferito mantenere l'«u-nità formale » del partito a scapito della chiarezza, si è presentato al Congresso di Napoli con una tattica totalmente contraria: ottenere il massimo di chiarezza anche a costo di aggravare le divisioni interne del partito.
2) Impostazione del Congresso di Napoli.
Il 29 ottobre 1958 il Comitato centrale del P. S. I., riunito a Roma, aveva approvato, tra l'altro, la proposta dell'on. Pertini di nominare una commissione che esaminasse la possibilità di stendere, in vista dei prossimi dibattiti precongressuali, una relazione unica, che conciliasse la « chiarezza » con la « massima unità possibile».
Il Comitato centrale era giunto a questa decisione dopo aver preso conoscenza della relazione già preparata, almeno nelle grandi linee, dall'on. Nenni, nella sua qualità di segretario del partito, e dopo aver costatato che essa non aveva raccolto l'unanimità di consensi nell'ambito della direzione, dove, anzi, si erano determinate tre posizioni nettamente distinte, sostenute rispettivamente da Nenni, Vecchietti e Basso. La commissione, però, non ha potuto raggiungere lo scopo desiderato, non essendo stato possibile ottenere l'unanimità riguardo alle indicazioni dei problemi di fronte ai quali il partito si trovava, alla vigilia del 33° Congresso, circa « il contenuto della politica autonoma del Partito nelle presenti circostanze interne e internazionali».
L'on. Nenni, intervenendo nella riunione della commissione nata dalla proposta Pertini, aveva opportunamente ribadito che il procedimento più logico per giungere a un congresso sarebbe stato quello di portare a conoscenza della base quanto era stato fatto nei due anni precedenti e di indicare le difficoltà incontrate dal Comitato centrale, rimettendo al dibattito precongressuale il compito di definire le prospettive e i compiti di domani. Ma non essendo stata accettata questa impostazione, l'on. Nenni ha messo la direzione e il Comitato centrale di fronte a una precisa alternativa: o accettare in blocco la sua relazione, che costituiva l'interpretazione autentica della linea politica espressa a Venezia, oppure ogni corrente presentasse la propria relazione.
Il disaccordo si è rivelato insanabile proprio sul concetto di «autonomia» del partito socialista. Questo fatto deve essere ben tenuto presente se si vorrà cogliere con esattezza la posizione della corrente nenniana a questo riguardo. Neppure va sottovalutato il rischio, che l'on. Nenni con la sua azione si è assunto, di essere fatto apparire ai compagni della base dalla propaganda delle altre correnti come un insidiatore dell'unità del partito.
3) I dibattiti precongressuali.
Nei dibattiti precongressuali, la base del partito si è trovata quindi di
fronte a tre relazioni esprimenti altrettante posizioni rigidamente
precostituite.
Alcune conseguenze prodotte da questa impostazione congressuale sono state messe
in luce, a Napoli, dall'on. Basso con un'asprezza di toni che ha provocato brevi
tumulti nell'assemblea. Egli rivolgendosi particolarmente a Nenni, la cui
vittoria era ritenuta da tutti fin dall'inizio scontata, ha affermato che dietro
alle percentuali dei voti raccolti dalle singole correnti esisteva « un largo
strato di vuoto » cioè « l'ateognila ?? del silenzio in cui si è chiusa la
grande maggioranza del partito - forse il 70 o il 75 per cento degli iscritti
(in molte sezioni addirittura il 90 per cento) non avrebbe «partecipato alle
assemblee», né espresso una opinione.
Tale fenomeno, secondo l'on. Basso, rappresenterebbe una «protesta contro le
mozioni » e «contro un metodo di preparazione congressuale che è piovuto
inaspettato sul capo dei compagni di base, che certamente si è rivelato adatto a
favorire te scelte elementari, ma non ceno a favorire quell'ampio sereno
approfondito dibattito di cui il partito aveva bisogno che avrebbe giovato alla
maturità politica».
