Newsletter di Mario Pagliaro, 26 gennaio, 2005:

Innovazione: Italia. La cultura contro il declino

Sommario:
Andrea Granelli spiega al Cnr di Palermo perché integrazione delle competenze, l'informatica e la legge di Metcalfe cambiano il modo stesso di fare innovazione. E come fare, in Italia, a vincere la sfiducia e cogliere le straordinarie opportunità che si aprono.

Andrea Granelli al Cnr di Palermo il 21 gennaioSono rimasto sorpreso -- ha esordito Andrea Granelli nella sua straordinaria lezione al Cnr di Palermo il 21 gennaio in occasione della prima "Giornata Marcello Carapezza" -- dalle reazioni al mio libro.

Vi sembrerà strano. Ma la mia idea è che di fronte alle sfide dell'economia globalizzata in cui le imprese delocalizzano la produzione in Cina, dove la manodopera costa un decimo che da noi, l'Italia sia avvantaggiata perché siamo un Paese chiave nell'attività di trend setting e nella formazione del gusto dei consumatori... non solo nell'abbigliamento, ma anche nell'arredamento, nel cibo, nel turismo e nel modo di fare le vacanze, nelle auto sportive e nei megayacht...".

E siccome siamo ormai nell'economia dell'esperienza dove sono le persone (i "consumatori") a definire prodotti e servizi delle aziende, questo -- insieme alla bellezza assolutamente unica del nostro Paese -- ci dà un vantaggio competitivo che non è colmabile né dalla Cina né da qualsiasi altro Paese.

Inoltre, questa economia post-industriale ci permette di guardare alla nostra storia, alla nostra identità culturale e scientifica. Cosa sappiamo fare. Non dobbiamo quindi copiare i modelli scandinavi, americani, israeliani, ....

La mia tesi è che noi italiani non abbiamo mai smesso di innovare. Ovvero, che nella storia antica e recente c'è sempre stato un contributo ininterrotto della creatività italiana al progresso scientifico e tecnologico. Inoltre, siamo da sempre degli integratori sistemici, un'arte nella quale eccelliamo a partire dai Romani e dalla loro ingegneria civile e militare, fino al design e alla moda di oggi.

Innovazione: la fine dei brevetti

Tim e Vodafone, due compagnie multimiliardarie in euro, non posseggono sostanzialmente brevetti: condividono standard ed integrano tecnologie di Cisco, Italtel, Nokia ed Ericsson. Il formato di compressione musicale Mpeg è stato inventato dal Gruppo di ricerca di Chiariglione allo Cselt di Torino; ma è subito stato reso pubblico e liberamente fruibile. Ed oggi è diventato lo standard mondiale usato per digitalizzare la musica.

In breve, l'approccio all'innovazione fatto di: scoperta-brevetto-trasferimento tecnologico non funziona più. E non funziona perché la legge di Metcalfe per cui il valore di una rete cresce esponenzialmente con il numero dei suoi utenti, rende obsoleta la legge sui rendimenti tecnologici crescenti, e di fatto limita  molto i vantaggi dell'esclusione tecnologica.

Il successo del GSM è questo: non importa se chiami con Tim o con Orange o con Deutsche Telekom; oppure con un apparecchio o con un altro. Tutti gli operatori riconoscono il reciproco accesso a tutti gli altri; le persone si parlano e si trovano facilmente e le compagnie fanno affari miliardari.

Il WAP, invece, è stato un gigantesco flop. Questa tecnologia che doveva servire a navigare su Internet con i cellulari è fallita perché alcuni produttori di tecnologia hanno cercato di imporre le proprie soluzioni tecnologiche proprietarie (per creare il cosiddetto "lock-in" tecnologico dei clienti), creando una vera e propria guerra tecnologia senza vincitori. Poiché questo approccio non favoriva l'interoperabilità dei servizi, non vi è stata diffusione e quindi questa tecnologia è subito fallita.

Le metriche dell'innovazione spesso non sono fedeli. Ci sono moltissime aziende che fanno innovazione e non la mettono a bilancio; e ci sono invece aziende in crisi che mettono le spese di innovazione in bilancio per ammortizzarle e migliorare così il conto economico.

D'altra parte in alcuni settori come per esempio il tessile, una parte rilevante del fatturato delle aziende leader viene sempre da nuovi prodotti. Quindi, queste aziende fanno innovazione anche se ufficialmente non risulta (non esistono per esempio dipartimenti R&D formalizzati).

