La Storia in internet: risorsa per il lettore, sfida per lo studioso, possibilità del futuro
di Luigi Ambrosi
In uno studio edito da Pàtron, un’analisi dei siti web attinenti la disciplina storica “trascina” a riflettere su limiti e probabili sviluppi di un rapporto difficile, destinato a cambiare modalità e tempi di indagine e di studio
Che anche le scienze umane e la cultura nel suo complesso si stiano confrontando in modo sempre più serrato con le nuove tecnologie è un’ovvietà. Meno scontato è però il tipo di relazioni che si stanno creando, il grado ma soprattutto i modi in cui stanno mutando anche le discipline che sembravano dover essere interessate più superficialmente e gli ambienti più restii ad accogliere le novità degli strumenti digitali. Può essere questo il caso della storia contemporanea.
Un confronto metodologico tra la storiografia in genere e le possibili applicazioni dell’informatica alla ricerca e alla diffusione dei suoi risultati è inevitabile. Le più autorevoli riviste del settore dedicano ormai un apposito spazio alle diverse sfaccettature dell’argomento: dalla possibilità di ragionare su grosse quantità di dati mediante database alle potenzialità interattive nel settore cartografico; dai metodi di catalogazione all’accessibilità del materiale archivistico (in particolare fotografie e filmati).
Al centro della questione si trova il proliferare di siti web di argomento storico. Di questo e degli altri aspetti citati si è discusso a Roma il 28 aprile scorso, nella sede dell’Istituto “Luigi Sturzo”, in occasione della presentazione del volume La storia a(l) tempo di internet. Indagine sui siti italiani di storia contemporanea 2001-2003 (Pàtron, pp. 390, € 32,00), curato da Antonino Criscione, Serge Noiret, Carlo Spagnolo e Stefano Vitali.

Le istituzioni culturali, luogo d’incontro di saperi diversi
Ha coordinato l’incontro Madel Crasta, segretario generale del Consorzio Baicr Sistema cultura costituito – allo scopo di contribuire proprio alla valorizzazione del patrimonio storico-culturale del nostro paese attraverso metodologie innovative ed applicazioni tecnologiche – nel 1991, da cinque istituti culturali italiani: lo “Sturzo” (www.sturzo.it), l’Istituto dell’enciclopedia italiana (www.treccani.it), la Fondazione “Lelio e Lisli Basso-Issoco” (www.fondazionebasso.it), la Società geografica italiana (www.societageografica.it) e la Fondazione istituto “Gramsci” (www.gramsci.it).
Questa iniziativa è nata proprio dal rapporto tra il Baicr (per un quadro delle attività si veda il sito www.baicr.it), l’Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Soprintendenza per i beni librari e documentari dell’Emilia Romagna (www.ibc.regione.emilia-romagna.it) e la Biblioteca di storia moderna e contemporanea “Caetani” di Roma (www.bsmc.it).
La coordinatrice ha dedicato gran parte del proprio intervento introduttivo a sottolineare il rapporto tra ricerca scientifica e politica culturale, tra rete telematica e fenomeni della società, ma soprattutto ha rilevato i nessi tra ricerca storiografica e operatività tecnologica in relazione ai progetti del Baicr, tra cui spicca Archivi del Novecento-la memora in rete, che ha raccolto finora 46 istituzioni culturali italiane nel tentativo di creare un’unica banca dati accessibile dal sito www.archividelnovecento.it. Tale fiorire di iniziative ha preso le mosse, secondo la Crasta, dalla forte domanda di conoscenza storica e di conservazione della memoria che si è sviluppata, dagli anni Sessanta in poi, da parte di uno strato di cittadinanza più ampio di quello degli addetti ai lavori.
Di fronte a queste nuove sfide, è sorto il problema del linguaggio, della creazione di codici comunicativi adeguati a far “viaggiare” le fonti oltre il supporto fisico. A tal fine lo storico deve lavorare, quindi, non solo con l’archivista ma anche con il web editor (altrimenti detto redattore multimediale), per creare interfacce grafiche accattivanti ed efficaci rispetto agli scopi di divulgazione che un sito web si pone.
All’insegna di questo discorso sulla convergenza tra saperi e professionalità differenti, è stato presentato il primo relatore, Andrea Granelli (www.andreagranelli.net), che – da esperto di tecnologie digitali – ha effettuato un intervento linkato, a tratti frammentario e rapsodico ma tutt’altro che noioso. Riassumendo le sfide postesi dagli autori del libro, Granelli fa notare l’assenza tra esse della fruizione, tanto più importante alla luce dell’elezione della storia a strumento privilegiato per capire le potenzialità delle nuove tecnologie. Ciò è emerso, secondo il relatore, dall’evidente crescita di interesse intorno alle discipline storiche come ricerca di identità culturale. Accanto all’“istantaneismo” (talk-show, reality-show, ecc.), la Tv ha infatti mostrato un’ampia richiesta di storia, probabilmente come surrogato alla mancanza di racconti familiari.
Accanto ai tanti aspetti positivi, quali la digitalizzazione massiva e i nuovi metodi di classificazione sperimentati dai motori di ricerca, per Granelli bisogna prestare attenzione anche a quelli negativi: il “degrado tecnologico”, di cui è tipico esempio l’obsolescenza di un disco ottico, che dura appena una decina d’anni; l’“ansia di formazione” indotta dal bombardamento di informazioni tipico della nostra era; l’oligopolio conoscitivo dei tre principali motori di ricerca (Google, Altavista e Yahoo), che decidono cosa c’è e cosa non c’è in rete. Ciò crea una divaricazione di atteggiamenti di fronte alle nuove tecnologie, tra “tecno-fans” e luddisti, tra visioni catastrofiste alla Metropolis di Fritz Lang e cieco entusiasmo tipico del futurismo di Filippo Tommaso Marinetti, che distoglie dalle riflessioni cruciali su: l’originalità di linguaggio dei nuovi strumenti, non riducibili alle tecniche dei vecchi media (radio e Tv); il bisogno di autonarrarsi, reso palese dall’odierno successo del genere autobiografico; le risorse fornite dall’interattività tipica dei videogames.

