LA VOLPE SOTTO L’ASCELLA 

Il quotidiano, Azione Cattolica, 16 gennaio 1959 (originale)

 

La “Voce Repubblicana” ci trova balbettanti e ondeggianti. Per la verità noi ci eravamo sforzati di essere soltanto cortesi. Tuttavia non siamo riusciti chiari: la “Voce Repubblicana” non ci ha inteso, and brutus is an honorable man.

Ebbene ci ripeteremo se poi anche questa volta saremo stati oscuri, “ci chiarirà poi verità”.

Cominciamo con il chiarire le intenzioni immediate. È su questo piano che lo scrittore della “Voce” pare certo di coglierci con la volpe sotto l’ascella: tanti paroloni, ma la sostanza è una manovra contro il Governo.

Ora, sul piano concreto, diciamo subito che noi vogliamo la ferma, assoluta, intransigente chiusura verso il PSI. Noi pensiamo che esso sia una falsa forza di progresso prima e più che una falsa forza democratica. Riteniamo che qualunque sua inclusione, diretta o indiretta, nella maggioranza governativa, sia incompatibile con la politica estera di unità europea e di solidarietà atlantica: riteniamo che in politica interna, esso non farebbe altro che aggravare il peso degli interessi settoriali che pesano sullo Stato; in politica economica avremmo un regime di solidarietà tra la grossa industria di Stato e la grossa industria privata, di stile tecnocratico, fondata sulle concessioni sociali alle aristocrazie operaie; su di un piano di politica della cultura e del costume avremmo il prevalere di un indirizzo laicistico contrario alle tradizioni cristiane del Paese.

Non attendiamo quindi il PSI al varco democratico; non crediamo che esso possa dare allo Stato quella sanazione generale dei mali che sembrano attendere i sostenitori, cattolici e laicisti, dell'apertura a sinistra.

Un’agenzia ufficiosa ha negato che mai si sia sostenuto nell’ambito della DC l’apertura a sinistra. A parte il mondo dei borbottamenti e delle mezze frasi, in cui si fa oggi consistere la politica, non più tardi di cinque giorni fa, un membro della Direzione DC ha rivolto un pubblico invito all’on. Nenni a impostare apertamente, al Congresso di Napoli, il problema della convergenza su una medesima linea organica e programmatica con i cattolici. A questa linea siamo fermamente contrari.

Potremo motivare ancora, e non ce ne mancherà occasione, in termini al tutto politici e laici i motivi della nostra opposizione all’inclusione, diretta o indiretta, del PSI in una maggioranza di governo. Qui diremo per quell’obbligo di chiarezza che ci riesce, pare, così difficile, che argomento principale al riguardo è l’invito della Chiesa a respingere l’apertura a sinistra. Non ci interessano dunque le fortune ministeriali di nessuno, ma solo questa preclusione essenziale.

Ed è certo vero che l’obbedienza che si deve alla Chiesa e da cui nasce l’unità dei cattolici trascende tutte quelle discipline, di dubbio fondamento morale e giuridico, che il partito moderno vuole imporre a quelli che nomina suoi gregari.

Questo per l’immediato. Per quanto riguarda invece il problema più vasto del nostro assetto costituzionale abbiamo espresso la nostra “fiducia nel regime d’assemblea che ci governa. E confermiamo ancora, un po’ stufi per la verità del linguaggio saccente della “Voce Repubblicana”, che sembra la depositaria ufficiale della pubblica istruzione, confermiamo che il regime parlamentare non è un regime fondato sull’autonomia e separazione dei poteri, ma sulla prevalenza di uno di essi, quello appunto del Parlamento; e ripetiamo che i costituzionalisti inglesi definiscono il loro Governo “un comitato della Camera dei Comuni”. E quanto alla storia del secolo scorso, non balena come reminiscenza allo scrittore repubblicano quella distinzione e polemica tra “sovranità nazionale” che risuonò per la prima volta nelle aule della Costituente dell’89.

Il nostro autore re mi domanda poi se è possibile distinguere tra democrazia e partitocrazia. Certo che è possibile. Il regime presidenziale americano non è un regime partitocratico: e tutti i tentativi, del primo Roosevelt, di Wilson soprattutto, di “partitizzarlo” all'europea sono andati falliti. Per questo lì è possibile il dissenso palese, nello scrutinio pubblico, del membro del partito dalla linea di partito che rende impossibile il fenomeno dei franchi tiratori, come Don Sturzo spesso ricorda.

Questo è possibile perché il regime americano non è un regime parlamentare: il Congresso non ha il potere di rovesciare il Governo e non ha il compito di sorreggerlo. È il regime americano un regime autoritario? Lo giudichi la “Voce”.

E infine veniamo all’altro horribile dictu, l’altra e pii grossa volpe che avremmo sotto l’ascella: un «tipo di Costituzione alla francese».

Ebbene, se vuole giudicarci sulla nostra testimonianza, confesseremo pubblicamente che preferiamo da V alla IV Repubblica. La IV Repubblica è stata la Repubblica dell’impotenza e dell’ipocrisia, della contraddizione tra parole e fatti, del potere impotente e violento, dell’idealismo astratto e del colonialismo concreto.

Tutto questo è dimenticato? La fine della IV Repubblica erano, più che Massu, Morice e Serigny: il potere ai «paras», l’autorità alle forze più arretrate e senza scrupoli della Francia. De Gaulle ha evitato alla Francia e all’Europa questa umiliazione. E quel partito socialista democratico, a cui La Malfa volge le sue più care speranze in Italia, non si è battuto «con tutte le proprie forze» contro il Generale in Francia; tutt’altro.

E così pure tutti gli altri partiti, che in Italia dovrebbero entrare a far parte dell'alleanza che la maggioranza repubblicana desidera.

Va bene, si ponga nel ghetto la Francia perché reazionaria, la Germania perché immobilista: e allora? Qual’é la politica estera che ne risulterebbe per il nostro Paese? Quella europeistica, che il PRI ha sinora patrocinato? O quella neutralistica patrocinata dal “Giorno”? Ma questo è un altro argomento: e, anche per questo, non mancherà occasione.

g. b. b.