VIAGGIO NELLA «CULTURA GEEK»: COSA LEGGONO,
QUALI FILM VEDONO, CHE MUSICA ASCOLTANO I PROTAGONISTI DELLA RIVOLUZIONE
DIGITALE
Umano, tecno umano
25 Luglio 2003
di Anna Masera
RAGAZZI occhialuti, pallidi, che si nutrono di bibite gasate, patatine e ketchup mentre navigano sul Web fino a notte fonda, chattando con i loro pari sui massimi sistemi, e magari cercando - qualche volta trovando - anche l’amore della vita, senza mai spostarsi dalla loro postazione informatica. È lo stereotipo del patito del computer, il «geek» o «nerd», termine coniato per qualificare il secchione bruttino e timido mago dell’informatica. Ma tutto passa in fretta nel mondo della Rete. Anche la cultura. E, nell’era di Internet, i pensieri, le letture, le speranze dei computerari non sono più quelli di una volta. Ecco cosa è successo dall’incontro tra computer e Internet: i geek non sono più come prima.
Cosa leggono? Come passano il tempo libero? Hanno passioni come tutti gli altri? Sono reali o virtuali? Per Stephen L. Talbott, editore internettiano che cura il forum www.netfuture.org su tecnologie e responsabilità umane, Internet corrode la cultura esistente. Ma la cultura di Internet è contro la cultura tradizionale o aiuta a conoscerla meglio? Guardando al futuro, tronca col passato oppure no?
Per capirlo, abbiamo esplorato la cultura geek. Gli interessati hanno accettato con ironia la definizione e hanno pure creato un sito, geekculture.com. La loro, come l’ha ridefinita Kevin Kelly, il fondatore di Wired (www.wired.com), è la «terza cultura». Perché, se la «prima cultura» è quella tradizionale dell'arte, della musica, della letteratura, cioè tutto ciò che rende la vita piacevole, e la «seconda cultura» è la scienza tradizionale, cioè di tutte quelle cose che migliorano i nostri standard di vita, la «terza cultura» è quella di chi usa la scienza e la tecnologia per fare quelle cose che sarebbero appartenute alla prima cultura.
Il termine - tutto americano - «terza cultura» era stato coniato in realtà già da C. P. Snow nel 1964 e poi ridefinito da John Brockman dodici anni fa (su www.edge.org), agli albori di Internet: «La terza cultura è fatta di quegli scienziati e pensatori del mondo empirico che, attraverso il loro lavoro, stanno prendendo il posto degli intellettuali tradizionali rendendo visibili i significati più profondi delle nostre vite, ridefinendo chi siamo e cosa siamo».
Ma qual è la «prima cultura» dei protagonisti della «terza cultura», cioè degli innovatori e dei protagonisti della rivoluzione digitale, gli addetti all’high-tech? Alle nostre domande hanno risposto via email diversi rappresentanti delle tribù che compongono la cultura di Internet. Giovani e meno giovani, uomini e donne, stranieri e italiani. Perché gli informatici non sono tutti uguali, ma hanno molti tratti in comune. Quello che emerge, alla fine, è una cultura pop della tecnologia, ma non solo.
Sono quasi tutti appassionati di fantascienza. Tra i libri più citati c’è Neuromancer di William Gibson: sperano che il mondo connesso in rete che stanno costruendo sia meglio di quello di cui parla Gibson, ma sono affascinati dalla sua visione su quello che può accadere. C’è anche Il Signore degli anelli, sia il libro sia il film. E, a proposito di film, molti confessano di aver visto tutta la serie di Star Trek.
Ci sono gli intellettuali che non smettono mai di studiare. «Il mio libro di riferimento è La struttura delle rivoluzioni scientifiche di Thomas Kuhn, che spiega bene perché è così difficile cambiare il modo di pensare delle persone» ci racconta Jim Waldo, ingegnere responsabile della ricerca alla Sun Microsystems, esperto di architetture wireless.
«Tra i libri che ho letto di recente, c’è Hamlet on the Holodeck - The future of narrative in Cyberspace, Le forme brevi di Montandon e Creative Destruction di Foster e Kaplan» dichiara Andrea Granelli, capo della ricerca di Telecom Italia Lab, che ha messo tutta la sua cultura su agranelli.net per poterla consultare sempre ovunque.
Per Bruno Giussani, studioso delle reti, svizzero di adozione, il libro più importante è stato Contro il metodo di Paul Feyerabend, che scortica la verità scientifica, mentre Emil Turrettini, webmaster di Ginevra (www.netsurf.ch), è rimasta segnata da Virtual Communities di Howard Rheingold, sui primi impatti sociali di Internet.
Quasi tutti leggono tanti libri contemporaneamente. Sul comodino di «Spungo», giovane creatore di software incontrato nel forum di Geek Culture.com, convivono John Updike, Ian McEwan e Douglas Coupland; su quello di Waldo, Steinbeck e il supertecnico Os X for Unix Geeks.
Joy Marino, fondatore di McLink, sta leggendo Galassia Internet di Manuel Castells e Lord Jim di Joseph Conrad. Ma si dichiara onnivoro: da Rifkin a Moore, Deaver e Le Carré.
Stefano Quintarelli, capo di Inet, non può fare a meno di citare McLuhan, ma anche Globalization and its discontents di Stiglitz.
Simone Tani, co-fondatore del club di pensiero internettiano www.equiliber.org, segnala L’amore è la killer app di Tim Sanders e Il guerriero del pianeta di Dave McTaggart.
Il blogger (diarista online) Matteo Cassese ha letto tutto Philip Dick, ma anche Carver.
C’è anche chi non ha tempo per leggere libri: «E chi legge? Tra siti e giornali, al massimo trovo il tempo per le comiche» confessa Tony Aiuto, informatico italoamericano, che però ammette di aver appena letto con piacere Hemingway’s Chair di Michael Palin.
Amano la musica e l’arte. Per Patrick Dench, un venticinquenne del Wisconsin (Usa) specialista di applicazioni di Ac Displays.com, la musica migliore è quella alternativa e l’hard-rock: dai Pearl Jam a Korn fino agli Ac/Dc.
Marco Giannatiempo, informatico esperto di videogiochi, si è emozionato a vedere il film L’uomo del treno di Leconte.
Jonathon Shurlock, giovane «geek» americano che ha letto tutto Haruki Murakami, adora Lucio Fontana. Waldo dichiara una passione per Leonardo: si è commosso quando ha visto il Cenacolo.
Marco Zamperini, amministratore delegato di Etnoteam, ama molto la poesia, ascolta i Groove Armada, i Massive Attack e tutta la World Music, e recentemente è stato alle mostre di Magritte e Escher.
Cathy Havemeyer, sviluppatrice di software freelance a New York, amante dell’arte e della musica, confessa di avere ormai un’immensa biblioteca di cd e dvd tutti masterizzati in casa pensando al futuro dei suoi tre bambini.
Il filo conduttore che li unisce è l’amore per la condivisione della conoscenza, il senso dell’umorismo internettiano e la voglia di provocare: di stupire e di essere stupiti.
Conoscono tanti linguaggi, ma non necessariamente tante lingue (a parte l’inglese, che è la lingua comune di Internet): per parlare alle macchine, non alle persone. Ma si sentono transnazionali: in Sud America, Giappone, Europa e Cina, tra i geek non ci sono barriere culturali. Le barriere le incontrano con gli altri, i «non-geek».