I dibattiti precongressuali, svoltisi nelle sezioni, nelle federazioni e sulle
colonne dell'« Avanti ! », si sono effettivamente ridotti a una specie di
referendum per l'una o l'altra corrente, che la mentalità delle masse socialiste
caratterizzava semplicemente come « autonomista » (quella di Nenni) e «
frontista » (quella di Vecchietti), senza cogliere le sfumature, le oscurità, »i
punti di convergenza e di divergenza che ciascuna di esse possedeva.
Questo fatto metteva in risalto la presenza nel P. S. I. di due esigenze
contrapposte, vivamente sentite e tenacemente sostenute: separarsi dal comunismo
o restarvi ancora uniti pur distinguendosi; e manifestava pure che i compagni di
base erano in cerca di « leaders » capaci di interpretarle esattamente sul piano
di politica interna e internazionale.
Ciò posto, non è difficile comprendere l'atteggiamento dei comunisti nei
confronti dell'on. Nenni, che impersonava, nella elementare coscienza popolare,
l'istanza autonomista.
Nel periodo delle assemblee provinciali del P. S. I., tenutesi in Emilia, le
forme di pressione dei comunisti sui compagni socialisti passarono dal «
consiglio fraterno » alla « sistematica denigrazione » di Nenni e dei
rappresentanti locali della sua corrente e al ricatto economico. Lo stesso
segretario della Federazione socialista di Modena, Zurlini, non sospettabile di
simpatie nenniane avendo aderito alla mozione di « sinistra », non ha temuto di
asserire che la sua Federazione « ha dovuto richiamare l'attenzione di quella
comunista su certi fenomeni di pressione personale ». Contro Nenni è stata
orchestrata dai « carristi » « e pienamente assunta dalla propaganda comunista »
una campagna di « insinuazioni e di accuse ( da quelle di « riformista» e «filogovernativo»,
alla più brutale di «traditore»). Il fenomeno delle pressioni comuniste non si è
limitato all'Emilia. In un neretto apparso sull'Avanti! del 1° novembre 1958 si
leggeva: «Il Partito è, per fortuna, corazzato contro le pressioni e le
interferenze che cercano di esercitarsi sul prossimo Congresso [...]. Il
quotidiano comunista si è creato il suo bersaglio che sarebbe la "destra", e
poco importa se questa pretesa destra annovera gli uomini che nelle ore
difficili i comunisti hanno visto al loro fianco ».
E pochi giorni dopo, l'ufficio stampa della direzione del P. S. I. ha emesso un
comunicato per deplorare attacchi rivolti dall'Unità «o singoli compagni
rappresentanti questa o quella opinione dell'Avanti!, con considerazioni
tendenziose che il Partito considera offensive e inaccettabili».
Le pressioni comuniste si sono fatte sentire anche a Napoli, durante il
Congresso. Nelle tribune riservate agli invitati e agli spettatori, erano
presenti molti comunisti, i quali, nel corso degli interventi di rappresentanti
qualificati della corrente autonomista, hanno causato vivaci interruzioni
degenerate in tafferugli, che per essere sedati, hanno richiesto il pronto
intervento del servizio d'ordine.
I TEMI PRINCIPALI DEL CONGRESSO
1) L'unificazione socialista.
L'unificazione socialista aveva formato il tema centrale del Congresso di
Venezia e, in questo senso, erano stati espressi chiari propositi. La mozione
finale dichiarava : « Nel quadro dei principi fondamentali del socialismo e
dell'azione che le circostanze impongono ai socialisti, il XXXII Congresso del
P. S. I. prende decisamente l'iniziativa dell'unificazione socialista». Il
Congresso di Venezia con queste dichiarazioni intendeva porre il problema
dell'unificazione nei termini in cui era stato impostato a Prolognan, cioè su un
piano di trattative tra.i due partiti socialisti. Ma quando si trattò di attuare
i propositi enunciati a Venezia, sorsero difficoltà insormontabili, per cui la
linea di Prolognan è stata definitivamente abbandonata al Congresso di Napoli.
Forse questo è stato uno dei pochi punti su cui tutte le correnti si sono
chiaramente trovate d'accordo. Secondo le risoluzioni del Congresso di Napoli,
l'unica via per l'unificazione sarà, d'ora in poi, quella del ritorno di singoli
iscritti o di intere correnti del P. S. D. I. nell'ambito del P. S. I. Ogni
pretesa di incontri a mezza strada, di reciproche concessioni, di confluenza dei
due partiti in un nuovo partito socialista risultante dalla fusione di due
entità paritetiche, è stata respinta in modo categorico.