Anche i brevetti vanno "trattati con cura". Non sono sempre la dimostrazione della capacità di innovare. Delle volte sono addirittura controproducenti Tronchetti. Amazon, ad esempio, ha brevettato il "one-click": l'interfaccia che ti consente di acquistare un suo prodotto con un solo click sul computer. Ma alla causa contro il concorrente Barnes and Noble ha perso. E ora Microsoft vorrebbe brevettare il "doppio-click"...

Nel cambiamento strutturale della società e dell'economia che è in corso, noi stessi dobbiamo cambiare visione. I costi dei brevetti sono essenzialmente costi legali: scoprire l'infringment in Corea e in Cina e pagare delle società di avvocati per perseguire l'infrazione del brevetto.  Ma è realmente possibile? E' possibile per le nostre medie e piccole aziende, riuscire a farlo? E' possibile per un ricercatore pubblico ?

L'Italia e l'economia dell'esperienza

Mimmo De Masi ha calcolato che una persona di 20 anni che guardi al suo futuro, scoprirà di avere disponibile davanti a sé l'80% del suo tempo di vita come tempo libero. Ci insegnate a lavorare, ha detto provocatoriamente De Masi, e non ci insegnate ad oziare. Ed ecco il pensionato che a casa si dispera. La televisione sempre accesa e un senso di perdizione, quando avrebbe davanti a sé ancora molti anni per vivere e divertirsi e dare il suo contributo alla società.

Andrea Granelli e Mimmo GeraciOra, capite bene che il mercato dell'esperienza è un mercato enorme già oggi: cinema, televisione, editoria, turismo, education, sport, giochi d'azzardo (pensiamo al giocatore di Dostoevskij) beni culturali e la stessa religione fanno parte di questa realtà economica extra industriale. Anche la comunicazione (telefonini, Internet) è sempre di più scambio di esperienze che appuntamenti e informazioni.

Lo stesso erotismo, che è una delle dimensioni economicamente più rilevanti svolte sulla Rete, non andrebbe guardato con troppa pruderie. Molto è stato scritto sulla sua dimensione simbolica ed esperienziale.

Il turismo fa il 12% del Pil dell'Italia. Ma gli imprenditori del turismo vengono ancora tenuti fuori dal "salotto buono" dell'imprenditoria italiana e guardati con fastidio. Gli inglesi ci considerano i camerieri d'Europa. Eppure perdiamo quote anno dopo anno ed ora siamo quarti dietro la Spagna.

E questo accade anche perché nel turismo non si pensa che vi possa essere anche una rilevante innovazione tecnologica. Siamo un Paese fatto di piccoli borghi meravigliosi e di oggetti d'arte spesso nascosti; ma nessuno, se non i locali, sa come raggiungerli. Il navigator nell'auto potrebbe essere uno straordinario "suggeritore turistico", ma oggi è pensato per pochi eletti, più come garanzia di qualità per le auto di lusso che come strumento ordinario per progettare un turismo consapevole.

A Barcelona, l'ora di punta è l'una del mattino (o di notte, come diciamo qui). E'il cuore industriale della Spagna; eppure la gente si diverte. Ora, Braudel dice che "essere stati è una condizione per essere". Gli americani dicono "rooted". I francesi "racinees". Persone con le radici.

Da noi invece i sociologi ci spiegano che "i nostri giovani sono presentificati".  Non guardano indietro e non pianificano minimamente il proprio futuro. In Spagna sono rimasto colpito dall'uso che fanno dei simboli: il re, una figura simbolica e paterna e protettiva; le feste e la corrida, perché come spiegano gli antropologi l'uccisione di un innocente è spesso il fondamento di una società; e il flamenco.

Perché vi dico questo? Perché, ad esempio, il cammino di Santiago de Compostela è diventato uno straordinario fenomeno turistico interamente costruito su simboli antichi, ma resi attuali e universali (ci vanno anche i laici). L'esperienza vive di simboli. E la Spagna l'ha capito.

Anche nel marketing: i prodotti diventano servizi a cui è associata un'esperienza. L'auto diventa un concentrato di servizi agli utenti e anche status-symbol. Ed io la pago molto di più di quello che costa il manufatto fisico perché ha addosso un simbolismo valoriale che è stato costruito ad arte da chi ne ha progettato la comunicazione.

Giampaolo Fabris, grande uomo di marketing, dice: "noi italiani siamo sottili umoristi. Non siamo cioè come i francesi che dicono: "siamo noi a definire la bellezza e tutto il resto è brutto".  Per noi la bellezza è universale e "simpatica", alla mano; per i francesi, invece, è lusso elitario ed escludente. Noi abbiamo un approccio aperto, pieno di un umorismo sorridente e accogliente.