Siti web culturali: è una questione di qualità
Dopo questa sintetica esplorazione del mondo della comunicazione culturale nell’era dei media digitali, l’intervento di Linda Giuva, docente universitaria di archivistica, ha riportato l’attenzione sugli obiettivi del libro (creare una griglia di valutazione dei siti web d’argomento storico e, in base ad essa, formulare un giudizio sulle pratiche di comunicazione culturale e ricerca sul passato), sottolineandone anche i limiti: superamento cronologico della valutazione terminata alla fine del 2003; ricorrenza di preoccupazioni sostanzialmente simili a quelle già emerse negli anni Novanta; perimetrazione troppo ampia (non è possibile, ad esempio, paragonare il sito web della Camera e quello della Società per la storia delle istituzioni, nati con funzioni e scopi diversi) da una parte, e troppo scoperta in alcuni settori (mancano i siti riconducibili agli enti locali, come gli archivi storici dei comuni).
Secondo la Giuva, l’intento raggiunto meglio è stato quello di marcare l’importanza di creare un filtro “ufficiale”, che aiuti l’utente ad orientarsi nel mare magnum di siti d’argomento storico, realizzati da singoli e privati, oltre che da soggetti pubblici: vale a dire un marchio di garanzia o una lista accreditata (ne è già un esempio la Virtual Library of History – http://vlib.iue.it/history/index.html – ospitata dal’Istituto universitario europeo di Fiesole), basata su un set di caratteri, al fine di decriptare i metodi di costruzione e di presentazione dei dati.
Tuttavia i siti web di argomento storico non svolgono esclusivamente il ruolo di canale comunicativo, ma anche di archivio, cioè di deposito di fonti, per cui risulta d’importanza fondamentale – come rimarcato nel libro – la serietà del trattamento documentario (presenza o meno di apparati filologici, ecc.), nonché della fonte stessa, per future ricerche di storia delle istituzioni o per lo studio della società dell’informazione. Su quest’ultima questione, anche la Giuva ha concluso annotando la contrapposizione tra due categorie di giudizio: il neopositivismo spesso demonizzato e la “disintermediazione”, cioè una presentazione senza mediazioni o filtri, ma di immediato impatto psicologico, connaturata al mondo di internet.
Di seguito, la parola è passata a Gian Mario Anselmi, docente di Italianistica all’università di Bologna, presente in quanto vicepresidente del già citato Istituto per i beni culturali e direttore del “Gramsci” dell’Emilia Romagna, più volte menzionato nel libro per la “messa online” del sito www.manifestipolitici.it.
Anselmi ha ripreso in gran parte le proposte e le tematiche già abbondantemente sviscerate da Granelli sul piano tecnico-informatico e da Crasta e Giuva sul piano storico-archivistico: oltre a dirsi d’accordo con la creazione di una lista di siti accreditati, egli ha definito la connessione di linguaggi tecnico-umanistici come un terreno di frontiera ancora da esplorare e ha puntato, infine, l’attenzione sull’e-learning e sulle potenzialità dell’insegnamento a distanza, soprattutto a livello universitario.
È stata la volta quindi di Rossella Caffo, neodirettrice della “Caetani”, qui in veste di rappresentante e coordinatrice del ministero per i Beni e le Attività culturali nell’ambito del progetto europeo Minerva, finalizzato all’«identificazione dei bisogni degli utenti e qualità dei siti web culturali», di cui ha fatto girare in sala il decalogo intitolato Principi europei per la qualità di un sito web culturale. Il piano comunitario è rivolto in particolare ai siti istituzionali (biblioteche, musei, ecc.) e a quelli scolastici, ma i requisiti che stabilisce (solo per citarne alcuni: trasparenza, accessibilità, multilinguismo, interoperabilità) sarebbero utili anche in altri ambiti.