« A distanza di due anni, - ha precisato l'on. Nenni nel suo discorso di
apertura - il problema dell'unità Socialista conserva la propria validità,
seppure in condizioni diverse, non di trattativa da partito a partito [...], ma
di ritorno o di adesione al Partito da parte di quanti considerano chiuso il
periodo delle scissioni nella rinnovata coscienza della iniziativa autonoma
socialista, nella condanna del centrismo, nel superamento del frontismo. Non c'è
alcun partito nuovo da creare, come abbiamo sentito dire oggi in questa sala».
«Dopo il Congresso socialdemocratico di Milano fu detto in modo chiaro e
responsabile che l'unità socialista si fa nel P.S.I. e col P.S.I. per processo
spontaneo e senza più nulla concedere a manovre dilatorie».
2) L'alternativa democratica.
L'idea dell'alternativa politica, pur essendo una naturale a-spirazione per
un partito di opposizione, fu assunta come esplicito punto programmatico del
P.S.I. nella campagna elettorale del 1953. Il contenuto di tale idea subì però
delle evoluzioni col passare degli anni.
Nel 1953 l'alternativa socialista, proposta dal P.S.I. come slogan in vista
delle elezioni politiche, rappresentava una generica « espressione e sintesi di
tutte le lotte [...] per il miglioramento del livello di vita delle masse
popolari e per lo sviluppo delle forze produttive del paese; lotta in difesa
delle pubbliche libertà, [... ] della Costituzione [... ] della pace ». Ma
questo concetto di alternativa rivelò subito la sua insufficienza, perché non
venivano insieme indicati gli strumenti per tradurlo in atto sul piano
politico-parlamentare. Lo hanno riconosciuto gli stessi socialisti, uno dei
quali scrisse : « Lo slogan della alternativa socialista si è rivelato [...] una
pura espressione propagandistica, priva di efficacia, perché priva di un
effettivo contenuto».
Si venne cosi delineando la necessità di indicare come e con chi si sarebbe
fatta una politica di alternativa, essendo manifesto che il P.S.I. non poteva
aspirare, nemmeno entro un lungo periodo di tempo, alla maggioranza assoluta nel
Parlamento. Tale esigenza contribuì a far evolvere alcuni punti programmatici
(primo fra tutti quello della « via democratica » al socialismo) e a porre il
problema dei rapporti tra il P.S.I. e gli altri schieramenti politici italiani,
in modo particolare col P.C.I. e con la D.C.
In questa linea di maturazione dell'idea di « alternativa » si deve collocare il
discorso suU'« apertura a sinistra », che costituì il motivo predominante del
Congresso di Torino del 1955. Parlare di « apertura a sinistra » equivaleva a
prospettare la possibilità di una collaborazione con i cattolici e, più
determinata-mente, col partito in cui essi confluivano: la Democrazia Cristiana.
Ma i cattolici concordemente ritennero di doversi attenere al principio di
rifiutare ogni discorso sulla collaborazione coi socialisti, almeno finché
fossero esistiti legami di sostanza fra questi e i comunisti.
Questa reazione dei cattolici contribuì, insieme ad altri fattori di ordine più
generale (come, per esempio, l'influsso esercitato dal deciso orientamento
democratico degli altri partiti socialisti europei) a far sentire l'esigenza di
una revisione dei rapporti tra il PSI e il PCI, ancor prima che tale revisione
fosse imposta dagli avvenimenti connessi col XX Congresso del PCUS.
I tre problemi dell'alternativa di potere, dell'autonomia dai comunisti e dei
rapporti coi cattolici si rivelano così importanti oggi per il PSI che una
diversità di idee, tra le varie correnti, intorno a uno qualsiasi di essi,
determina profonde divergenze sulla linea politica di fondo del partito.
3) L'autonomia del P. S. I.