Ora dobbiamo quindi imparare a usare la scienza dei materiali e le tecnologie dell'informazione per integrarne i frutti nei prodotti, anche nei vestiti, e contestualizzarli nel futuro.  Questa è, se volete, è la storia del made in Italy. Sottsass progetta la Valentine (oggi esposta al MoMa di New York) lavorando su un oggetto tecnologico -- la macchina da scrivere -- aggiungendovi con il design gli elementi emozionali della sua arte. Lo stesso fanno i nostri stilisti:  integrano materiali di pregio con il nostro gusto millenario.

Per cui io ho detto nel mio libro: bisogna passare dal made-in-Itali all'experienced-in.Italy. Guardate a quello che hanno fatto con il culatello; hanno condizionato le persone a comprarlo (e consumarne almeno una parte) rilevante in loco. E ciò ha naturalmente mantenuto (anzi accresciuto) il valore del culatello per il territorio.

Nel suo discorso di insediamento, Montezemolo ha detto: "non ci copieranno mai il territorio". E se pensate che oggi i grandi software engineer della Silicon Valley non trovano più lavoro, perché è stato ormai esternalizzato ai più economici (ed egualmente abili) programmatori indiani, capite bene che si tratta di una valore -- quello del nostro territorio -- inestimabile e che dobbiamo imparare a valorizzare in modo nuovo, e non soltanto con il turismo.

La classe creativa in Italia

Dice Richard Florida nel suo libro "L'ascesa della nuova classe creativa" che per avere successo una società deve puntare sul talento, la tecnologia e la tolleranza. La tripartizione classica agricoltura, industria e servizi non esaurisce più l'economia di oggi. I servizi sono infatti composti da due anime:

  1. l'anima "taylorista" - come MacDonald's o i call-center: procedure ben definite da seguire rigidamente;
  2. l'anima "creativa": avvocati, progettisti, manager, medici, artisti, giornalisti. è in questa seconda dimensione che risiede il valore aggiunto dell'economia post-industriale.

L'Irlanda ha attratto le aziende di tutto il mondo con una tassa unica e bassissima sulle imprese; e con una formazione elevata dei suoi giovani sui cui puntarono negli anni '70. Ma hanno anche reso Dublino la città più cool d'Europa, rifacendo il centro urbano per com'era e integrando Joyce, la musica, i pub e la letterattura nella percezione della città.

La città è morta? Al contrario, continua ad essere l'attrattore della gente creativa. New York e San Francisco sono le città con il più alto numero di gay e di bohemién, che vi sono tollerati con assoluta normalità.

Abbiamo perso un treno? E' vero, può essere un problema. D'altra parte, perso un treno, ne passa un altro.

Io non sono né ottimista né pessimista. Penso che l'ottimismo sia un dovere morale. Se volete sapere cosa significhi star male, andate in Bangladesh e capirete. Eppure da noi oggi c'è una sfiducia completa e generalizzata. Siamo una società seduta ed impaurita, quando invece avremmo molte carte da giocare.

Convinta che fosse Milano, Assolombarda ha commissionato alla "Bocconi" uno studio per capire quale fosse la città italiana con il più alto grado di tasso di creatività secondo la definizione di Florida. Risultato: prima Roma e poi Genova, Trieste e Milano ...

Roma è una città che sta rinascendo perchè ha colto l'importanze del capitale creativo. "Gangs of New York", ad esempio, è stato girato a Cinecittà. Ma questo non è un caso o una scelta di Scorsese dettata dalla simpatia per l'Italia. E' il frutto di investimenti che hanno preso un decennio; di una città che ha saputo riqualificarsi e dell'investimento in tecnologia, innovazione e formazione che è stato fatto a Cinecittà.

Questo ha portato a generare e redistribuire ricchezza vera sul territorio ed altra ne porterà.

L'Informatica: dare vita agli oggetti

Andrea Granelli al Cnr di Palermo il 21 gennaioPer fare innovazione oggi, occorre innanzitutto integrare le competenze nelle persone che dovranno realizzarla: tecnologia, psicologia cognitiva, management, economia, ambiente, estetica, ... Questo ci darà la possibilità di poter interagire con persone con competenze diverse.

Il teorema di Shannon dice che ad ogni singolo passaggio informativo, se ne perde una parte; se devo comunicare una informazione a una persona "distante" culturalmente) la perdita è anche maggiore. Pertanto se si integrano le diverse competenze, formando persone con visioni multidisciplinari, si perderanno meno informazioni e il sistema sarà più efficace.

In Italia c'è un collasso della fiducia, e riflessioni come queste devono servire a rilanciarla. Un moralista francese ha detto che il talento è un'arte accompagnata dall'entusiasmo.  In Spagna ho visto le persone che sprizzano energia. Da noi, forse, c'è ancora bisogno di qualche bastonata; dobbiamo abbandonare la cultura della lamentazione (per parafrasare Elias Canetti).