Declino e condizioni di sopravvivenza di una “corporazione”
Tommaso Detti, docente universitario a Siena e presidente della Società italiana per lo studio della storia contemporanea, ha concluso l’incontro sottolineando la serie di fitti legami che gli autori e la ricerca presentata nel volume hanno avuto con il lavoro della Sissco (vedi www.sissco.it).
È stata l’occasione anche per ricordare Antonino Criscione, scomparso prematuramente poco tempo fa, collaboratore dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia e esperto del rapporto tra storia e web. Di Criscione, come degli altri autori, Detti ha lodato il rigore metodologico di fondo e soprattutto il ruolo di avanguardia tra i contemporaneisti, su questo terreno in ritardo rispetto ad altre categorie di storici, attribuendogli il merito di non fare solo enunciazioni, ma di applicare i criteri sul campo, senza una pecca di ridondanza, che però è caratteristica congenita di internet.
Il presidente della Sissco non ha usato mezzi termini nel definire alcuni dei tratti fondamentali del rapporto tra storia e nuovi mezzi di comunicazione, ricordando come Nicola Gallerano, già dal 1993 – nel suo ragionamento sull’“uso pubblico della storia” – ha definito il declino degli storici come creatori di memoria, ormai esautorati dai media, trovando però in questo anche risvolti positivi, nella sollecitazione al cambiamento di linguaggi da parte degli studiosi, altrimenti rassegnati alla marginalità nella società attuale e come corporazione, a rischio di estinzione.
Bisogna perciò avviare, secondo Detti, una riflessione metodologica ed epistemologica, cui gli autori del volume hanno contribuito, e non solo nella direzione della divulgazione e della didattica, ma anche in quella delle linee e delle strategie di ricerca. Facendo notare come il protocollo del web presenti, allo stesso modo della memoria umana, una interconnessione non gerarchica, egli ha finalizzato il proprio intervento ad esaltare l’“ipertestualità”, in quanto compiuta tecnica di ricostruzione di un contesto, che è poi in sostanza il lavoro dello storico, mediante una rete di link. E ha concluso in modo lapidario e provocatorio, con un frase pronunciata da Emmanuel Le Roy Ladurie, nel suo saggio del 1968 Il saggio e il calcolatore elettronico, raccolto poi nel volume Le frontiere dello storico (Laterza) nel 1976: «Lo storico di domani dovrà essere un programmatore o non sarà affatto».

Luigi Ambrosi

(«www.scriptamanent.net», anno III, n. 23, agosto 2005)