Commentando su questa rivista le conclusioni del Congresso di Venezia, si notava che a proposito dei rapporti tra P. S. I. e P. C. I. vi era stata « una qualche dose di confusione » e « una notevole quantità di formule oscure e ambigue che, dalla posizione veramente positiva, espressa dalla relazione Nenni, andavano « fino a certe espressioni apparentemente positive, ma sostanzialmente negative, perché vuote, di fatto, di ogni contenuto, dell'on. Pertini».
Nelle relazioni e nei numerosi interventi fatti al Congresso napoletano, si
ritrovano, sostanzialmente, le stesse ambiguità e divergenze. Tuttavia una
chiarificazione è indubbiamente avvenuta, perché si è dimostrata l'esistenza di
due concetti di «autonomia » diversi, e, sotto molti aspetti, contrari.
1. Secondo la corrente di Nenni, l'autonomia implica i seguenti punti:
a) ripudio di ogni patto di unione o di consultazione col P.C. I.;
b) aperta ammissione che, sul piano politico interno e internazionale, esistono
problemi intorno ai quali il dissenso tra socialisti e comunisti è radicale e
non superabile;
e) rifiuto di accettare la partecipazione del P. C. I. alla elaborazione e alla
esecuzione della politica di alternativa;
d) collocazione del P. S. I. su una posizione ideologica e programmatica capace
di orientare e attrarre tutta la classe lavoratrice, anche quella parte di essa
che attualmente aderisce al , P.C.I. o alla D.C.;
e) piena indipendenza del P. S. I. dal partito comunista e dal governo
sovietico;
f) permanenza della corrente sindacale socialista nella C. G. I. L., ma con
l'impegno di « operare per creare le condizioni necessarie alla unità di azione
tra le diverse centrali sindacali e al rilancio della politica di unità
sindacale di tutti i lavoratori, per l'attuazione di un sindacato indipendente
dal padronato, dai governi, dai partiti e nel conseguente rifiuto di ogni
concezione di sindacato di partito»;
g) collaborazione con il P.C.I. nelle amministrazioni locali e nelle
cooperative.
2. Secondo la corrente di Vecchietti, il concetto di «autonomia» ha, invece, il seguente significato :
a) esclusione di patti scritti o di una preventiva alleanza con il P. C. I.
«alla quale il Partito socialista debba subordinare le sue posizioni politiche»;
b) affermazione del principio che i punti controversi tra P. S. I. e P. C. I.
debbano venire democraticamente discussi, in vista di raggiungere un accordo per
un'azione comune a tutti i livelli, cioè oltre che nelle amministrazioni, nelle
cooperative e nel sindacato, anche, e soprattutto, sul piano politico e
parlamentare ;
c) implicita ammissione che tra P.S.I. e P.C.I. (al contrario di quanto
sostengono gli « autonomisti ») non esistono insanabili divergenze ideologiche
di fondo;
d) rivendicazione della libertà di giudizio verso la Russia. Però tale libertà
deve trovare un limite nel « riconoscimento di quello che è e che rappresenta
nel mondo l'Unione Sovietica [...]. Il dovere di ogni socialista è quello di
difendere l'U.R.S.S, dalle aggressioni imperialiste».
3. Da questa analisi delle posizioni della corrente di Nenni e di quella di Vecchietti dovrebbe risultare, senza possibilità di dubbio, che nel P. S. I. esistono due concetti di autonomia profondamente diversi. £ pertanto al quesito che molti si sono posti, alla fine del Congresso di Napoli, se il P. S. I. si fosse o no staccato dal P.C.I. non sembra che si possa dare una risposta univoca.
Infatti, mentre poco più della metà del partito si raccoglie intorno a un
orientamento che è di chiara rottura politica col P.C.I. e che manifesta la
tendenza ad estendere le differenziazioni anche fuori del campo politico,
un'altra corrente, forse più qualificata politicamente, perché non sorretta
dalla spinta sentimentale che sa infondere un leader dalle capacità oratorie di
Nenni, forte del 40% dei voti, è ancorata sostanzialmente alle posizioni
frontiste.