Ancora poco tempo fa, l'Economist -- mai tenero con il nostro Paese -- non ha potuto fare altro che registrare i dati di un sondaggio da dove emergeva che le persone, nel Regno Unito, vorrebbero vivere in Italia. Noi invece, epater le bourgeoios. Tutti -- giornali e tv -- a recitare il mea culpa e coprirci la testa con la storia del declino e della disperazione sociale.

L'innovazione avviene quando un'invenzione viene recepita dalla società. Gutenberg, per dire, ha inventato la stampa a caratteri mobili. Ma finché la stampa continuava ad essere fatta sulle costosissime pergamene e gli incipit dei capitoli venivano dipinti a mano, la "rivoluzione" rimase estremamente limitata. PIù un fatto tecnico che un fenomeno culturale. Più invenzione che innovazione. Quando invece arrivò la carta di celluloide e incominciò a ridursi il tasso di analfabetismo, allora sì che ci fu innovazione.

Tre anni fa tutti pensavano che Amazon sarebbe fallita. Oggi, trionfa. E' diventato normale per chiunque comperare un libro o un cd su Amazon avendo la certezza di trovarlo, invece che in un negozio necessariamente limitato nel catalogo e nei prezzi praticabili.

Qualche giorno fa, ho comperato su Amazon con il 30% di sconto un libro usato (ma di fatto praticamente nuovo) che avevo difficoltà a trovare nelle librerie. Ecco, l'innovazione è qualcosa che cambia la vita alle persone.

Integrare le tecnologie con la fruizione dei beni culturali è qualcosa che cambierà il turismo e il nostro modo di concepire l'arte. Rileggendo i Futuristi, troverete come furono loro ad intuire l'imminente dittatura dello spettatore e del consumatore; oppure la contaminazione fra rumore e musica.

Noi, ancora oggi, non progettiamo la fruizione delle opere d'arte. Che deve avvenire nel luogo dove esse sono: espressione del genius loci. E la cosa buffa è che la tecnologia può riportare l'anima a quei luoghi.

Sono stato recentemente in un museo in Val Badia: guardavi un quadro e questo si metteva a parlare (era un video ad alta definizione con una cornice), illustrando gli altri quadri esposti. Mia figlia rimase entusiasta e incuriosita. Molto spesso, invece, si mettono le targhetta testuali accanto ai quadri. Ciò - come ha ben spiegato il vostro collega Francesco Antinucci - crea un vero e proprio clash percettivo in quanto noi elaboriamo testo e immagini in due modi molto diversi.

Paolo Galluzzi, invece, al meraviglioso Museo di Storia della Scienza di Firenze ha fatto una cosa nuova: un computer portatile a disposizione del pubblico - appena si entra in una stanza - comincia a spiegare al visitatore cosa si sta vedendo tramite immagini e la proiezione di filmati didattici.

Ora, Platone nel "Fedro" mette in bocca a Socrate la paura della scrittura -- questa nuova tecnologia che avrebbe spazzato via la millenaria tradizione orale e la conseguente facoltà di memorizzare. Con il web oggi, succede lo stesso.

Sul web possiamo creare il nostro sé digitale -- il digital self.

Io vado in un museo e poi deposito nel mio sito quello che ho visto e compreso, per ritornarci dopo. Nel mio sito, conservo gli excerpts e i commenti a 700 libri. E' una parte di me; che in un certo senso interagisce con gli altri a prescindere dalla mia stessa volontà.

Una cantante napoletana mi ha inviato il suo disco perché ha visto che fra le cose che amerei avere, e che tengo on-line, per offrire a me stesso e ad amici e familiari uno spunto per i loro regali, c'era la sua musica. Mi ha scritto e mi ha regalato il suo ultimo disco, probabilmente gratificata dalla mia manifestazione pubblica di interesse per le sue musiche.

Ecco, quella è una parte di me che ha interagito con una persona a prescindere dalla mia consapevolezza: è qualcosa fatta dal mio io digitale.

E se ci pensate bene, il sogno ed il motore di tutta la vicenda dell'informatica è questo: dare vita alle cose.

Le nuove tecnologie dell'informazione stanno iniziando a cambiarci la vita. Stanno diventando innovazione vera. Non dovremmo lasciarci sfuggire l'opportunità di usarle per fare del bene a noi e al nostro Paese.

Per saperne di più

Andrea Granelli, Inventori d'Italia. Dall'eredità del passato la chiave per l'innovazione (con Luca De Biase e una prefazione di Giuseppe De Rita, Guerini e Associati, 2004) e 5 domande ad Andrea Granelli (intervista)


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