CONGRESSO INTERNAZIONALE "Giano e le sue fronti. Complessità clinica delle doppie diagnosi" (Pescara, 12 maggio 2005)

Andrea Granelli: IL DOPPIO DIGITALE

Blog, siti personali, avatar, SMS, realtà virtuale, identità multiple nei MUD, parole sempre più ricorrenti che sottendono un unico fenomeno, l’ingresso sempre più esteso e pervasivo delle tecnologie digitali –  e soprattutto di Internet – nella vita di tutti i giorni.

È un fatto noto che la tecnologia ha sempre modellato l’uomo potenziandone specifiche funzioni o capacità e rendendolo consapevole di parti di sé precedentemente non conosciute

Questo potenziamento si è sviluppato in parallelo ad una profonda riflessione sulla natura del lato potenziato o scoperto – il doppio – nelle sue numerose declinazioni.

Per questo suo potere rimodellante, la tecnologia ha sempre richiesto – per diventare utile innovazione –  una profonda accettazione culturale e la creazione di una vera e propria intimità psicologica.

La tecnologia digitale – e Internet in particolare – seguono questo percorso in maniera parossistica e sistemica in quanto interagiscono direttamente con la nostra psiche e contribuiscono a costruire una realtà dove tutto progressivamente si digitalizza  ed “esperienzializza”. L’aumento delle informazioni da una parte e la diffusione del computer e degli strumenti digitali di comunicazione (Internet, il telefonino, ...) dall’altra, stanno infatti modificando strutturalmente l’uomo, da una parte potenziandolo e aprendo nuove possibilità per conoscere, divertirsi e “raccontarsi” e dall’altro creando nuove paure e disagi. Infatti l’informazione prolifera ma diviene nel contempo sempre più deperibile e difficilmente accessibile. Non si può quindi demandare a Internet l’archiviazione del nostro sapere. Inoltre non esiste una unica classificazione – come i “motori di ricerca” vorrebbero suggerire – adatta a organizzare la conoscenza in modo da soddisfare le esigenze di tutti. Non si può quindi demandare a Internet l’organizzazione del nostro sapere.

Con l’invasione del digitale aumentano timori e rischi, ma anche le opportunità. Queste possibilità tecnologiche, per essere usate al meglio, devono innanzitutto essere comprese nelle loro potenzialità, nei loro limiti e soprattutto nel loro divenire storico. Solo un’intima conoscenza delle nuove tecnologie e delle loro effettive potenzialità, unita a una comprensione delle reazioni psicologiche e culturali dell’uomo a tali tecnologie e in generale al”nuovo”, può essere terreno stabile da cui partire per un percorso potenziante e non alienante.

Per assicurare che questo potenziale abilitante migliori effettivamente la nostra vita e non ci trasformi in schiavi delle macchine, bisogna puntare alla progettazione e diffusione di applicazioni digitali centrate su un modello antropologico che tenga conto anche delle modifiche apportate dalla tecnologia a noi stessi. La prospettiva antropologica e non quella tecnologica deve infatti guidare i progettisti digitali, ma anche gli utilizzatori tali applicazioni, non più meri azionatori di leve ma veri ma plasmatori consapevoli di parti di sé.

Il nostro “doppio digitale” – più angelo custode che mostro prodotto dalle nostre paure – sarà tale solo se si baserà su una profonda rivisitazione del modo con cui apprendiamo, conserviamo e utilizziamo il sapere. Solo in questo modo estrarremo dalle nuove tecnologie tutto il loro straordinario potenziale e combatteremo i “mali moderni” generati dall’eccesso di tali tecnologia e dalla proliferazione dell’informazione.

In sintesi, questo libro si pone l’ambizioso obiettivo di sensibilizzare sull’importanza di un uso “corretto” delle nuove tecnologie digitali, suggerendo nel contempo alcune modalità – sperimentate sul campo – su come usare le nuove tecnologie per migliorare il processo di apprendimento.