Una valida conferma di questo nostro punto di vista ci pare sia contenuta negli
apprezzamenti sui risultati del Congresso socialista, fatti dagli stessi
comunisti. ??
ogni campo, di una comune linea di azione, rispecchiante le reali esigenze di
tutti i lavoratori. « La vera politica autonoma di classe - ha affermato
Vecchietti - parte dal presupposto che i socialisti sono una parte di un tutto,
il movimento operaio, e, come parte, il loro compito è di arrecare un contributo
originale alla politica generale della classe. I rapporti interni del movimento
non possono essere regolati sulla tose di attribuzione di funzioni di guida e di
avanguardia ad alcun partito: essi invece partono dal confronto delle iniziative
e delle tesi la cui verifica, la sola possibile e legittima., viene fatta dalla
classe lavoratrice » (Avanti!, 4 novembre 1958, p. 3). E nella risoluzione
finale della corrente di sinistra, viene ribadito che « l'autonomia del P. S. 1.
non può ridursi a una ricerca dei motivi di differenziazione e di contrasto con
i comunisti, ma è l'affermazione dell'apporto originale e dell'originale
funzione del Partito socialista nel movimento di classe» (Avanti/, 20 gennaio
1959, p. 2).
Nell'articolo di fondo dedicato ai risultati del Congresso socialista, « L'Unità
» ha notato la profonda frattura creatasi nel P.S.I. riguardo ai rapporti col P.
C. I. Mentre si elogiano Vecchietti e Basso per l'efficace battaglia condotta in
difesa della unità a tutti i livelli della classe lavoratrice, si afferma che «
serie contraddizioni [... ] errori e involuzioni » sono presenti « nella linea
espressa dalla maggioranza congressuale e, in particolare, da alcuni suoi
settori ». L'articolista ha rilevato che la corrente nenniana ha accentuato gli
« elementi di divisione a sinistra » e le « influenze anticomuniste di marca
revisionistica ed anche borghese».
Più precise indicazioni del pensiero dei comunisti a questo riguardo le troviamo
nel seguente brano tratto da Vie Nuove: «La impostazione della sinistra
parte dalla richiesta di una iniziativa autonoma socialista, che però rifugga
dall'isolamento e quindi operi nell'alleanza politica con il P. C. I., che,
senza essere contenuta in patti scritti, consista nel tracciare una prospettiva
di azione politica unitaria, circoscritta al solo terreno economico e non
politico, è un assurdo per i marxisti».
«Basso ha fatto notare che ogni profonda lotta economica, sindacale, intacca le
strutture dello Stato, e diventa lotta politica, per cui la distinzione tra
settore economico e politico, nell'azione con i comunisti, è artificiosa ».
«Nenni [ ... ] ha prospettato l'accentuarsi del distacco del P. S. I. dai
comunisti, dicendo che ormai le " forze potenziali sono più importanti dei
partiti organizzati ", ha definito l'alleanza politica con il P. C. I. " accordo
di vertice " mentre il P.S.I. vuole andare direttamente alle masse. [... ] Le
divergenze dai comunisti Nenni le ha poste [ ... ] nella mancanza di " una
comune prospettiva politica ", e, per essere esatti, nella concezione della
società e dello Stato che hanno i comunisti».
4) I rapporti con i cattolici.
Il tema dei rapporti con i cattolici e con la D. C. occupò una parte non
trascurabile in tutti gli interventi e va riconosciuto che il dibattito si
mantenne su 'in tono abbastanza moderato e rispettoso. L'argomento acquistò una
particolare attualità in seguito alla lettera aperta, inviata a Nenni da Luigi
Granelli, noto esponente milanese della Base.
Ritenendo egli, dai risultati precongressuali, già sicura la vittoria della
corrente autonomista, metteva in luce il punto più debole di tutta
l'impostazione politica di Nenni al 33° Congresso, quella cioè di voler
propugnare l'alternativa, collocando il partito socialista in una posizione
equidistante tra il comunismo e la D.C.: difatti Nenni da un lato rifiutava il
frontismo e dall'altro ripudiava ogni collaborazione con il partito delle masse
cattoliche. Pur concedendo che non era affatto il caso di pensare per ora
all'eventualità di un appoggio socialista a un governo come quello dell'on.
