TRA IL ‘92 E IL 2002 EXPORT IN CALO PER MANCANZA DI INNOVAZIONE. LOMBARDIA IN FORTE SOFFERENZA

Bankitalia: il made in Italy è obsoleto

L’ennesimo allarme sull’Italia che perde il treno dell’innovazione viene da una ricerca di Bankitalia: lo si deduce dai dati raccolti nel corso degli Anni Novanta e all'inizio del nuovo decennio sulle esportazioni del made in Italy, fossilizzato sui prodotti della tradizione e quindi a scarso contenuto tecnologico. Secondo il rapporto sul commercio internazionale pubblicato ieri nella collana di Bankitalia «Temi di discussione», a trascinare al ribasso l’export del Belpaese (quasi un punto percentuale dal 4,8% al 3,9% tra il 1992 e il 2002) con un’eccessiva specializzazione in prodotti tradizionali low-tech è la regione Lombardia, che da sola pesa per circa la metà sulla perdita di quote di mercato (-0,4%). Il rapporto confronta l'andamento delle esportazioni in quattro regioni italiane che coprono circa il 60% dell'export nazionale (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Marche) e sottolinea per la maggior parte della produzione una scarsa vocazione all'innovazione e alla tecnologia. A mettere alle strette i prodotti italiani è la concorrenza asiatica, che risponde meglio alla domanda mondiale e alla richiesta di beni ad alto contenuto high-tech. Le quattro regioni italiane, partite da vantaggi soprattutto sui prodotti a bassa e media tecnologia, nel corso dei dieci anni si sono fossilizzate sulle loro specializzazioni - in cui solo la meccanica strumentale ha un contenuto tecnologico medio-alto, mentre le altre esportazioni di rilievo (moda e mobili) si collocano nei segmenti a bassa tecnologia - e non sono riuscite a spostarsi su fasce di produzione superiori. Unica eccezione il Veneto. L'analisi di Bankitalia «deve indurci a fare di più e meglio per recuperare competitività proprio sui settori a più alta tecnologia» commenta Adolfo Urso, vice ministro delle Attività Produttive con delega al Commercio Estero. Una spinta verso questo obiettivo potrebbe arrivare con l'allegato alla Finanziaria, con il quale Urso si augura saranno favoriti gli investimenti delle imprese in ricerca ed innovazione attraverso la piena deducibilità delle spese dal calcolo dell'Irap. Ma a ben guardare non tutti i dati sono negativi. Quelli relativi ai primi mesi del 2004 ritraggono una realtà diversa: dopo un inizio d'anno difficile, infatti, le esportazioni italiane hanno ripreso quota soprattutto verso i Paesi al di fuori dell'Unione Europea, incassando una serie di incrementi a due cifre. In realtà i dati del 2004 vedono la ripresa delle esportazioni italiane anche in molti settori tradizionali del made in Italy in sintonia per la prima volta con la crescita del commercio internazionale. «Quel che è certo è che un generalizzato pessimismo non aiuta ad affrontare il futuro» osserva Andrea Granelli, esperto di innovazione, autore di Inventori d’Italia (Guerini e Associati) che trae spunto dalla straordinaria storia delle invenzioni made in Italy per avanzare proposte per il futuro. «Nel contesto della globalizzazione, la ricerca fondamentale è quella dell’identità...Quella dell’economia italiana è artigianato, famiglia, capacità tecnica e abilità di design, firma e autorevolezza». Secondo Urso «dobbiamo puntare sui settori a più alta tecnologia e alzare il livello tecnologico e la qualità dei prodotti dei settori tradizionali dove è possibile reggere la sfida internazionale». Ma se l’Italia post-industriale alla fine prenderà il treno, lo farà a modo suo.

Anna Masera
La Stampa
27 ottobre 2004