E' venuto il tempo di passare all'azione. Di innovazione si parla oramai da troppo tempo. Non c'è nessun convegno che non affermi quanto è importante l'innovazione e quanto l'Italia sia indietro. E' come se, almeno parlandone, si avesse l'impressione di fare qualcosa. Certamente sono tutti d'accordo che un'efficace politica sull'innovazione possa essere una ricetta importante contro il declino (o meglio per rilanciare la crescita e riaccendere l'entusiasmo dei giovani, degli imprenditori, dei lavoratori, dei servitori dello Stato).
Ma bisogna partire da alcuni punti fermi. Il primo è una assunzione di responsabilità. Non si sente quasi mai che - nel dibattito sul declino - qualcuno dica "ammetto le mie responsabilità", "mi rendo conto di avere sbagliato". Ciò è incredibile. C'è una vera e propria corsa a trovare cause esogene. Non esiste piano credibile che non sia costruito su una sana valutazione del presente che metta in luce non solo le nostre sfortune, ma anche i nostri errori, le nostre errate valutazioni.
Il secondo è la volontà profonda di innovare. Il sindaco Veltroni usa spesso una bellissima frase: Roma ha voglia di futuro. Questo desiderio, che deve diventare autentica pulsione - non è motivato solo da obiettivi economici o politici; è un atteggiamento, una postura dell'anima, una Weltanschaung; ed è anche una consapevolezza: il futuro è per definizione incerto. Innovare vuol dire accettare di sbagliare, di fallire. Questo è un aspetto fondamentale dell'innovazione che viene spesso trascurato. In Italia chi fallisce (non parlo naturalmente della bancarotta fraudolenta) è un reietto, è uno che va emarginato. Negli Stati Uniti è uno che ha più esperienza degli altri, che si è confrontato con i veri problemi.
Il terzo punto fermo è che non esiste un modello unico di innovazione. Ogni settore produttivo richiede un modello specifico. Per modello di innovazione intendo i modelli organizzativi necessari, gli strumenti finanziari, le tecniche e le leggi per tutelare e valorizzare la proprietà intellettuale, i meccanismi per il trasferimento tecnologico, il ruolo dell'utente/consumatore/produttore, le possibilità offerte dalla domanda pubblica di prodotti e servizi. Vi sono poi settori - ad esempio l'ICT - che sono macrosettori, anzi veri e propri settori trasversali che attraversano tutti i settori produttivi. E' difficile - se non impossibile - parlare di innovazione ICT. Ci si deve piuttosto chiedere come l'ICT possa per esempio aiutare la crescita del settore biomedicale, di quello delle costruzioni, del turismo.
E' proprio partendo da questa ultima considerazione che il Distretto dell'audiovisivo e dell'ICT di Roma ha recentemente lanciato - insieme al Comune di Roma, alla Camera di Commercio di Roma e alla Regione - una grande iniziativa centrata sull'innovazione del turismo culturale. Gli obiettivi di questa iniziativa sono due:
La scelta di Roma come guida di questa iniziativa di respiro nazionale è ovvia. È innanzitutto una metropoli internazionale - uno dei grandi esempi di locale-“universale”, che è riuscita a mantenere la sua specificità. Produce da sempre cultura che si presenta senza soluzione di continuità. Epoche e stili convivono infatti armoniosamente; ciò consente il recupero della dimensione diacronica del mondo, della sua crescita, trasformazione, evoluzione. Ha una tradizione importante nel progettare esperienze, nei beni culturali, nel turismo, nel cinema, con l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia. Ed è infine caratterizzata da una grande cultura dell’audiovisivo e da un robusto settore ICT.
Questa iniziativa ha messo diversi progetti in cantiere; ad esempio la creazione di una porta d'accesso per la visita della Roma archeologica, la costituzione, insieme a Domus Academy, di un'Alta Scuola per la formazione dei "progettisti dell'esperienza culturale", l'iniziativa Viaggio in Roma, che prevede la creazione di servizi e contenuti localizzati e personalizzati per il turista e istallazione di una rete Wi-Fi nelle zone ad alto interesse turistico-culturale.
Ma tutto questo non può avvenire se non vengono soddisfatti alcuni prerequisiti.
Andrea Granelli, presidente del Distretto dell'audiovisivo e dell'ICT di Roma