Fanfani, Granelli invitava il leader socialista a studiare il modo di giungere «
senza fretta e senza apriorismi » a un incontro su cose concrete con la D.C. e
gli altri partiti di centro-sinistra dello schieramento democratico.
«Se si vuole risolvere - egli precisava - siffatto problema in modo statico,
precostituito, l'impresa di dar vita a questo nuovo schieramento di forze
appare, certo, disperata, ma se la questione viene posta in una prospettiva
dinamica, come punto di arrivo auspicabile e ricercato con reciproca buona
volontà, allora le cose cambiano. Del resto, se non si mette ordine nei rapporti
tra queste forze al più presto, si rischia di operare una disgregazione senza
prospettive della situazione italiana».
Sui problemi sollevati dalla lettera di Granelli, il Congresso socialista ha preso una chiara posizione, che si può riassumere nei due punti seguenti:
1. Chiusura verso la D.C. «così com'è ora», considerata nel suo complesso un
partito conservatore e borghese, e opposizione al «fanfanismo», che
rappresenterebbe «la politica aggressiva dei monopoli».
2. Apertura verso le masse operaie cattoliche, che sarebbero imprigionate in un
partito il quale, per il peso predominante di elementi conservatori,
bloccherebbe ogni legittima aspirazione della classe lavoratrice. Ai lavoratori
cattolici i socialisti affermano peraltro di richiedere non la rinuncia ai
principi religiosi, ma la rottura dei rapporti con la D. C., costituendosi in
formazione politica autonoma, oppure passando nelle file del P.S.I..
Questa risposta del Congresso di Napoli sul tema dei rapporti coi cattolici è stata giudicata dallo stesso Granelli «certamente negativa ». Egli infatti osservava: «Con la vittoria dell'onorevole Nenni e lo sviluppo di una polemica contro il "frontismo" del P.C.I. che andrà allargandosi sempre più, l'autonomia del P.S.I. è innegabile, ma la chiusura verso la D.C. e verso le altre forze democratiche, la linea generica e astratta dell'alternativa, l'illusione di provocare la frattura del partito di maggioranza o di catturare i cattolici sul terreno delle rivendicazioni economiche, rischiano di rendere non effettivo lo stesso superamento del "frontismo" e di cacciare in una via senza uscita i socialisti» .
Sulla base di quanto abbiamo esposto possiamo tentare di cogliere il significato dell'alternativa democratica enunciata a Napoli. Essa si fonda sul presupposto che sia possibile, a lunga scadenza, mutare i rapporti di forza attualmente esistenti nello schieramento politico italiano, sia facendo esplodere le « contraddizioni » interne della D.C. (in questo esiste fra i socialisti pieno accordo), sia sottraendo, secondo il pensiero della corrente nenniana, le masse comuniste al dominio del P.C.I.
Quanto al modo di realizzare questa alternativa, l'on. Nenni ha dichiarato di accettare il metodo democratico « non per motivi di opportunità politica, ma come esigenza dell'azione socialista sia nello svolgimento della lotta per la conquista del potere che nel suo esercizio».
Strumenti per la sua realizzazione sono: la riforma agraria, la
nazionalizzazione delle fonti di energia e dei fondamentali servizi di interesse
pubblico, l'iniziativa e l'intervento pubblico nel Mezzogiorno e nelle zone
depresse, la direzione pubblica degli investimenti, la lotta contro
l'analfabetismo e per l'istruzione professionale, il rinnovamento della scuola,
la liberazione dei mezzi di propaganda e di formazione dell'opinione pubblica,
il pieno impiego della mano d'opera).
Fine di questa nuova linea politica è la « sostanziale trasformazione della
nostra società in modo da portare la classe lavo-ratrice alla direzione politica
ed economica del paese».
EFFETTI IMMEDIATI DEL CONGRESSO SOCIALISTA
1. Il giorno seguente alla chiusura del Congresso, si è riunito il Comitato
Centrale, eletto alla fine dei lavori, per scegliere la nuova direzione del
partito. L'interesse degli ambienti politici era orientato verso l'atteggiamento
che avrebbe tenuto il gruppo di maggioranza nei confronti delle minoranze, le
quali ripetuta-mente avevano richiesto che tutte le correnti fossero
rappresentate nel supremo organo esecutivo del partito.
Ma l'on. Nenni, che nel biennio antecedente aveva provato le difficoltà di una
direzione così strutturata, aveva tutto predisposto per ottenere una rivincita
netta e totale su coloro che subdolamente l'avevano sconfitto a Venezia, e
impose una direzione uniforme.
Secondo alcuni osservatori politici, la vera importanza del Congresso di Napoli
consisterebbe proprio in questo trasferimento dì poteri da una corrente
tendenzialmente frontista a un'altra che è chiaramente, anche se per ora
limitatamente, autonomista.
2. L'esito del Congresso di Napoli ha convinto alcuni esponenti della
sinistra socialdemocratica che i tempi fossero maturi per rilanciare il problema
dell'unificazione socialista. Essi, nonostante le perentorie accuse rivolte al
P. S. D. I. dalla tribuna del Congresso, certi della sincerità delle posizioni
autonomiste della corrente vincitrice, si sono staccati dal loro partito per
costituire un raggruppamento autonomo, con il nome di «Movimento unitario di
iniziativa socialista» (M.U.I.S.).
Allo stato attuale delle cose, è difficile prevedere se l'operazione compiuta
dagli scissionisti favorirà il processo di unificazione socialista, oppure se
tutto si ridurrà al passaggio di una minoranza del P. S. D. I. nelle file del P.
S. I, o alla formazione di un terzo movimento socialista, che mantenga una
posizione intermedia tra i due partiti già esistenti.
3. Il socialdemocratico on. Ezio Vigorelli, ministro del Lavoro del governo
Fanfani, fu tra quelli che ritennero di essere sostanzialmente d'accordo con la
linea politica approvata dalla maggioranza socialista al Congresso di Napoli.
Diede, perciò, le dimissioni per partecipare attivamente al movimento unitario
di iniziativa socialista.
L'uscita dal governo del ministro Vigorelli contribuì ad aggravare la situazione
del ministero Fanfani, già precaria per il perdurare delle difficoltà interne
alla D.C., del quale fu chiaro sintomo il ripetersi del fenomeno dei franchi
tiratori (45). Il 26 gennaio, l'on. Fanfani rassegnò le dimissioni dell'Intero
gabinetto. Questo era appunto uno degli scopi che i socialisti si erano prefissi
al Congresso di Napoli.
Da tutto questo, risulta che il Congresso di Napoli ha avuto ripercussioni politiche di notevole importanza. Non è, anzi, improbabile che ci si trovi all'inizio di una ulteriore e più ampia evoluzione della situazione politica italiana, tale da meritare l'attenta considerazione dei cattolici.
A questo proposito ci sembra particolarmente opportuno segnalare la
pericolosità che il nuovo corso socialista, nonostante l'imperfetta efficienza
del partito di Nenni, può rappresentare per l'elettorato cattolico.
L'orientamento antifrontista della maggioranza del P. S. I., la dichiarata
volontà di attuare, pur rimanendo nella C.G.I.L., una politica sindacale che
tenda a unificare tutti i lavoratori in un sindacato indipendente dai partiti
politici, l'attenuazione della polemica anticlericale e l'affermazione del
rispetto della fede e dei princìpi religiosi di tutti gli iscritti al partito
potrebbero indebolire nelle masse cattoliche (specialmente nelle giovani leve
non inquadrate in uno degli organismi cattolici operanti in campo sociale), la
coscienza dei pericoli che una adesione al socialismo costituisce per
l'integrità della loro fede cristiana e quella dell'obbligo, tutt'ora vigente,
dell'unità politica dei cattolici. Ciò tanto più se la D.C., che è il partito
entro il quale tale unità concretamente si attua, apparisse strutturalmente
incapace di tutelare i loro interessi legittimi, non per insufficienza di
principi dottrinali, ma per un insuperabile conflitto di correnti, che si
contraddicono al momento di scegliere gli strumenti politici e giuridici per
attuarli.
Sotto questo punto di vista, ci pare che i recenti travagli della D.C. abbiano
portato qualche contributo al piano socialista.
Angelo Macchi
Aggiornamenti sociali, Marzo 1959